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 2014  luglio 11 Venerdì calendario

IMMORTALE BUTTERFLY

L’attore e regista Pippo Delbono, fra i più apprezzati italiani all’estero, torna all’opera lirica. Dopo la "Cavalleria rusticana" e il "Don Giovanni", eccolo ora alle prese con le roventi temperie pucciniane, dal 13 luglio al San Carlo di Napoli con "Madama Butterfly" (per la bacchetta di Tito Ceccherini). Che non sia un interprete tradizionale lo comprendiamo quando parla di ciò che unisce le sue tre regie liriche. «Che cosa le accomuna? Tre stanze. In "Butterfly" ne vedremo una rossa, che ricorda un palazzo antico, cresciuto dalla terra. In "Don Giovanni" ce n’era una grigia, colore appropriato a un luogo di follie. Per "Cavalleria" una bianca, a simbolizzare la morte. In tal maniera i miei allestimenti escono dal naturalismo realistico e creano dei veri e propri spazi mentali». Questo anche al fine di esaltare la sostanza sonora: «Tutto è musica in questi capolavori. Non solo la voce e il canto, ma anche le azioni. È come se fossero tutti elementi di una partitura». Ma Delbono sa anche raccontare le vite difficili, le vite degli altri. Allievo di Pina Bausch, si è affermato nel mondo del teatro grazie alla sua bizzarra compagnia composta da clochard, da inconsapevoli clown, da antieroi presi dalla vita. Dell’opera di Puccini, ove spesso assistiamo al trionfo del melodramma e del sentimento, lo ispira il rapporto con la verità astorica, «da esprimersi con una sobrietà e una lucidità nell’accezione brechtiana», chiarisce. Bobò, il suo attore fondamentale, era già comparso in scena in "Don Giovanni", nelle vesti dell’autore, di Mozart. Ora sarà in questa "Butterfly", magari in kimono, «perché solo Bobò può aprire un ventaglio senza inscenare la consueta recita tradizionale». Perché a Delbono piace rispettare l’opera e al tempo stesso trasgredirla: «Non è importante tanto il modernizzare, quanto creare, "spostare" un punto di vista». Così «La serva Suzuki e il console Sharpless diventano protagonisti muti, testimoni assenti». Dove spesso un personaggio canta, per far vedere meglio sulla scena qualcun altro che tace. Davvero, Delbono sarebbe capace di creare delle coreografie per gli ultimi, metafisici quartetti di Beethoven.