Giuseppe Bottero, La Stampa 12/7/2014, 12 luglio 2014
LUPI: RIDOTTI A 980 GLI ESUBERI DI ALITALIA
L’ora X è fissata per le 11 di questa mattina, quando i tre segretari generali Camusso, Bonanni e Angeletti si riuniranno attorno al tavolo per dare l’ultimo via libera. Ma l’accordo sul costo del lavoro, almeno a grandi linee, è stato trovato, e la prossima settimana l’investimento di Etihad in Alitalia potrà concretizzarsi.
Sistemata la questione del debito con le banche, dopo che il governo garantito il potenziamento delle infrastrutture, restava da sciogliere il nodo più complesso, quello legato ai lavoratori in eccesso. La maratona in corso al ministero dei Trasporti, dopo giorni di tira e molla, ha portato a un dimezzamento del numero degli esuberi: dei 2251 dipendenti considerati di troppo dal gruppo di Abu Dhabi, 250, tutti assistenti di volo, resteranno in Alitalia con contratti di solidarietà. Altri 1021, in maggioranza personale di terra, saranno ricollocati in altre aziende legate alla compagnia. A quanto si apprende, i più qualificati, impiegati nell’area dell’information technology, potrebbero andare in Poste, ma resta viva anche l’opzione Adr, a cui verrebbe offerto di rilevare un ramo d’azienda, mentre parte della vigilanza dovrebbe finire all’interno di una delle società a cui la Magliana affida in outsourcing i servizi di sicurezza. «L’Alitalia - spiega il ministro Lupi - sta facendo una puntuale declinazione, nessuna azienda potrà assumere degli esuberi se non ne avrà realmente bisogno».
Come richiesto da Etihad, niente cassa integrazione. Per i restanti 980 dipendenti scatterà dunque la mobilità, con l’80% dello stipendio per quattro anni. Per ridurre l’impatto - ed è la prima volta - il governo metterà in campo i contratti di ricollocamento previsti dalla legge di stabilità e ancora in fase sperimentale, per cui, dice il ministro del Lavoro Poletti, sono già stati stanziati 15 milioni di euro. «Questo strumento - spiega - consente a chi è in mobilità di fare un accordo con le agenzie del lavoro, in questo caso del Lazio, con il supporto di una unità di missione alla quale partecipano i ministeri interessati, in questo caso del Lavoro e delle Infrastrutture e Trasporti, la Regione in collaborazione con l’Enac. Non è una garanzia ma un contratto di servizio». Una soluzione che Anpac, Anpav e Avia, le associazioni che rappresentano il personale di volo, giudicano «estremamente positiva». «La trattativa va avanti con l’azienda ma registriamo un avvicinamento importante», diceva ieri sera Giovanni Galiotto del sindacato piloti. Bocche cucite, invece, da parte di Cgil, Cisl, Uil e Ugl che a tarda notte ancora erano al lavoro per limare i dettagli. Dettagli decisivi, perché la questione esuberi è considerata fondamentale da James Hogan, il numero uno di Etihad che martedì arriva in Italia deciso a rilevare il 49% della compagnia di bandiera e iniettare 1,2 miliardi di euro, di cui almeno 560 milioni di capitale e 600 milioni di investimenti in quattro anni.
La sensazione, anche all’interno di Alitalia, è che finalmente la quadra sia stata trovata. «Il lavoro di questi giorni - fa il punto soddisfatto il ministro Lupi - è stato buono, ora siamo al rush finale».
Il subcommissario Edo Ronchi rinuncia. In particolare a Ronchi non sono andate giù le modifiche al testo del decreto che inizialmente prevedeva la figura di un commissario «ad hoc» per il risanamento, con carta bianca per attuare gli interventi. Inoltre dal provvedimento è scomparso anche lo sblocco delle risorse sequestrate alla famiglia Riva.
«Ho detto che sarei stato disponibile» a quelle condizioni, «non si può fare il risanamento ambientale se non hai i soldi», afferma Ronchi. Eppure quelle modifiche si sono rese necessarie per evitare tensioni con la magistratura. Il nuovo decreto sull’Ilva, il sesto in due anni, non convince il governatore della Puglia, Nichi Vendola che ne parla come di «un rischio» che minaccia di portare Taranto alla rovina e il presidente della commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci che insiste sulla certezza delle risorse, quelle dei Riva, per risanare gli impianti. Da tempo si discuteva dei fondi sequestrati dalla procura. Un passaggio già previsto dalla legge del febbraio scorso, ma finora il dissequestro era possibile solo dopo complicati passaggi, compreso un piano industriale varato dal commissario e la sua approvazione da parte degli azionisti, cioè di fatto ancora i Riva. Poi si sarebbe dovuto finanziare il piano con un aumento di capitale, per il quale trovare soggetti disponibili, e chiedere alla magistratura finalmente lo sblocco dei fondi. Insomma, un tentativo di sganciare il dissequestro dal piano industriale e quindi renderlo rapidamente eseguibile.
Senza evitare, però, il pericolo che i Riva ricorrano per incostituzionalità dell’utilizzo dei fondi prima che vi sia stato un giudizio, anche solo di primo grado. Il grande centro siderurgico di Taranto è in forte crisi di liquidità, anche soltanto per garantire il pagamento degli stipendi. Ecco perché un prestito ponte, con l’estensione della «prededuzione» per le banche che vi parteciperanno. «Restano inevasi i problemi ambientali, oltre alla perdita di 20mila posti di lavoro- protesta Vendola-.Siamo al punto di partenza: gli interventi sono rimasti al palo».La parte del dl dedicata all’inquinamento, sia secondo Legambiente che M5, abbassa le tutele per gli scarichi in mare e la messa in sicurezza per i siti da bonificare.