Giuliano Balestreri e Raffaele Ricciardi, la Repubblica 10/7/2014, 10 luglio 2014
BARBIERI E AUTISTI DA 136 MILA EURO. ECCO IL MAXI GAP MONTECITORIO-PRIVATI
Barbieri, elettricisti, autisti e centralinisti che guadagnano 136mila euro l’anno. Stipendi impossibili in qualunque azienda privata, ma all’ordine del giorno alla Camera dei deputati. La presidente Laura Boldrini promette di mettervi mano con il bilancio 2014 in calendario il 21 luglio. Ieri ha iniziato dal taglio degli affitti confermando il recesso dai Palazzi Marini, che ospitano gli uffici di 400 deputati: il risparmio è di 32 milioni. Ma il vero nodo sono gli stipendi. Dei dipendenti, più che dei deputati. I quasi 1.500 lavoratori di Montecitorio costano 274 milioni, cui vanno aggiunte le spese per i pensionati per 227 milioni e 39 milioni di “altro personale”. Insieme pesano per il 50,9% delle spese della Camera, che si aggirano intorno al miliardo di euro. Numeri che fanno impallidire le spese per i 630 deputati: questi valgono il 25% dei costi: 130 milioni per gli onorevoli in carica e 138,9 milioni per i vitalizi.
Ma cosa accadrebbe se la Camera fosse un’azienda privata? Sarebbe fuori mercato. È un test che non vuole sminuire le professionalità dei dipendenti. E che va preso con la debita prudenza: al Parlamento non può certo essere chiesta una redditività economica, essendo il suo ruolo quello di garantire l’esercizio della democrazia.
Alcuni aspetti però colpiscono. Tecnici, barbieri o centralinisti assunti con uno stipendio lordo di 30mila euro l’anno. Dopo dieci anni la retribuzione sale oltre i 50mila euro e a fine carriera guadagnano circa 136mila euro.
Grazie alla banca dati di JobPricing, il calcolatore elaborato per Repubblica.it, è possibile confrontare i dati delle buste paga di Montecitorio con quanto avviene in una grande azienda di servizi. Gli estremi delle remunerazioni (per tipologie di mansioni sovrapponibili) non sono così distanti. Il solco si scava perché, alla Camera, molti dipendenti ricevono remunerazioni di fascia medio alta. Nelle aziende, invece, il 95% dei dipendenti si qualifica come addetto o specialista, con una retribuzione prossima al livello d’ingresso; il 4% è responsabile e solo l’1% è nella fascia dei dirigenti. «Alla Camera invece buona parte dei 1.500 dipendenti è pagata come “capo” senza in realtà esserlo» sintetizza Mario Vavassori, docente di gestione aziendale del Politecnico di Milano e presidente di JobPricing.
Lo sbilanciamento si riflette nelle medie: ai 78 mila euro che la Camera spende per gli assistenti parlamentari fanno da contraltare meno di 34mila euro che il privato sostiene per gli impiegati nei servizi generali; ai quasi 90mila euro degli operatori tecnici di Montecitorio, il privato risponde con meno della metà (40mila euro circa) nei sistemi informativi. Un problema che Camera e Senato hanno tenuto in considerazione nei mesi scorsi, pensando nuove curve retributive comuni per i neo-assunti. Porteranno a «un risparmio del 20 per cento rispetto ai valori attuali», spiega il documento della Camera, grazie a «una diversa dinamica
retributiva e alla riduzione del trattamento economico riconosciuto alle posizioni finali di ogni categoria». Un adattamento che però necessita di tempo per entrare in vigore.
Una conferma di questa situazione si ha da un altro confronto. Nel bilancio 2013 di Montecitorio le spese per il personale di servizio sono di 274 milioni: in media 182mila euro. Dai dati dello studio R&S di Mediobanca sulle grandi imprese emerge invece che il costo del lavoro per dipendente nelle società di servizi è di 48mila euro. Alla Camera, inoltre, una novantina di dipendenti sono oltre la soglia di 240mila euro, il tetto per la Pa introdotto da Renzi. Un limite che, in virtù della cosiddetta “autodichia” sancita dalla Costituzione, non può essere imposto al Parlamento. Soglia che, però, la Boldrini vuole introdurre, con risparmi per 20 milioni.