Alessandro Oppes, la Repubblica 11/7/2014, 11 luglio 2014
DALL’EDILIZIA AL TURISMO, QUELL’ISTITUTO È UN IMPERO
«Ciò che non è dello Stato – si dice da sempre in Portogallo – è della famiglia Espírito Santo». Così era, almeno fino a ieri mattina, al momento del crollo in Borsa che ha portato alla sospensione del titolo della maggiore banca privata del Paese, in attesa di ulteriori “importanti informazioni” che fanno temere il concretizzarsi del rischio default. In apertura di sessione, la quotazione del Banco Espírito Santo — sponsorizzato da anni con l’immagine vincente di Cristiano Ronaldo — crollava del 17%, ma solo nei primi dieci giorni del mese la débacle è stata assoluta, con un meno 50%, fino a ridurre a 52 centesimi il valore di un titolo che, nel 2007, superava i 6 euro. La crisi del Bes è precipitata in pochi giorni, soprattutto dopo che sono state verificate irregolarità contabili della sua controllata Espírito Santo International, ed è stata aperta un’inchiesta in Lussemburgo, dove la società ha la sua sede. Un colpo a cui si è aggiunta la dichiarazione esplosiva rilasciata al settimanale Expresso da uno dei funzionari dell’ufficio lussemburghese, che ha ammesso di aver falsato i conti con la connivenza di Ricardo Salgado (ormai ex presidente di Bes) per occultare la delicata situazione finanziaria dell’istituto.
Ma i problemi vengono da lontano, e già si cominciò a capire che qualcosa non andava quando si scoprì che la holding di famiglia (il Grupo Espírito Santo, con attività che vanno dal turismo alle assicurazioni, dall’edilizia alla sanità) aveva creato fondi d’investimento i cui principali attivi erano imprese appartenenti alla stessa famiglia, che dagli inizi del secolo scorso è una delle più ricche e influenti di Lisbona. Gli Espírito Santo avevano prosperato sotto la dittatura di Salazar, insieme avevano scelto l’esilio dopo la rivoluzione dei garofani del ‘74, che nazionalizzò la banca, e insieme erano rientrati sedici anni dopo, recuperando le loro proprietà.
Ma, con la crisi della banca che, nell’ultimo anno, è passata da 96 milioni di utili a 518 di perdite, è esplosa la faida familiare. Uno degli esponenti più in vista degli Espírito Santo, José Maria Ricciardi, ha tentato nel novembre scorso l’assalto al potere, cercando di costingere alle dimissioni dalla presidenza del Bes il cugino Ricardo Salgado, da 22 anni ai vertici dell’istituto. E’ dovuto intervenire il presidente del banco centrale, Carlos Costa, per imporre una soluzione esterna con la nomina del consigliere di Stato Vítor Bento alla guida del Bes. Fine di una saga familiare lunga 150 anni. Ma potrebbe anche essere l’inizio del declino per il Banco Espírito Santo.