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 2014  luglio 11 Venerdì calendario

SODERBERGH REGISTA TV: MEDICI E STORIE DI DROGA IN UN NOVECENTO DARK


LOS ANGELES — Steven Soderbergh continua a dire che lascerà tutto: cinema, teatro, impegni come direttore della fotografia e produttore. Poi, al solito, dopo il successo di Magic Mike ed Effetti collaterali , è attivissimo su tanti fronti. Infatti si appresta a conquistare il più svariato pubblico con una serie tv che stupirà tutti: una storia ambientata ai primi del ‘900, intitolata The Knick , abbreviativo dell’ospedale di Brooklyn, il molto dark e all’avanguardia nella ricerca scientifica «The Knickerbocker Hospital».
Ribadisce il regista, premio Oscar per Traffic : «È vero, conto di dedicarmi all’esplorazione di nuovi media e per ora ho firmato solo il primo episodio di questa serie che giudico assolutamente innovativa. Però non è detto che in qualche modo io non sia impegnato anche nel secondo atto di Magic Mike ».
Uomo dalle eclettiche qualità, sempre capace di innovazioni in tutto ciò che fa, con The Knick tenta strade mai percorse coniugando dramma, scienza e personaggi complessi in una serie che sta per debuttare sugli schermi Usa (in Italia su Sky Atlantic HD nella prossima stagione). Prodotta dalla HBO, è «cinema cinema» secondo Soderbergh. Aggiunge il protagonista Clive Owen: «È la televisione a fare attualmente il miglior cinema ricco di contenuti».
Mai si era visto l’attore in un ruolo così cupo e inquietante. «Sono il dottor John Thackery, eccellente medico che segretamente è un cocainomane. Sono rimasto colpito dal copione di questa serie in cui il problema delle dipendenze (così attuale perché oggi sembra davvero che tutti siamo schiavi di qualcosa), è centrale. Poi ci sono molti altri temi. Il razzismo, a esempio, perché il mio personaggio deve confrontarsi con un integerrimo medico di colore impersonato da Handrè Holland. Mi ha conquistato anche il problema della difficile e spesso fosca separazione tra le qualità umane migliori e quelle peggiori».
«Perché cercare di salvare le vite — prosegue l’attore inglese, cresciuto sul palcoscenico con testi shakespeariani — è il primo compito di un dottore, ma accade che la genialità e l’impegno spesso vadano di pari passo con forme autodistruttive. Io ho un appetito inesauribile per nuove esperienze. Per esempio, lasciando il Romeo di Shakespeare ho preso parte anche a film come Sin City senza scordare il mio Re Artù . Questa è una serie in cui ogni episodio è un film compiuto, che per me mai distingue tra grande e piccolo schermo, come avevo pensato interpretando con Nicole Kidman il film su Hemingway. Il 2014 e gli anni a seguire saranno giudicati dai posteri come quelli più fertili di un connubio tra due media sempre più simili. D’altro canto, molti miei registi, da Robert Altman ad Alfonso Cuarón avevano previsto quanto sta accadendo». L’attore ammette che studiare il problema delle dipendenze da droghe ed emozioni forti è stato «sin troppo coinvolgente, ma anche salutare perché in questo nostro tempo consumista e spesso superficiale, Soderbergh ci ha davvero portati tutti nelle zone più ardue, complicate della natura umana e della società, con continui paralleli all’oggi. Tanto che continuo a vivere sul proscenio di quello che, senza ironia, Steven ha definito “il surgical theatre”, il teatro chirurgico della serie e della vita».