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 2014  luglio 11 Venerdì calendario

FA CARRIERA IL GIUDICE CHE LASCIÒ UN INNOCENTE AGLI ARRESTI PER UN ANNO


L’hanno votato in 583 e al Csm entrerà anche un giudice che si chiama Aldo Morgigni.
È quello che a febbraio 2010 ha sbattuto in galera con grande clamore mediatico il fondatore di Fastweb Silvio Scaglia, insieme ad altri, per quella che nella sua ordinanza ha definito «una delle frodi più colossali mai poste in essere nella storia nazionale»: l’evasione di 330 milioni di euro di Iva. Peccato, che giusto a ottobre scorso l’imprenditore che ha cablato l’Italia sia stato riconosciuto innocente, con formula piena. Dopo aver trascorso 80 giorni nel carcere romano di Rebibbia e mesi agli arresti domiciliari: un anno in tutto. Per il tribunale di Roma la truffa l’avevano fatta società fittizie in nessun modo riconducibili a Fastweb o a Telecom Italia Sparkle, anch’essa coinvolta. Insomma, le due aziende ne erano vittime, non complici.
Pensate che un errore così grave possa pesare sulla carriera di un magistrato, almeno segnarla? Sbagliate. Anzi, a giudicare anche da questo caso, la popolarità giova comunque. Sarà proprio Morgigni, giudice in Corte d’appello a Roma, come membro togato dell’organo di autogoverno della magistratura, a decidere per i prossimi 4 anni delle carriere dei colleghi, di promozioni e bocciature, di illeciti disciplinari e di trasferimenti.
Anche quando la bufera Fastweb cominciò, nel 2010, si preparavano le elezioni dei membri del Csm. Qualcuno sospettò che il gip Morgigni, puntando a quel posto, fosse in cerca di notorietà. Non sappiano se è vero, ma certo adesso siederà a Palazzo de’ Marescialli. Lo farà in rappresentanza dell’ala di Magistratura indipendente che ha fatto una guerra interna alla linea dell’ex leader Cosimo Ferri, ora sottosegretario alla Giustizia, che sosteneva candidati come Luca Forteleoni, il più votato dei pm con 1.521 preferenze, Lorenzo Pontecorvo, segretario della corrente moderata con 616 voti e Claudio Galoppi, in testa alla classifica dei giudici con 792 consensi.
Fu proprio Morgigni a far scoppiare la polemica sull’sms di Ferri a sostegno appunto di Forteleoni e Pontecorvo. Si risentì e denunciò il fatto sul web, scatenando le reazioni che hanno portato addirittura alla richiesta di dimissioni. Ora il caso si è sgonfiato, il sottosegretario rimane a via Arenula e festeggia la vittoria dei suoi candidati e di Mi, che conquista un seggio in più al Csm. Come il cartello di sinistra Area, che fa eleggere anche Stefano Aprile, uno dei giudici della Cassazione che condannarono ad agosto Silvio Berlusconi per il processo Mediaset. Mentre Unicost, una volta maggioritaria, è in declino e avrà un rappresentante in meno a Palazzo de’ Marescialli.
In queste elezioni ha vinto dentro Mi la linea ferriana, ma ha vinto anche Morgigni, che viene premiato più che subire le conseguenze dell’errore compiuto sul caso Fastweb, sancito dal tribunale pochi mesi fa. Non ha contato nulla la sua firma sulle ordinanze di custodia cautelare per Scaglia e suoi stretti collaboratori, come l’ex direttore amministrativo Mario Rossetti, che prima di essere assolto ha passato 100 giorni fra San Vittore e Rebibbia, mentre gli venivano sequestrati i beni e bloccati conti correnti. E neppure la sua richiesta di commissariare un’azienda di 3.500 dipendenti, con altri 10mila occupati nell’indotto, un fatturato di 2 miliardi di euro, una capacità di innovazione e investimento costante negli anni. Le accuse dei pm di Roma erano le stesse di un’inchiesta archiviata nel 2007, eppure Morgigni volle andare avanti.