Gaia Piccardi, Corriere della Sera 11/7/2014, 11 luglio 2014
NIBALI, IL SIGNORE IN GIALLO CI PRENDE GUSTO «ESSERE LEADER MI DÀ UNA CARICA IN PIÙ»
DALLA NOSTRA INVIATA REIMS — Le sue prigioni, tra le vigne profumate d’umidità e l’uva che sta acquistando il bouquet dello champagne, hanno l’allegria delle bollicine. «La maglia gialla costa un gran dispendio di energie fisiche e mentali, ma averla addosso in corsa mi dà una carica in più». Ostaggio delle sue stesse imprese, Vincenzò Nibalì è l’enfant du (nostro) pays cui il presidente Hollande stringe vigorosamente la mano alla fine della sesta tappa di un Tour che continua a parlare italiano tra i francesi, 194 km a 46.4 all’ora di media attraverso i campi di battaglia della Grande Guerra l’hanno condotto sano e salvo a Reims, dove Marcellone Kittel fora prima del rettilineo finale strozzandosi nello sprint, vince Gorilla Greipel (sesto centro in carriera al Tour), piccolo come un fantino, e al traguardo (oltre allo spagnolo Zandio: prosegue l’emorragia Sky) risulta non pervenuto Jesus Hernandez, gregario e amicone di Contador, che non riduce il distacco (+2’37’’) e accusa un colpo basso per il morale.
Poteva essere il giorno giusto per smazzare le carte, cedere la donna di picche a qualcun altro e pedalare più leggero verso i Vosgi, su cui domani il Tour comincerà ad arrampicarsi chiedendo a Contador di dare un cenno di vita, se nei tubolari della sua Tinkoff ne è rimasta un po’. «Ma la maillot jaune non si molla apposta, sarebbe un delitto: se succede, succede; sennò la difendi finché hai fiato nei polmoni» spiega bene Felice Gimondi, re del Tour ’65, dalla sua casa di Bergamo guardando la tappa alla tv, come a dire che solo pensare di privarsene sarebbe peccato mortale e infatti Vincenzino nostro, cattolico praticante, se la tiene appiccicata addosso alla faccia delle controindicazioni.
Il team (Astana) e i sodali (il d.s. Paolo Slongo e il massaggiatore Michele Pallini) l’hanno chiuso in una bolla. Niente giornali («No, non ho visto l’Equipe che definiva dantesca la mia impresa sul pavé…»), twitter al minimo sindacale, la moglie Rachele non prima di Parigi, quando i giochi saranno fatti. «Viviamo con inconsapevolezza totale tutto quello che sta succedendo, e va bene così» sussurra Michele sul rettilineo d’arrivo con il prezioso contenuto della maglia gialla tra le braccia: per lui borraccia con i carboidrati, maglia fresca, cappellino e scarpe comode, come da programma. Protetto dalla sua routine, che dà alle giornate in bicicletta una rassicurante nota di ripetitività, Nibali sta attraversando questo trekking dentro se stesso con serenità che lascia basiti i rivali, ma non chi lo conosce a menadito. Il c.t. azzurro Davide Cassani, per esempio: «Alla vigilia del Tour l’ho visto tranquillo, ma da quando è partita la corsa è in uno stato di grazia. La sicurezza con cui Vincenzo ha corso sul pavé mi ha davvero sorpreso. E questa maglia gialla ormai fa parte del suo mondo: è vero che gli toglie almeno un’ora di riposo a fine tappa ma gli restituisce carica, con gli interessi, in bici. Cederla volutamente rischierebbe di spezzare questo delicato equilibrio. Troppo rischioso. E lui lo sa…”.
Avanti così, dunque, fino a nuovo ordine naturale delle cose. Oggi la Valle della Marna ospita una sgroppata di 234,5 km (non è la tappa più lunga) verso Nancy. Prevista altra pioggia, e asfalto-saponetta. Di fronte all’ennesima caduta collettiva, ieri il leader ha chiesto al plotone di rallentare l’andatura per far rientrare i feriti. Il gruppo ha eseguito. Non spiccica né inglese né francese, Nibalì, ma a volte un colore vale più di mille parole.