Carlo Panella, Libero 10/7/2014, 10 luglio 2014
HAMAS VUOLE IL SUICIDIO ISRAELE L‘ACCONTENTERÀ COL VIA LIBERA DEL CAIRO
Hamas si comporta esattamente come i Fratelli Musulmani egiziani: alza continuamente il livello dello scontro militare, senza avere però la forza né politica, né bellica di vincerlo e si avvia come i seguaci di Morsi al Cairo verso l’ennesima, cocente sconfitta.
Chi si era illuso che l’accordo siglato il 23 aprile tra Hamas e Abu Mazen preludesse a una svolta moderata dei governanti della Striscia di Gaza è servito. Quell’accordo funziona esattamente in senso opposto e porta invece la componente moderata palestinese a rimorchio dei Fratelli Musulmani, di cui Hamas è sezione in Palestina. Per comprendere come questa ultima crisi sia stata costruita volutamente da Hamas e subita da Israele è bene andare alla sua genesi. Khaleed Meshal il 15 giugno ha plaudito all’orrendo rapimento dei tre ragazzi israeliani, poi trucidati barbaramente, con parole oscene: «Se giungerà conferma che una fazione palestinese ha condotto il sequestro, occorrerà applaudire e fare tanto di cappello». Era la conferma della copertura piena di Hamas al crimine, i cui responsabili erano già peraltro stati individuati dal Shin Bet israeliano in due miliziani di Hamas di Hebron con prove inconfutabili. Contemporaneamente questo è il punto Hamas ha ripreso il lancio di razzi e missili contro le città israeliane di Sderot e Ashkelon. La prima reazione di Gerusalemme è stata misurata. Bibi Netanyhau, anche dopo che i corpi dei tre ragazzi massacrati sono stati ritrovati, ha resistito alle pressioni dell’ala oltranzista del suo governo e ha ordinato il bombardamento esclusivamente di obbiettivi materiali di Gaza. Contemporaneamente ha chiesto al presidente egiziano Fattah al Sissi di adoperarsi per ricontrattare i termini di una tregua (e ha fatto arrestare in 48 ore i sei ebrei responsabili dell’uccisione del ragazzo palestinese per una folle ritorsione, da lui duramente condannata).
La fase di stallo è durata circa una settimana che si è conclusa con l’indisponibilità di Hamas ad ogni tregua, concretizzata in un incremento vertiginoso del lancio di razzi e nella aperta minaccia di «bombardare con missili Tel Aviv». Solo a questo punto Netanyahu ha intensificato i bombardamenti mirati contro gli esponenti dell’ala militare di Hamas e ha mobilitato 40.000 riservisti per una più che probabile operazione di terra. È questa una dinamica che prosegue ininterrotta dal 2006, quando Hamas ebbe restituita senza condizioni la Striscia di Gaza e invece di usare quella parte di Palestina liberata per trattare con Israele l’indipendenza di tutti i Territori ha rapito il soldato Shalit e non provocata ha iniziato a lanciare missili su Israele. Il tutto, accompagnato da una carneficina dei palestinesi legati ad Abu Mazen costretti da Hamas a fuggire da Gaza. Chi pensa che questo sia legato allo specifico contesto israelo-palestinese sbaglia. Se si guarda all’Egitto si vede che i Fratelli Musulmani, di cui Hamas è parte, hanno dispiegato esattamente la stessa strategia oltranzista anche al Cairo. La deposizione di Mohammed Morsi fu infatti decisa da al Sissi solo dopo che egli rifiutò di formare un governo di unità nazionale che cessasse di vessare l’opposizione interna. Nei mesi successivi, la Fratellanza, invece di cercare una pacificazione, ha continuato la strada della “ricerca del martirio”, chiamando a demenziali manifestazioni che hanno effettivamente prodotto migliaia di martiri. L’unico successo conseguito da Hamas è avere portato a rimorchio del proprio avventurismo Abu Mazen, che ora con la sua Olp fa da ruota di scorta ai suoi lanci di missili. Lanci folli perché è privo di senso provocare l’avversario e che avversario è Israele e il suo esercito! lanciando missili alla cieca sulle sue città che però non possono raggiungere l’obbiettivo perché vengono regolarmente intercettati dal sistema di difesa antimissile Iron Dome. È una logica di terrorismo puro e suicida che forse questa volta raggiungerà il suo obbiettivo. Non è affatto escluso infatti che questa volta il pur recalcitrante Netanyahu che non ha mai amato le iniziative militari decida di “schiacciare la testa del serpente”, come richiesto dagli oltranzisti israeliani. Incoraggiato in questo altra grande novità dalla complicità piena, anche se sotterranea, dell’Egitto che è convinto a ragione che la Gaza di Hamas sia anche il “santuario” da cui partono i terroristi che da mesi seminano morte nel Sinai. In questo contesto, cadono ovviamente nel vuoto gli appelli alla moderazione che vengono dall’Occidente, da Barack Obama come da Federica Mogherini.