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 2014  luglio 12 Sabato calendario

LA7 E IL CASO FLORIS, UN CROLLARIO DEL REGIME TELEVISIVO

Non vi è nessuna naturalezza nella centralità del mezzo televisivo quale si afferma negli anni Ottanta.
(da “ Il paese leggero” di Fausto Colombo – Laterza, 2012 – pag. 2-29)

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Dalla pubblicità all’editoria, dalla televisione al calcio, fin qui la parabola di Urbano Cairo è stata parallela a quella di Silvio Berlusconi. E auguriamoci vivamente che non si concluda anche questa negli abissi della politica. Fatte le debite proporzioni, il patron di La7 e del Torino sembra un clone del Cavaliere, pronto a ricalcarne le orme sul terreno minato della tv. E il “caso Floris” ne è un’ulteriore conferma.
Per quanto riguarda l’ormai ex conduttore di “Ballarò”, capiremo meglio nel prossimo futuro i veri motivi che hanno portato alla rottura con la Rai: se ciò è dipeso soltanto da ragioni economiche, come si sostiene da viale Mazzini; oppure, se il distacco è stato determinato più da “ragioni editoriali” non meglio precisate, come asserisce invece Floris. Ma forse in questo momento può essere più utile e interessante domandarsi perché la tv di Cairo ha deciso di fare questo ulteriore investimento nel campo dell’informazione e soprattutto con quali prospettive e quali obiettivi.
Già con l’arrivo di Enrico Mentana alla direzione del telegiornale, La7 aveva scelto una linea editoriale più brillante e autorevole. Oltre alla sua esperienza e professionalità, il fondatore del Tg5 si portava dietro dodici anni di militanza giornalistica all’ombra del Biscione. Ma, dopo una crescita iniziale sull’onda dello scontro Berlusconi-Fini e qualche evoluzione da kitesurfing sulla marea montante del grillismo, anche il suo tg ha cominciato a perdere ascolti.
La linea dell’informazione quotidiana è stata presidiata in prima serata da “Otto e mezzo”, il programma di Lilli Gruber e Paolo Pagliaro, a cui seguivano nel palinsesto invernale le trasmissioni di approfondimento condotte da Michele Santoro, Corrado Formigli, Daria Bignardi e Gianluigi Paragone. E perfino nella fascia mattutina, dopo l’appuntamento con “Omnibus”, La7 ha affidato due talkshow consecutivi a due valide conduttrici come Tiziana Panella e Myrta Merlino, quest’ultima promossa anche nel prime time il lunedì.
Diciamo, dunque, che nel complesso il cast informativo della tv di Cairo risulta già fin troppo affollato. Tanto da caratterizzare sotto questo aspetto la rete, con un tasso di giornalismo piuttosto elevato. Che bisogno c’era, allora, di accrescerlo ulteriormente con l’acquisto di Floris?
Può darsi semplicemente che, da buon editore televisivo, Cairo non abbia voluto perdere — come si suol dire — un’opportunità di mercato e abbia intercettato l’ex conduttore di “Ballarò” in seguito alla sua rottura con la Rai. Questa è la logica della libera concorrenza. Ma, a parte l’entità del compenso che equivarrebbe a più del doppio di quello precedente, si tratta di verificare se in questo caso l’investimento avrà un ritorno o meno.
Ora un fatto è chiaro: ammesso pure che “Ballarò” fruttasse alla Rai 14 milioni di euro all’anno, questa non è una dote personale di Floris ed è improbabile che il bravo conduttore possa trasferirla interamente alla tv di Cairo. Con appena il 2% dei ricavi di tutto il settore e un’audience in prima serata che arriva soltanto al 4,3 (gennaio — giugno 2014), contro rispettivamente il 29% e il 39,3% del colosso Rai, gli inserzionisti non avranno verosimilmente la stessa disponibilità e lo stesso interesse. Per quanto bene possa fare Floris, la sua nuova trasmissione su La7 è destinata quindi ad avere inevitabilmente un appeal inferiore.
Ecco, allora, il sospetto che Cairo abbia azzardato un rilancio — come fanno i giocatori di poker in difficoltà — per arrivare alla presentazione autunnale dei palinsesti con un “colpo” da esibire agli investitori pubblicitari. Anche il “caso Floris” può essere letto perciò come un corollario del “regime televisivo” che ha dominato il mercato negli ultimi trent’anni, e nonostante tutto continua a dominarlo, sotto l’egida del duopolio Rai-Mediaset. Sta di fatto che neppure una tv di qualità, caratterizzata dall’impegno sull’informazione e rappresentata da una squadra di navigati professionisti, è riuscita finora a ritagliarsi uno spazio vitale tra i due incumbent del mercato.