Carlo Bonini - Eugenio Occorsio, la Repubblica 10/7/2014, 10 luglio 2014
ALLARME BITCOIN
La Banca d’Italia suona un deciso e inequivocabile allarme sull’uso della Bitcoin, la moneta virtuale. Lo strumento immaginato per “liberarsi dalle banche” perde ogni connotazione romantica e, di fatto, viene indicato alternativamente come una trappola per gli utenti, ovvero come la nuova frontiera dell’economia nera, in tutte le sue possibili declinazioni. Dall’evasione, al riciclaggio, al traffico di armi e stupefacenti, al terrorismo. Insomma, uno strumento a delinquere su scala planetaria. Almeno fino a quando non troverà una sua regolamentazione.
Nel “Rapporto annuale” della sua “Unità di Informazione Finanziaria” (Uif) presentato ieri, Bankitalia segnala i rischi legati a un metodo di pagamento che non presuppone l’identificazione degli utenti, privo di qualsiasi garanzia e controllo a tutela di chi la utilizza, non soggetto ad alcuna regola da parte di autorità pubbliche, e per di più esposto a una volatilità spaventosa. Solo negli ultimi sette mesi, il valore della moneta virtuale è infatti crollato da 1.132 a 363 dollari salvo poi rimbalzare a 624,56 nel fixing di ieri del sito “Bitstamp”, che per altro, non è che uno di quelli “accreditati” per l’indicazione del valore di cambio (e il solo fatto che più siti diano ciascuno il proprio, la dice lunga).
Il “warning” della Banca d’Italia arriva con tempestività e, in qualche modo, previsto. Solo quattro giorni fa, infatti, l’European Banking Authority, la stessa che sta
conducendo gli stress test sui maggiori istituti dell’Eurozona insieme alla Banca Centrale, aveva a sua volta messo in guardia contro ben 70 pericoli legati all’uso di Bitcoin. Da quelli di hackeraggio e furto d’identità, al sequestro di conti. Dalla banale perdita della password (recuperarla è complicatissimo), alla bancarotta dei siti cosiddetti “exchanges” (quelli che procedono alla conversione dalla moneta legale a quella virtuale). Fino, naturalmente, al rischio di essere coinvolti in attività terroristiche e criminali.
Insomma, le banche centrali si mobilitano contro la Bitcoin. La stessa Bce da tempo suggerisce agli istituti commerciali di astenersi da qualsiasi operazione in moneta virtuale, almeno fino a quando non verranno emanate regole specifiche. E la Commissione di Bruxelles sta preparando direttive. Il commissario uscente ai servizi finanziari, Michel Barnier, ha detto a fine giugno che è «imperativo muoversi rapidamente in quest’ambito». Ma che finché questo non accadrà è meglio stare alla larga. Da Bitcoin, come pure dai tanti tentativi d’imitazione: Kryptotel, Webmoney, PerfectMoney e via dicendo. In Francia, per dirne una, tre giorni fa, la polizia è intervenuta per smantellare un “cambio illegale”, sequestrando 388 Bitcoin per un controvalore di 241mila euro (sempre secondo il cambio di Bitstamp) e arrestando due persone. E questo in una cornice di allarme mondiale. La Cina è stata infatti la prima a vietare la criptomoneta nell’ambito della sua operazione contro lo “shadow banking”. Mentre anche negli Stati Uniti — dove pure la moneta virtuale fu battezzata e ancora oggi ci sono venture capitalist che finanziano le start-up della Silicon Valley in Bitcoin — il vento comincia a cambiare. Un economista liberal come Paul Krugman ha scritto: «Non ha senso invocare l’arroganza delle banche e presentare i Bitcoin come lo strumento per liberarsi dal loro gioco. Sono un truffa e basta: non a caso i beni che si possono comprare con i Bitcoin sono le case di lusso a Dubai o Saint Moritz, le auto fuoriserie o i gioielli: tutta roba in forte odore di evasione fiscale».
L’allarme della Banca d’Italia e delle autorità di controllo europee trova immediata sponda anche nella nostra magistratura e nella Guardia di Finanza. «L’uso di Bitcoin per le transazioni on line — dice il Procuratore generale di Roma, Luigi Ciampoli — non offre chiarezza nella tracciabilità e può essere strumento per riciclaggio di denaro, finanziamento del terrorismo e delle mafie e, in generale, per traffici illeciti». Del resto, è in qualche modo proprio nell’atto costitutivo della moneta virtuale, nelle sue caratteristiche di origine, che lo strumento di pagamento “virtuale” oggi aderisce perfettamente alle esigenze di opacità di chi opera nell’economia nera. Come spiegano fonti qualificate sia di Bankitalia che della Guardia di Finanza, «Bitcoin consente di aggirare i tre cardini su cui, nel tempo, è stata faticosamente costruita una disciplina internazionale contro il riciclaggio». La criptomoneta non prevede infatti né l’identificazione di chi dispone l’operazione finanziaria, né la sua registrazione, né, tantomeno, la segnalazione di “operazioni sospette” per entità o soggetti coinvolti. Un buco nero che promette di allargarsi, che il sistema finanziario internazionale non può permettersi e per il quale, evidentemente, si è deciso di suonare la campana di allarme ora che le dimensioni della ricchezza movimentata sono ancora modeste. Poco meno di cinquanta miliardi di dollari (nella stima che ne fa la nostra Guardia di Finanza) a fronte di un volume di interscambi finanziari “in chiaro” che ha raggiunto i 5 mila miliardi di dollari al giorno.