Mario Pappagallo, Corriere della Sera 10/7/2014, 10 luglio 2014
IL CONTRACCETTIVO SOTTOPELLE. SI ACCENDE CON UN TELECOMANDO
«Voglio procreare» e la donna con un semplice click spegne il suo «contraccettivo» tecnologico. È infatti nata la pillola contraccettiva computerizzata. Un chip che si mette sottopelle e rilascia una piccola dose di levonorgestrel, l’ormone contraccettivo, per 16 anni. Può essere impiantato dove si vuole, nel gluteo, sotto il braccio o nell’addome. La donna lo controlla con un telecomando, come per spegnere o accendere il televisore, e quando vuole recuperare la sua fecondità spegne il minuscolo e invisibile chip. A svilupparlo alcuni ricercatori del Massachusetts institute of technology (Mit): Robert Langer e Michael Cima. Negli ‘90, Langer e Cima, insieme a John Santini, avevano pensato a microchip che rilasciassero farmaci. Controllabili dal paziente.
Partirono con l’osteoporosi (il primo esperimento, nel 2012, in otto donne con osteoporosi: per più di quattro mesi il chip ha somministrato, in tutta sicurezza ed efficacia, regolari dosi di un farmaco anti-osteoporosi normalmente somministrato per iniezione) e crearono una piccola società per brevettare l’idea. Una start up chiamata MicroCHIPS. Due anni fa Bill Gates fece visita con i suoi esperti al laboratorio di Langer al Mit. Cercava progetti nei quali credere e incappò nel microchip a rilascio controllato. Al fondatore di Microsoft si accese una lampadina. «Si può creare un contraccettivo che dura molti anni e che la donna può attivare e disattivare a piacimento?». Langer e Cima non ci pensarono troppo e risposero di sì. Così la MicroCHIPS ha ricevuto i fondi Gates per sviluppare il progetto.
La pillola computerizzata è ora pronta, sarà provata con sperimentazioni pre-cliniche negli Stati Uniti da fine anno e probabilmente andrà sul mercato entro il 2018. «Avrà un prezzo competitivo» è l’impegno dei creatori. E perché è quanto chiesto da Bill Gates, che non intende confinare il chip contraccettivo ai soli Paesi ricchi ma divulgarlo anche nei Paesi in via di sviluppo. Il chip misura circa due centimetri, profondo 7 millimetri, forma quadrata. Al suo interno un altro microchip di circa un centimetro e mezzo contiene i minuscoli serbatoi con l’ormone. Sui serbatoi con l’ormone c’è un involucro ermetico di titanio e platino che si scioglie temporaneamente grazie all’impulso elettrico di una batteria interna e consente il rilascio di una piccola dose di ormone ogni giorno. Tutti i giorni come quando si prende la pillola oralmente.
Il primo prototipo conteneva sostanza per 5 anni, adesso si è arrivati a 16 anni. Un tempo considerato adeguato per una contraccezione controllata di lungo tempo senza bisogno di ricaricare i mini-serbatoi. Poi si cambia l’intero chip.
Rispetto agli altri contraccettivi impiantabili disponibili sul mercato, per i quali è necessario recarsi in clinica e serve una procedura ambulatoriale per essere disattivati, questo invece, grazie al telecomando, può essere acceso e spento quando si vuole. C’è ancora un difetto da eliminare: la possibilità che altre persone, intercettando la frequenza del telecomando o riprogrammando l’impianto, possano spegnere o accendere la contraccezione all’insaputa della donna. I ricercatori stanno lavorando per assicurare la massima sicurezza del chip ed evitare scomode interferenze. Un altro dispositivo è stato sviluppato per altre patologie croniche, tra cui la sclerosi multipla. Come tecnologia, in effetti, apre la strada a nuove terapie oggi impossibili in quanto il chip è in grado di proteggere farmaci instabili. E può anche trasmettere dati agli ospedali in modo da registrare le dosi esatte prese per una certa cura. Langer dice: «È il più grande progresso della medicina dalla prima pillola sviluppata nel 1876». Ma Langer è di parte.
Mario Pappagallo