Paola Di Caro, Corriere della Sera 10/7/2014, 10 luglio 2014
CAOS SULL’ASSEMBLEA, FORZA ITALIA SI SPACCA
«Ma basta, sembriamo il Brasile!». Alle otto di sera di una giornata di follia politico-organizzativa, Maurizio Gasparri sbotta. «La gestione di questo partito è inadeguata, non possiamo andare avanti così, serve al più presto un gruppo dirigente che sostenga Berlusconi nella sua guida. Attenzione, perché anche i pompieri diventano prima osservatori e poi incendiari...» .
Lo sfogo è quello di chi ha assistito attonito, come buona parte dei colleghi, al confusissimo intreccio di convocazioni, sconvocazioni, riconvocazioni di gruppi di Senato e Camera, con e senza la presenza di Berlusconi, che hanno fatto tracimare la tensione nel partito oltre il livello di guardia. Perché i malumori già diffusissimi per la linea che il Cavaliere pretende sulle riforme (un sì senza defezioni) si sommano e si intrecciano ormai a battaglie personali, politiche, familiari senza fine e soluzione.
Ricapitolando: la mattinata si apre con la convocazione per stamattina da parte del capogruppo Paolo Romani di una riunione del gruppo del Senato per mettere a punto la linea sulle riforme. Una scelta «obbligata, per tentare di pararsi dall’ira dei senatori» — spiega chi lo contesta — visto che peraltro una raccolta di firme per la convocazione del gruppo, animata da senatori vicini a Raffaele Fitto, aveva già raccolto oltre 20 adesioni, un terzo del gruppo. Il segnale era chiaro: il dissenso a Palazzo Madama è molto più ampio di quello visibile ed esplicito rappresentato da Minzolini, Bonfrisco e pochi altri. Anzi — alimentata anche dal nutrito gruppo di chi si riconosce nelle posizioni di Fitto che ieri ha contestato le riforme («Avrei problemi a votarle») e preteso una riunione dei gruppi congiunta così come era stato promesso una settimana fa — l’onda della protesta si è alzata anche alla Camera.
Lì, raccontano, Renato Brunetta — uno dei più duri sulla linea del no a una riforma imposta in tutto e per tutto da Renzi — ha fatto fuoco e fiamme. Convocando a sua volta una riunione del suo gruppo, alla stessa ora di quella del Senato perché «queste materie riguardano tutto il partito», e in attesa di quella «che mi attendo nei prossimi giorni, congiunta, con Berlusconi». E mentre il Cavaliere veniva dato per presente a quella del Senato prevista per stamattina, e subito dopo a pranzo con gli eurodeputati (Fitto compreso, appuntamento confermato), la tensione saliva alle stelle. Tanto da obbligarlo a mettere uno stop alle proteste montanti e a chiedere ai suoi due capigruppo di sconvocare entrambe le riunioni: «Ne faremo una congiunta martedì prossimo» .
«Bene, ha vinto la leadership di Berlusconi!», ha esultato subito Brunetta. Ma sul terreno restano i cocci. Anche perché a gettare altra benzina sul fuoco ieri ci sono state anche le varie interviste a Francesca Pascale nelle quali oltre ad auspicare la discesa in campo di Marina Berlusconi, ha menato fendenti a Santanchè e Gasparri. Parole taglienti, che — raccontano — non solo hanno innervosito i due parlamentari e tanti altri, ma non sono piaciute per niente nemmeno a Marina, che avrebbe comunicato il suo fastidio alla fidanzata del padre, perché in un momento così delicato non vorrebbe né essere chiamata in causa, né veder sollevate nuove polemiche che dividono il partito e mettono in difficoltà lo stesso leader.
In questo clima, si capisce che anche il voto sulle riforme torna a rischio. Berlusconi è netto: «Si devono votare», ripete, usando per Renzi — a cena — parole di comprensione. Ma il suo partito è in subbuglio, e nonostante ieri le varie anime del centrodestra si siano ritrovate al banchetto della Meloni per firmare la richiesta di primarie di coalizione (c’erano tanti azzurri, da Fitto a Toti, da Ravetto a Carfagna, ma anche Quagliariello, Cicchitto, Lupi, De Girolamo per Ncd), l’aria non è quella dei grandi abbracci: divisi gli alfaniani,divisi gli azzurri, e uniti tutti solo su un punto: «Qui — dicono — c’è poco da rimettere assieme, bisogna rifondare. Tutto». E Berlusconi, a sera, chiosa: «Con i partiti alleati c’è difficoltà a mettersi d’accordo anche sulle piccole cose..».
Paola Di Caro