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 2014  luglio 10 Giovedì calendario

«GLI ITALIANI? SI’, MA IN MINORANZA. PERCHE’ CLUB MED DICE NO A BONOMI»

Perché dice no all’offerta dell’italiano Andrea Bonomi per il Club Med? È il solito patriottismo economico, per cui le società francesi possono liberamente comprare marchi italiani, ma se capita il contrario vengono opposte questioni di bandiera?
«No, non è una questione di nazionalismo. Mi sarebbe piaciuto avere un partner francese (Ardian), uno cinese (Fosun) e uno italiano, o meglio di origine italiana, perché dentro la Global Resorts di Bonomi non ci sono solo soldi italiani, bisogna essere realisti. Ma non è stato possibile, perché Bonomi punta a prendere da solo tutto il controllo della società».
Henri Giscard d’Estaing, 57 anni, presidente del Club Med, è l’uomo che nel 2003 venne chiamato dalla famiglia Agnelli a rilanciare un Club sull’orlo del fallimento. Riuscita quell’operazione adesso Henri, figlio dell’ex presidente della Repubblica Valéry, guarda all’Asia, sostenendo l’opa congiunta del fondo francese Ardian (al 46%) e di quello privato cinese Fosun (46%), con il restante 8% affidato al management dell’azienda, lui compreso.
Il finanziere italiano Andrea Bonomi ha lanciato una contro-opa tramite la Global Resorts, e il consiglio di amministrazione di Club Med si pronuncerà il 25 luglio. Intanto, Henri Giscard d’Estaing spiega al Corriere perché preferisce la prima offerta.
Ardian e Fosun offrono 17,5 euro ad azione, Bonomi 21. Ossia 563 milioni contro 790. Questa differenza di prezzo è trascurabile?
«Spetta al mercato di giudicare le offerte, non a me. Ma quanto agli investimenti ricordo che solo nel 2014 stiamo aprendo quattro nuovi villaggi per un valore di 200 milioni, finanziati da partner esterni, e abbiamo messo 65 milioni in proprio per rinnovare i villaggi già esistenti. Siamo in salute, con meno di 100 milioni di debiti, una situazione che poche società di turismo possono vantare in questo periodo di crisi.Gli investimenti promessi da Global Resorts non mi sembrano un argomento decisivo».
L’offerta franco-cinese permetterebbe all’attuale management, lei compreso, di restare nel gioco. È anche per questo che la preferisce all’opa di Bonomi?
«Con i fondi Ardian e Fosun anche noi compreremmo delle azioni, è vero, assieme a 400 capi villaggio e manager. Ma la quota mia e del direttore generale Michel Wolfovski sarebbe inferiore al 0,5% del capitale, un milione e 200 mila euro su un’operazione di centinaia di milioni. L’offerta franco-cinese mi pare assecondare la strategia che ho scelto per il Club Med, ossia proseguire il passaggio a una categoria premium, l’accelerazione dello sviluppo internazionale, in particolare in Cina, e ha anche il merito di coinvolgere il personale della società. L’offerta di Bonomi invece non è sollecitata».
Lei si pone come difensore dello spirito Club Med. A quasi 65 anni dalla fondazione, esiste ancora? E in che cosa consiste?
«Direi cinque valori: 1) gentilezza 2) libertà 3) multiculturalità 4) pionierismo, cioè trovare per primi i luoghi più belli del mondo 5) responsabilità ambientale».
Bonomi dice che i clienti europei sono stati trascurati, e contesta la strategia di passaggio al target «alto di gamma».
«Nel difficile mercato del turismo post-11 settembre, o si è low cost, o si è i migliori. Stare in mezzo non va bene. Il Club Med era percepito come il più costoso dei villaggi di fascia intermedia, la posizione peggiore. Ho deciso allora di chiudere la metà dei villaggi, 65 per la precisione, reinvestire negli altri e nell’apertura di nuove strutture. Poi, la scelta di guardare alla Cina è imposta dai fatti: è il primo mercato turistico al mondo, dove cresciamo del 25% l’anno. Per questo un partner cinese come Fosun sarebbe importante ».
Che significa l’«ancoraggio francese» da lei evocato per difendere l’offerta Ardian-Fosun?
«L’immagine della Francia nei mercati emergenti è positiva, nel lusso e nel turismo. L’ancoraggio significa una presenza francese forte nell’azionariato e nel funzionamento del gruppo».
Bonomi è, per esempio, primo azionista di Aston Martin, ma quelle auto continuano a essere percepite come britanniche, non certo italiane. Lo stesso non potrebbe accadere al Club Med?
«Non bisogna porre la questione in termini di nazionalismo. Soprattutto, non voglio certo passare come anti-italiano, proprio io che sono stato chiamato al Club Med da Umberto Agnelli, e che poi ho chiesto ad Alessandro Benetton di entrare nel capitale del gruppo. L’Italia per noi è un luogo fondamentale, sede del secondo villaggio mai aperto, quello del Golfo di Baratti, e di un progetto che seguo personalmente, l’apertura di un villaggio di lusso a Cefalù che sarà tra i più belli del mondo, con il sostegno del ministro italiano per lo Sviluppo economico Federica Guidi. Una novità che vale 500 nuovi posti di lavoro. L’ideale sarebbe stato associare Bonomi agli altri partner, per questo ho organizzato un incontro a tre a Shangai. Ma lui non ha voluto dare seguito».
Stefano Montefiori