Marco Zatterin, La Stampa 11/7/2014, 11 luglio 2014
Erasmus, la carica dei trecentomila In aumento gli studenti che frequentano corsi all’estero. Nei prossimi sette anni saranno coinvolti due milioni di ragazzi Marco Zatterin Prima di lasciare la politica, almeno quella più istituzionale, Daniel Cohn-Bendit ha avuto modo di spiegare che la ricetta per una sana e più completa integrazione europea sarebbe l’Erasmus obbligatorio per ogni studente universitario
Erasmus, la carica dei trecentomila In aumento gli studenti che frequentano corsi all’estero. Nei prossimi sette anni saranno coinvolti due milioni di ragazzi Marco Zatterin Prima di lasciare la politica, almeno quella più istituzionale, Daniel Cohn-Bendit ha avuto modo di spiegare che la ricetta per una sana e più completa integrazione europea sarebbe l’Erasmus obbligatorio per ogni studente universitario. «I giovani vanno all’estero, un terzo di loro finisce per innamorarsi d’un ragazzo o una ragazza d’un altro Paese, così poi restano insieme e il patto fra le genti è siglato». Dal basso, nel modo più naturale, senza troppe leggi o regolamenti. Così, assicura Dany il Rosso, giovane stella del ‘68 europeo e leader verde sino a fine marzo, «costruiremo davvero l’Europa unita». Ci vorrà pazienza, come tutti cambiamenti radicali richiede tempo. Eppure, rileva il presidente del parlamento europeo, il socialista Martin Schulz, «non ci sono così tanti programmi di casa Ue possono così facilmente vantare un successo analogo, la stessa popolarità e la stessa diffusione». Vero. I numeri dicono proprio questo. Erasmus ha chiuso il ventisettesimo anno di vita distribuendo 268.143 mila borse di studio, quattro quinti delle quali destinate a corsi universitari e il resto finito in tirocini presso imprese. L’assegno è in media di 272 euro al mese, in genere per sei mesi, consegnato a giovani la cui età ruota intorno ai 22 anni e sono per il 61 per cento ragazze. Apre una porta. Oggi il 10 per cento degli studenti fa formazione oltreconfine. E sono quelli che trovano più facilmente lavoro. Spiega Schulz a «La Stampa» che «Erasmus è il testimone di ciò che veramente si trova alle fondamenta dal progetto europeo, un desiderio di comprensione reciproca e la possibilità di sperimentare un rapporto con chi ciò che è diverso». E’ «un’esperienza di apprendimento», sottolinea il tedesco, come a voler rispondere indirettamente a chi dice che è solo «una vacanza mascherata da studio». Certo può esserlo. Ma tutto dipende dalla qualità e dalle ambizioni dai ragazzi. Divertirsi è necessario, però studiare aiuta a limitare i rischi di sofferenze future. I candidati hanno le idee precise. Le tre destinazioni più richieste sono Spagna, Germania e Francia, questione di clima, qualità delle istituzioni, capacità e costo di ricezione. L’Italia si trova in quinta posizione dopo il Regno Unito, il che deve far riflettere. I Paesi che esportano più teste, in percentuale della popolazione, sono Lussemburgo, Liechtenstein, Finlandia, Lettonia e Spagna. Le materie più gettonate sono Scienze sociali, Business e Legge (41%), seguite da studi umanitari e Arte (22%), quindi ingegnerie, produzione e costruzione (16%). Fra il 2007 e il 2013 l’Unione Europea ha investito 3,1 miliardi in Erasmus. Lo ha inventato e poi ripensato. Adesso c’è un nuovo programma Erasmus plus, che nei prossimi sette anni (2014-2020), punta a coinvolgere quattro milioni di persone, tra cui due milioni di studenti dell’istruzione superiore e trecentomila membri del personale. Intende anche finanziare 135 000 scambi di studenti e di personale tra i paesi europei e i paesi partner nel mondo. Il programma allargato, che comprende Erasmus e sistemi analoghi di mobilità per altri gruppi (compresi apprendisti e volontari), vuole puntare sul sostegno linguistico, con regole più flessibili per le borse e condizioni particolari per chi viene da zone svantaggiate e remote. Il budget per il 2014 è di un miliardo e 800 milioni.