Folco Quilici, Il Messaggero 10/7/2014, 10 luglio 2014
BALENE, CACCIA SENZA FINE
IL CASO
Mio figlio Brando, appassionato del mondo artico, di ritorno da un suo viaggio nel Grande Nord, mi ha raccontato di essere giunto in un accampamento di eschimesi tra i ghiacci. I loro cacciatori avevano appena catturato una balena e tutta la comunità si univa alla fatica di trarre a terra l’enorme preda per poi farla a pezzi e dividerne le parti commestibili dopo averle affumicate.
Si può essere nemici della caccia, e io accanitamente lo sono, ma non si può condannare una cattura quando è dettata dalla legge della sopravvivenza. Per quella gente il gigante del mare catturato è certezza di sopravvivenza alla fame.
Ma che dire, come giudicare l’ostinazione insensata di pochi Paesi al mondo nel continuare il massacro che provoca gravi rischi alla sopravvivenza di specie ormai rare nelle acque del pianeta?
Quale motivo ha un Paese tecnologicamente tanto evoluto come il Giappone di voler proseguire con testardaggine la caccia a esseri viventi, veri prodigi della natura, oggi giunti ai limiti dell’estinzione?
Non è un caso se la stragrande maggioranza dei Paesi del mondo ha aderito già da anni alle regole che garantiscono negli Oceani la sopravvivenza dei grandi cetacei. E pure il Giappone, con la compagnia di Norvegia e Islanda, continua le battute di caccia, contro le quali, coraggiosamente e anche piratescamente, pochi ostinati difensori volontari si battono abbordando e disturbando le baleniere assassine.
LA PRESA DI POSIZIONE
È di ieri la risposta del primo ministro giapponese, Shinzo Abe, a chi gli domandava durante la sua visita in Australia e in Nuova Zelanda se infine il suo Paese rinunciava a quella inutile strage. «Noi» ha risposto lui senza sapere però aggiungere una spiegazione al motivo di tanta ostinazione. Così il Giappone continuerà a uccidere le balene nell’Oceano Meridionale. Nonostante le Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia abbia stabilito in aprile che il programma di caccia della sua flotta ogni estate australe debba cessare, perché condotto a fini commerciali e non scientifici. E lo ha ribadito proprio durante la sua visita in Nuova Zelanda e in Australia, i due Paesi che avevano fatto ricorso alla Corte. In entrambe le occasioni Abe ha sostenuto che il verdetto non proibisce la caccia a fini di ricerca. «La decisione della Corte Internazionale conferma che uno degli obiettivi della convenzione internazionale sulle balene è un uso sostenibile delle risorse», ha detto. Il primo ministro australiano Tony Abbott e il primo ministro neozelandese John Key hanno ribadito opposizione dei loro Paesi alla caccia alle balene.
Ma la notizia dell’annuncio del Giappone si è diffusa nel mondo a breve distanza di un’altra egualmente agghiacciante: un gruppo di studiosi internazionali ha risposto ufficialmente a una precisa richiesta del governo islandese su quanto sia grave la sofferenza dei grandi cetacei colpiti dagli arpioni esplosivi sparati dai tecnologici cannoni delle baleniere. Le risposte ottenute sono state così agghiaccianti da non essere diffuse. Questo contribuirà si spera alla decisione delle autorità islandesi sul disarmo della locale flotta di cacciatori.
IL BUON MARE NOSTRUM
Leggendo questo genere di notizie una volta di più possiamo rallegrarci della nostra saggezza mediterranea. Come ci dicono studi di molti Paesi la difesa dei grandi cetacei nel nostro mare sta raggiungendo sempre più importanti risultati. Crescono di numero e di buona salute balene, capodogli e le altre famiglie di cetacei che popolano e guizzano felice nelle acque attorno a noi. La balena che tanto ci impaurì leggendo le avventure di Pinocchio, che ne veniva inghiottito, ora suscita grida di ammirazione, profferte di amicizia e amore dai mediterranei di ogni età. Abbiamo purtroppo nel nostro mare tante angosciosi problemi e tante terribili violenze. Ma almeno su questo punto siamo tutti solidali: i giganti del mare nelle nostre acque saranno sempre al sicuro. Magnifici e amici.