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 2014  luglio 10 Giovedì calendario

Che curiosa esperienza è stata per me leggere il libricino di Antoine Compagnon Un’estate con Montaigne pubblicato recentemente da Adelphi (traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e Lorenza Di Lella, pp

Che curiosa esperienza è stata per me leggere il libricino di Antoine Compagnon Un’estate con Montaigne pubblicato recentemente da Adelphi (traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e Lorenza Di Lella, pp. 136, e 12) ! Questo libricino riassume, in 40 capitoletti trasmessi da Compagnon alla Radio Francese, molti saggi di Montaigne, che abilmente divulgati hanno avuto un successo di pubblico straordinario. Mi spiego tanto successo non solo per la bravura di Compagnon che ha estratto dai saggi di Montaigne i passi più significativi e più adatti al suo pubblico, ma anche col fatto che tutti i saggi di Montaigne sono dettati dal senso comune, che è il contrario dell’intellettualismo esasperato dei saggisti francesi che avevano dominato il discorso con il loro genio, ma anche con le loro sottigliezze e le loro complessità: parlo di Foucault, Lacan, Barthes, Derrida e compagni. Di tante difficili sottigliezze e tante complessità forse il pubblico francese si era stancato e il discorso semplice e pieno di buon senso del grande Montaigne gli era finalmente arrivato facile e comprensibile attraverso la voce di Compagnon. Montaigne non amava le teorie e le idee astratte, preferiva ricavare dai fatti comuni della vita le sue riflessioni, e questo lo rende non solo più umano ma certo più vicino all’esperienza di tutti. Il suo modo di scrivere era molto simile a quello che anche io ho usato e che ho chiamato «lo stile dell’anatra», perché l’anatra fila veloce sull’acqua ma non si vede lo sforzo delle zampette palmate sott’acqua, questo è anche lo stile descritto da Baldassarre Castiglione ne Il Cortegiano , citato da Montaigne, dove si parla della famosa «sprezzatura», cioè la somiglianza tra le frasi che ho letto nel libricino di Compagnon e le mie, da farmi spesso pensare «Ma questo lo avevo già scritto io!». Per esempio Compagnon scrive: «Non facciamo altro che interporre tra noi e i testi strati di chiose che rendono la loro verità meno accessibile». E io avevo scritto che il commento in molte scuole è più importante del testo, e sotto il commento scompare spesso la poesia di Dante o di Leopardi. Compagnon scrive: «La bilancia in equilibrio rappresenta la sua metodica perplessità», e io avevo scritto che: nato sotto il segno della bilancia oscillo continuamente tra due possibilità e per questo mi definisco un uomo perplesso. Compagnon scrive, citando Montaigne, sull’inadeguatezza di cui è consapevole e che gli appartiene, e anche io ho scritto i racconti de L’amorosa inchiesta sull’inadeguatezza e sull’incapacità di essere sempre all’altezza delle situazioni che la vita ci presenta. Su un album di fotografie scrive di: «quelle immagini ingiallite che non ci rappresentano più». Anche io ho scritto un apologo intitolato Album con gli stessi concetti. E quando parla dello studio di sé come condizione della saggezza, eccetera, e conclude con la frase di Montaigne: «Lettore sono io stesso la materia del mio libro», è proprio questa la frase che avrei voluto mettere come esergo in testa al Meridiano che contiene tutta la mia opera. E c’è una frase: «Non parlo degli altri se non per parlare meglio di me stesso» che è quasi uguale a quella che avevo scritto io nel Meridiano: «Parlo degli altri per parlare di me stesso, e parlo di me stesso per parlare degli altri». E potrei continuare sottolineando le affinità e le somiglianze, ma mi fermo perché sembra quasi che io voglia usare Montaigne per portar acqua al mio mulino, mentre invece in me c’è solo la soddisfazione di vedere certe mie opinioni e molte cose che ho scritto avvalorate da un così insigne predecessore. Infine vorrei ricordare che Compagnon ha scritto un libro sul senso comune ed anche io ho scritto un libro intitolato: La mosca nella bottiglia. Elogio del senso comune.