Paola Caridi, La Stampa 12/7/2014, 12 luglio 2014
HAMAS, IL MOVIMENTO POPOLARE CHE SI TRASFORMATO IN REGIME
HAMAS, IL MOVIMENTO POPOLARE CHE SI TRASFORMATO IN REGIME –
«Più i leader sono vicini a noi, più sono parte di noi». La realtà, a guardarla da Gaza, è ben diversa da come la si guarda oltre il confine. Da Ashkelon così come dall’Europa. I militanti di Hamas - e non solo loro - l’hanno spesso raccontata così, la realtà nella Striscia. Hamas ha, cioè, fatto sempre parte integrante del tessuto sociale palestinese. Soprattutto a Gaza. Una lingua di terra su cui la prima guerra arabo-israeliana del 1948 riversarono, di punto in bianco, duecentomila persone. Venivano da quelle città che ora si trovano oltre il confine, in Israele. Profughi. E quei rifugiati cambiarono la vita di Gaza.
È nei campi profughi della Striscia, ma anche nei settori borghesi e commerciali delle cittadine della Cisgiordania, che il pensiero islamista prende corpo e si trasforma in una organizzazione socio-religiosa. Non c’è ancora una vera e propria organizzazione politica. Hamas nasce dopo, come risposta alle sconfitte di Fatah, il movimento guidato da Yasser Arafat, tra la guerra civile libanese e la cacciata da Beirut. Nasce dalla rivolta che, sotto la paglia, cresce nei Territori occupati. In Cisgiordania. A Gerusalemme Est. E a Gaza, dove la prima Intifada scoppia nel dicembre del 1987 e nasce Hamas. Braccio politico e braccio armato, che dal 1994 sceglie di usare il terrorismo.
È il tragico periodo degli attacchi. Degli attentati suicidi sugli autobus e nei caffè delle città israeliane. Hamas prova così a troncare il processo di Oslo, la nascita dell’Autorità Nazionale Palestinese, il compromesso con Israele.
Raccontata così, in brevi cenni, la storia di Hamas è solo una storia di violenza, lotta armata, terrorismo. Una battaglia che, però, non spiega perché Hamas sia riuscita a raccogliere, in oltre un quarto di secolo di esistenza, il consenso di una fetta consistente della società palestinese. Nel 2005 e nel 2006, Hamas vince e stravince tutte le elezioni municipali e politiche, sospendendo da allora con una decisione unilaterale gli attentati suicidi.
Perché i palestinesi votano, in maggioranza, Hamas? Solo per protesta contro la corruzione crescente dentro l’Anp? Troppo semplice. Gli elettori scelgono anche la proposta politica lanciata da un movimento che, nelle pieghe dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi e del fallimento del processo di pace, ha continuato a lavorare. Soprattutto a Gaza. I quadri di Hamas vivevano nei campi profughi, frequentavano le moschee che frequentava la gente, conoscevano le condizioni di vita di tutti, si occupavano di servizi sociali e di ospedali. Erano, come molti leader e militanti usano dire, al «servizio del popolo».
Che ancora sia così, soprattutto a Gaza, è tutto da dimostrare. Hamas si è trasformato da movimento a regime. I leader sono divenuti i controllori, e molti abitanti - nella Striscia - hanno trasformato lo slogan tradizionale di Hamas. Prima, dicono, erano «al servizio del popolo». Ora sono più «al servizio dei loro»: dei militanti, dei settori legati al movimento e all’amministrazione, dei clientes. Questo, però, non vuol dire che Hamas non rappresenti ancora fette consistenti della popolazione della Striscia, e che non viva tra i palestinesi. Sarebbe impossibile, per una questione semplice: Gaza è una delle aree più densamente popolate del mondo. In quella lingua di terra lunga quaranta chilometri e larga, al massimo, dieci, vivono circa un milione e settecentomila persone. Una casa sopra l’altra, un edificio appresso all’altro, un campo profughi attaccato a una cittadina, un quartiere addossato all’altro. L’unico spazio largo, a Gaza, è il mare che fornisce un orizzonte solo virtualmente libero. Perché le navi della marina militare israeliana sono ben visibili, sulla linea che congiunge mare e cielo.
Il futuro, anche per i ragazzi, è tutto lì, lì si nasce e lì si muore, tra una guerra e l’altra. Hamas è un regime, ma è ancora un movimento di resistenza islamica, e i giovani entrano dentro i bracci armati delle fazioni. Hamas è sopravvissuto a una guerra tremenda come Piombo Fuso, ed è rimasto saldamente nel gioco politico palestinese. La domanda da porsi è, proprio per questo, quanto conviene questa guerra a Hamas, visto che da meno di tre mesi è dentro un governo di unità nazionale con Fatah? Per la prima volta le cancellerie europee e gli Stati Uniti non hanno isolato i palestinesi per aver costituito un esecutivo tutti assieme. Hamas era quasi riuscita a essere sdoganata, e a convertire la sua debolezza in un capitolo nuovo della sua storia.