Alessandro Barbera, La Stampa 11/7/2014, 11 luglio 2014
«PER LE BANCHE DEBOLI FONDI ANCHE DA STATO E OBBLIGAZIONI»
Comportamenti «inadeguati, imprudenti, talora scorretti». «Carenze nel governo della banca e nel processo di erogazione del credito». E ancora: «malintesi localismi», «assenza di presidi adeguati», «supporto indiscriminato a grandi prenditori». Roma, Palazzo dei Congressi dell’Eur, ieri. La giornata di sole rende i muri del quartiere più bianchi del solito. Ma la cosa più insolita della cinquantaquattresima assemblea dell’Abi è il tono di Ignazio Visco. I banchieri sono tutti di fronte a lui. Nomi non ne può fare, la forma è forma. Bastano parole e numeri: «Dal 2009 in poi sono state sottoposte ad amministrazione straordinaria 45 banche su un totale di 700». Dalla Guardia di Finanza o dalle procure della Repubblica sono arrivate «2400 richieste di informazioni». Altre mille segnalazioni le ha fatte la stessa Banca d’Italia «su condotte che potevano integrare ipotesi di reato». Il sistema finanziario «deve riguadagnare la fiducia del pubblico». Per questo, dice Visco, occorrono cambiamenti: dall’«adozione di codici etici» a «procedure interne» per scovare le mele marce. Però c’è anche una questione di modelli organizzativi: Visco insiste ad esempio sulla necessità di rivedere il sistema di governo delle banche popolari, soprattutto se quotate.
L’autunno per i banchieri non sarà semplice: il primo ottobre verranno resi noti i risultati degli stress test. In sintesi, le prove di «tenuta finanziaria» delle banche di tutta Europa. La Bce dirà quali banche e per quanto dovranno essere ricapitalizzate. Visco dice ovviamente che «eventuali fabbisogni dovranno essere coperti in primo luogo con risorse private». Il numero uno di Bankitalia pensa ovviamente a quelle degli azionisti. Ma aggiunge che la Commissione europea non esclude nemmeno quelle degli obbligazionisti: «Il ricorso a risorse pubbliche verrebbe condizionato al coinvolgimento dei detentori di presiti subordinati anche nei casi in cui il deficit patrimoniale emerga unicamente nello scenario di stress test avverso». Insomma, se qualche banca italiana dovesse risultare al di sotto dei requisiti minimi imposti dalle nuove regole europee, e se le risorse degli azionisti non dovessero essere sufficienti, lo Stato potrebbe erogare un prestito, o acquisire quote di capitale, ma solo dopo aver chiesto un sacrificio anche agli obbligazionisti. Si dirà: con tutti i debiti che già pendono sulle nostre teste, ci mancherebbero solo gli aiuti alle banche. Come sempre però il problema è più il come del se: basta guardare ai lauti interessi pagati da Mps allo Stato per evitare il collasso nel 2012.
Se dipendesse da Visco occorrerebbe fare quel che si è fatto in giro per l’Europa, dalla Svezia alla Germania: un forte intervento pubblico per ristrutturare il sistema, se necessario attraverso una bad bank per i crediti inesigibili. Il governatore lo dice chiaramente: «Interventi pubblici, purché compatibili con i vincoli di finanza pubblica e con le regole europee sugli aiuti di Stato potrebbero contribuire a superare le difficoltà che gli intermediari incontrano nel liberare i bilanci dal peso dei crediti anomali e rilanciare l’offerta di credito a famiglie e imprese». Altrove ha funzionato. Per ora da quell’orecchio a Palazzo Chigi e al Tesoro hanno fatto finta di non sentire. Se i numeri del Pil dovessero peggiorare ancora, potrebbero cambiare idea.