Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 10/7/2014, 10 luglio 2014
LA VERSIONE DI VASCO
Resta con noi, non ci lasciar, la notte mai più scenderà. Un grido unanime sale dall’Alpi al Lilibeo, cingendo in un solo abbraccio il protomartire Vasco Errani, condannato in appello a 1 anno per falso ideologico per aver finanziato indebitamente con 1 milione la coop del fratello e poi coperto la truffa con carte truccate. Lui ha fatto la sola cosa da fare (anche perché è in scadenza): dimettersi. Ma l’intero partito, superando le divisioni tra renziani e antirenziani, vecchi e giovani, rottamatori e rottamati, lo implora di non orbare la Nazione della sua luminosa presenza. Un giorno forse scopriremo le sue doti nascoste che hanno indotto i mejo fichi del Nazareno a coprirsi di ridicolo e a berlusconizzarsi vieppiù con dichiarazioni ai confini della realtà. Anzi, oltre. Bersani, ex segretario: “Chi conosce Errani non può dubitare della sua onestà e correttezza. Con tutto il rispetto che si deve alle sentenze, si dovranno rispettare anche le convinzioni profonde di chi ha avuto a che fare con lui”. Cioè: se il condannato è mio amico, la condanna dei giudici vale quanto la mia assoluzione. Con tutto il rispetto per le sentenze, ovvio.
Orfini, presidente: “Errani è persona perbene e lo dimostrerà. Ha sempre lavorato nell’interesse dell’Emilia Romagna”. Veramente la sentenza dice che lavorò nell’interesse del fratello. E l’appello è l’ultima sentenza di merito: la Cassazione giudica solo la legittimità del processo.
Speranza, capogruppo Camera: “Errani ha sempre anteposto l’interesse della collettività a qualsiasi altro. E di questo già un tribunale aveva dato prova, assolvendolo”. Ecco: siccome l’hanno condannato in II grado, vale la sentenza di I grado. Cuperlo, capo minoranza: “Un abbraccio a Vasco Errani, una delle persone più integre e capaci che ho incrociato nei miei partiti”. Figurarsi le altre. 24 deputati Emilia Romagna: “Comprendiamo e condividiamo l’amarezza personale di Errani. Gli esprimiamo la nostra piena solidarietà, pur rispettando il lavoro dei magistrati, fiduciosi che saprà dimostrare la sua estraneità negli ulteriori gradi di giudizio (sic, ndr), soprattutto in presenza di una vicenda processuale che vede ribaltata una prima sentenza di innocenza”. Come si fa a rispettare i giudici solidarizzando con un condannato dai giudici? Semplice: prima viene la Corte d’appello e poi il Tribunale.
Enrico Rossi, presidente Toscana: “Il reato di falso ideologico non è un reato infamante per un presidente, per chi fa politica. Infamanti sono le condanne per corruzione. Errani avrà fatto una valutazione e avrà ritenuto per tante ragioni giusto fare così”. Cioè: se un impiegato pubblico fa carte false nell’esercizio delle sue funzioni, viene cacciato. Se invece lo fa “un presidente” che “fa politica”, specie se del tuo partito, il reato non è grave: anzi è giusto, “per tante ragioni” che non stiamo qui a indagare. Così fan tutti. Anche Rossi? Chiti, senatore: “Errani è una persona per bene. Sono certo che al termine del calvario emergerà la sua piena innocenza”. Quindi non è un processo, è un calvario. E non è Errani: è Gesù Cristo.
Zanda, capogruppo Senato: “Le sentenze non si giudicano, ma le tantissime persone che han conosciuto l’uomo e il politico Errani non possono che testimoniare la sua profonda onestà”. Le sentenze non si giudicano, ma per Errani facciamo un’eccezione.
Fassino, sindaco Torino: “Esprimo la mia vicinanza a Errani. Resti al suo posto”. Lui ha un comunicato prestampato, già sfoderato per Orsoni, 48 ore prima che confessasse. Una garanzia.
Renzi, segretario: “La Costituzione dice che si è innocenti fino a sentenza definitiva”. Sì, ma non dice che un condannato in appello deve governare una Regione.
Segreteria Pd: “Invitiamo Errani a riconsiderare le dimissioni. Proprio le parole con cui ha motivato la decisione dimostrano il suo senso dello Stato e delle Istituzioni”. Ricapitolando: se ti condannano e non ti dimetti, resti; se invece ti dimetti, dimostri senso dello Stato, dunque devi ritirare le dimissioni e resti. È il nuovo Comma 22.
Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 10/7/2014