Matteo Collura, Corriere della Sera 10/7/2014, 10 luglio 2014
DUSE-D’ANNUNZIO, LE LETTERE SEGRETE
Quando Gabriele d’Annunzio conobbe Eleonora Duse a Venezia (Matilde Serao a fare da tramite) era il 1894. Lo scrittore aveva trentun’anni, l’attrice, trentasei (un’età già ragguardevole, a quei tempi, per una donna). La Duse era una celebrità, d’Annunzio un poeta che prometteva divenire tale. L’amore tra i due divi nacque subito e con esso un’inondazione di lettere che a metterle insieme tutte riempirebbero una stanza. Purtroppo, molte delle missive, e in special modo quelle del poeta, sono andate perdute (bruciate in obbedienza al volere testamentario dell’attrice). Ne sono rimaste tante, però, e soprattutto quelle della Duse, ora raccolte in un volume che non è soltanto un carteggio amoroso, ma lo spaccato di un’epoca, di un mondo, di uno stile di vita e di un modo di viverla: Come il mare io ti parlo – Eleonora Duse / Gabriele d’Annunzio – Lettere 1894-1923 (Bompiani, pp. 1.406, e 30, a cura di Franca Minnucci, con un ampio saggio di Annamaria Andreoli e la postfazione di Giorgio Barberi Squarotti).
Si diceva dello spaccato di un’epoca, di un mondo, quello che, pari pari, si può ritrovare se si ha la forza e la pazienza di leggere o rileggere romanzi ormai terribilmente fuori moda come Il piacere , L’innocente , Il trionfo della morte e soprattutto Il fuoco , in cui la reale storia d’amore tra l’autore e la diva sembra sia stata raccontata con una schiettezza che rasenta la crudeltà, ovviamente nei confronti della Duse (Foscarina nella finzione romanzesca). Tom Antongini, nella partecipata biografia di d’Annunzio, che apparve nel 1938, l’anno stesso della morte del poeta, nega recisamente che ne Il fuoco vi siano passi autobiografici relativi alla vicenda passionale tra la grande attrice e il grande scrittore; opinione, questa, contraddetta dalla studiosa Andreoli, curatrice, tra l’altro, dell’opera omnia di d’Annunzio nei Meridiani («non si potranno nutrire dubbi sui protagonisti della narrazione, su Stelio-Gabriele, giovane drammaturgo al debutto, e su Foscarina-Eleonora, matura attrice acclamata»).
Artisti del loro tempo, ma soprattutto artisti e perciò non giudicabili secondo la «morale borghese», entrambi, la Duse e d’Annunzio, praticarono su diversi tavoli i loro giochi amorosi nel mentre si promettevano ogni fedeltà e deferenza. Per almeno quattro anni l’attrice rimase l’amante segreta di Arrigo Boito, mentre il poeta inanellava conquiste a un ritmo vertiginoso. Del resto, egli scriveva: «Io sono infedele per amore, anzi per arte d’amore quando amo a morte». E lei: «Libero sei verso di me come verso la vita stessa».
Un discorso a parte merita la scrittura epistolare della Duse, quella che il Vate definisce «scrittura ritmica e parlante», e davvero sembra di udire l’attrice dirle le sue lettere più che scriverle. «La Duse», annota Franca Minnucci, «sul foglio corre, rallenta, rotola, urla, piange, sussurra, riproduce i suoi celebri monologhi, le sue intonazioni, quelle che hanno incantato il mondo». Insomma, il foglio è il suo palcoscenico.
Come non pensare a Marta Abba, anche se tra lei e la Duse vi è di mezzo l’Ottocento? Entrambe vissero la loro esistenza nella finzione scenica, entrambe riuscirono a godere della vita soltanto quando recitarono la vita di altre. Entrambe non seppero che ritrovarsi (riconoscersi, sentirsi vive) soltanto lì, sulla scena, quando il pubblico, in piedi, dedicava loro la meravigliosa musica degli applausi. Entrambe trovarono il proprio autore in uno scrittore che nella rispettiva eletta trovò preziosa fonte d’ispirazione. Pirandello carnefice e vittima di Marta Abba, d’Annunzio carnefice e vittima di Eleonora Duse.