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 2014  luglio 10 Giovedì calendario

ROMA CAPITALE DEI RIFIUTI

La Caporetto dell’Ama, la municipalizzata che ha il compito di mantenere pulita Roma, è in via Capo d’Africa, una strada lunga e dritta a due passi dal Colosseo. Al numero 23, annunciato da una grande targa con il logo dell’Ama, si trova lo «Sportello Tariffa». Ecco, in questi giorni, i romani entrano, pagano quello che devono pagare, e quando escono hanno davanti ai loro occhi il frutto del loro gesto: cassonetti pieni fino all’orlo, sacchetti in attesa sui marciapiedi da giorni che qualcuno li prelevi.
Roma è sempre più sporca, lo sa bene anche Ignazio Marino che in questo suo primo anno da sindaco ha già mandato a casa un presidente dell’azienda ma è ancora lontano dall’aver risolto i problemi dei rifiuti nella Capitale. Se ne sono resi conto e hanno iniziato a protestare anche volti noti come il giornalista Bruno Vespa e l’architetto Massimiliano Fuksas. Se ne sono resi conto da molto tempo i romani. Basta avvicinarsi ad un cassonetto con una macchina fotografica per ottenere applausi e incoraggiamenti. «Fotografate, scrivete ai giornali, andate a vedere in che condizioni dobbiamo vivere, non ne possiamo più», grida Sandro, trent’anni, tutti vissuti nel quartiere Oppio.
L’azienda si giustifica spiegando che i marciapiedi sono di nuovo pieni di sacchetti che nessuno porta via per problemi di funzionamento di alcuni impianti. La verità è un’altra e meno rassicurante: il sistema di Roma non è in grado di reggere un carico di rifiuti indifferenziati che è quasi del 70%.
Dal primo ottobre dello scorso anno Marino è riuscito nell’impresa di far chiudere Malagrotta, la discarica più grande d’Europa, dove finiva tutto quello che i romani buttavano via senza alcun tipo di trasformazione e al di fuori di ogni regola.
Ma l’alternativa è questa. Cinquantamila cassonetti per 2 milioni e ottocentomila abitanti, che con i pendolari del lavoro, raggiungono quasi tre milioni e mezzo di persone, una quantità di rifiuti da raccogliere ogni giorno pari a 5 mila tonnellate, e una buona parte che resta in strada.
Cassonetti e marciapiedi sono pieni alle tre del pomeriggio a due passi dal Colosseo e dai Fori Imperiali pedonalizzati. «E qui il sindaco vuole mandare i turisti. La sentite la puzza? È estate: questi rifiuti sono qui da tre giorni», spiega la signora Filomena che ha un appartamento con finestre proprio sopra i cassonetti. Anche a Trastevere la situazione è quella che è. Qui la raccolta differenziata si fa in strada, le famiglie portano le buste di rifiuti in alcune ore e in alcuni luoghi stabiliti. In teoria un furgone dell’Ama dovrebbe passare nel giro di mezz’ora, al massimo un’ora, e portare via tutto. Nella realtà le buste restano per intere giornate abbandonate in alcune delle zone più belle della Capitale. Ieri era il giorno di raccolta della carta, nel pomeriggio le strade erano una distesa di sacchi in speranzosa attesa.
E questi sono i quartieri di Roma dove maggiore è l’attenzione di operatori e azienda. Se ci si lascia alle spalle il centro e ci si dirige verso la periferia si può trovare di tutto. Anche zone dove i cassonetti sono perfettamente vuoti ma con le strade invase da ogni tipo di rifiuti come accadeva ieri all’Eur dove giornali, bottiglie di birra, buste di plastica, foglie, resti che il tempo ha reso irriconoscibili stazionavano sui marciapiedi. Come se nelle strade fossero regolarmente passati i furgoni per lo svuotamento dei cassonetti ma le squadre che dovrebbero lavorare di ramazza avessero deciso di prendersi una vacanza. E poi San Lorenzo, il Quadraro, la Tuscolana, la Flaminia e la Magliana dove i cassonetti sono da anni svuotati con chirurgica precisione solo da interi insediamenti di rom. Oppure la Tiburtina, a poche decine di metri dalla stazione, dove il problema principale non sono i cassonetti ma vere e proprie discariche create tra un pilone e l’altro dei sottopassi della tangenziale.
Marino è furibondo. Giudica lo spettacolo nelle strade di Roma «inaccettabile e intollerabile» e promette punizioni. «Credo sia venuto il momento di far saltare qualche testa», avverte. Sul futuro si mostra ottimista: «Abbiamo una strategia». Romani e turisti di tutto il mondo lo sperano davvero.