Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 10 Giovedì calendario

EBOLA SI DIFFONDE

Gli esperti l’hanno definita la peggiore epidemia di ebola nella storia. È infat­ti una lotta contro il tempo quella lan­ciata settimana scorsa da 11 Paesi dell’Africa occidentale insieme all’Onu e a diverse agen­zie umanitarie intenzionate a combattere la crisi. Ben 10 milioni di dollari sono stati stan­ziati per arginare il contagio e arrestare una lunga serie di decessi. «Sono 518 i morti e 844 i casi di ebola registrati da febbraio», reci­ta una nota dell’Organizzazione mondiale del­la sanità (Oms). Secondo Keiji Fukuda, vice direttore genera­le della sicurezza sanitaria all’Oms, per il mo­mento «è impossibile dare una risposta chia­ra » su ciò che sta accadendo a causa di tale e­pidemia. «Mi aspetto che di questo ci occu­peremo durante i prossimi mesi – ha aggiun­to l’ufficiale delle Nazioni unite –, speriamo però di riuscire a vedere presto un arretra­mento del virus». «È tempo di azioni concrete – ha invece affer­mato Luis Gomes Sambo, direttore generale per l’Africa dell’Oms –, e di porre fine alla sof­ferenza e alla morte causata da questo virus». Il pacchetto di finanziamenti è stato approva­to da diversi ministri della Salute africani alla fine di un vertice d’emergenza organizzato ad Accra, in Ghana, giovedì scorso. Oltre al dena­ro, si prevedono anche «consultazioni, una maggior informazione sulla malattia, strate­gie intersettoriali e una ricerca internaziona­le sul virus». Esplosa verso l’inizio di quest’anno nel sud della Guinea Conakry, l’epidemia si è in seguito diffusa in Sierra Leone e Liberia.

Nel mese di maggio sembrava ci fosse stato un arresto relativo a un’improvvisa diminuzione del numero di morti e malati, ma nelle ultime settimane sono aumentate entrambe le cifre in modo vertiginoso.

«Altre 25 persone sono morte solo nell’ultima settimana e sono stati scoperti 50 nuovi casi – hanno dichiarato ieri fonti governative e del­l’Oms –. Tali numeri indicano che la trasmis­sione del virus è ancora particolarmente atti­va ». I sintomi principali dell’ebola variano da emorragie, febbre alta, e danni al sistema ner­voso. Il periodo di incubazione del virus è tra i due e i ventuno giorni. I primi casi della ma­­lattia sono stati registrati nella Repubblica de­mocratica del Congo a metà degli anni set­tanta, e fino ad oggi non è ancora stata trova­ta una cura o un vaccino. Il contagio, purtrop­po, avviene in modo assai rapido, soprattutto quando si manifesta in zone urbane altamen­te popolate, o in aree remote difficilmente rag­giungibili dagli operatori sanitari.

«Sono due i modi principali in cui il virus vie­ne attualmente trasmesso – ha recentemente spiegato Fadela Chaib, portavoce dell’Oms –. Il primo riguarda l’assistenza domestica data ai propri parenti affetti dall’ebola, mentre il se­condo avviene durante la gestione dei funera­li delle vittime». Ogni Stato ha però le sue par­ticolari problematiche. Secondo gli ufficiali go­vernativi e le diverse agenzie umanitarie in lo­co, «la Sierra Leone, dotata di un poverissimo sistema sanitario, manca soprattutto di soldi e personale capace di gestire tale dramma». In Liberia la popolazione vive «nell’illusione e nella paura», molti non sanno cosa sia l’ebola o negano perfino che la malattia esista. I mor­ti e i malati vengono quindi spesso nascosti senza avvertire le autorità.

In Guinea Conakry, invece, la Croce Rossa ha dovuto sospendere temporaneamente le sue operazioni dopo che il proprio personale è sta­to attaccato dai residenti di alcune zone nel Paese. Inoltre, gli stranieri che lavorano per certe organizzazioni internazionali come Me­dici senza frontiere sono stati addirittura ac­cusati di portare il virus nella regione.