Sergio Del Bufalo, Il Tempo 3/11/1975, 3 novembre 1975
PIER PAOLO PASOLINI ASSASSINATO DA UN RAGAZZO DICIASSETTENNE
(articolo del Tempo del 3 novembre 1975) -
Pier Paolo Pasolini è stato assassinato. Il suo corpo, dal volto sfigurato, è stato trovato all’alba di ieri, in un luogo isolato della vecchia Ostia, all’Idroscalo. L’assassino è un giovane che lo scrittore-regista aveva conosciuto appena sabato sera e con il quale si era recato in auto nella zona solitaria e buia.
Il feroce delitto è stato compiuto verso l’una della scorsa notte. Il giovane ha colpito ripetutamente al capo la sua vittima con un paletto di legno. Alle 6 di ieri il raccapricciante ritrovamento. Solo però alle 9 e 30 è stato possibile dare un nome al corpo massacrato. Addosso al cadavere, infatti, gli inquirenti non avevano trovato alcun documento di identità. Il riconoscimento è stato effettuato da un amico fedele di Pasolini, l’attore Ninetto Davoli, che lo stesso regista aveva lanciato nel mondo del cinema e che era stata l’ultima persona a vederlo sabato notte.
La drammatica scoperta del cadavere è stata fatta dalla signora Maria Lollobrigida che con il marito Alfredo Principessa, si era recata, come di solito fa nei momenti liberi, a rifinire una casetta in costruzione, a poca distanza dal luogo dove durante la notte era avvenuto il tragico episodio. In un primo momento la donna aveva scambiato il corpo esanime per un sacco di rifiuti, poi, avvicinandosi, si era resa conto che si trattava di un uomo morto e aveva chiamato il marito. Con questi, accorreva anche il figlio il quale, salito sull’auto a bordo della quale aveva accompagnato ad Ostia i genitori, si precipitava a dare l’allarme al commissariato di PS del Lido. Poco dopo, la zona dove si trovano baracche e casupole di vario tipo, pullulava di «volanti», di auto della Squadra Mobile e della Polizia Scientifica. C’erano il dott. Masone, capo della «Mobile», il dott. Jovinella, dirigente della sezione omicidi e il dott. Viscione.
Veniva effettuato un primo sopralluogo e si accertava che il cadavere ancora sconosciuto, indossava un paio di «blue-jeans», stivaletti alti, calzini e una canottiera di colore verde scuro.
A poca distanza c’era una camicia di lana a strisce «taglia 46» con l’etichetta «Missone». Il corpo giaceva bocconi e presentava numerose ferite alla nuca. Intorno si notavano alcune schegge di legno insanguinate. Sulla canottiera, i chiari segni di pneumatico di automobile e a circa settanta metri l’arma del delitto: un paletto che sorreggeva una targa con la scritta «Buttinella, via dell’Idroscalo 73». La targa era stata divelta e si trovava nei pressi. Il dottor Pandiscia della Polizia scientifica, esaminando il cadavere, constatava, che la testa era schiacciata contro il terreno come se vi fosse incassata. Era chiaro che i segni del pneumatico stavano a indicare che un’auto era passata sopra il cadavere (...).
Poi era lo stesso Davoli a spiegare al dottor Masone come mai si trovasse li. Verso le 2, gli aveva telefonato a casa la cugina di Pasolini la professoressa di lettere Graziella la quale gli aveva detto: «Poco fa mi hanno telefonato i carabinieri di Ostia per dirmi che era stata rubata l’auto di Pier Paolo e che a bordo era stato trovato anche il ladro. Poiché tu sei stato a cena con lui, volevo sapere se era successo qualche cosa, anche perché Pier Paolo non è tornato ancora a casa e la mamma (ha 85 anni) è in pensiero». Senza esitazione, Davoli si recava ad Ostia e i carabinieri gli mostravano l’auto, una «G.T. Alfa Romeo 2000» targata Roma K69996. Non c’era dubbio, era proprio la macchina del regista. Davoli rimaneva non poco perplesso, nel vedere che sul cruscotto c’erano i famosi occhiali neri di Pier Paolo che egli non si toglieva mai «nemmeno quando faceva il bagno» spiegava l’attore. Mentre era in corso il colloquio di Davoli con i carabinieri, giungeva in caserma la notizia del rinvenimento di un «cadavere sconosciuto» nella zona dell’idroscalo e così, accompagnato dagli stessi militari dell’Arma, Davoli effettuava il sopralluogo e il riconoscimento del suo amico e regista.
Ma chi aveva rubato l’auto di Pasolini? All’1,15, una pattuglia di carabinieri in servizio di controllo e prevenzione reati scorgeva proveniente «contro mano» una vettura, la famosa «2000» e intimava l’alt, al conducente, nei pressi dello stabilimento «Tibì Dabo». L’auto si fermava subito, ma quando i carabinieri si avvicinavano per contestargli la contravvenzione, il conducente rimetteva in moto, cercando di allontanarsi. Subito inseguito per sei-settecento metri, l’automobilista perdeva ad un tratto il controllo del volante, mandando a finire la vettura contro un muretto. Subito disceso, egli tentava di fuggire a piedi, ma i carabinieri Antonio Cuzzupè e Giuseppe Guglielmi lo raggiungevano, immobilizzandolo. Il Cuzzupè, riportava nella, colluttazione, la frattura di un dito. Poco dopo, in caserma, veniva identificato per Giuseppe Pelosi nato a Roma il 28 giugno del 1958 e abitante a Setteville di Guidonia, in via Fusinati 5 al terzo piano, interno 12. Sì accertava che il giovane in passato aveva fatto il cascherino e l’aiuto carrozziere e che a suo carico risultavano piccoli reati contro il patrimonio.
Interrogato, il Pelosi dichiarava in un primo momento che l’auto gli era stata data in prestito da un amico, poi cambiava versione, dicendo di averla rubata al Tiburtino. Confessava quindi di essere privo di patente e rivelava di aver perduto sulla macchina, con tutta probabilità, un anello d’oro con pietra rossa. Ad un tratto si metteva a piangere, gridando: «Mamma perdoname, so un ladro!». Mentre i carabinieri lo interrogavano, si accorgevano che egli aveva il viso sporco e che c’era del sangue raggrumato in un punto della testa, poco sopra la fronte.
«Ho frenato di colpo - spiegava il Pelosi- e ho sbattuto la testa contro il parabrezza. Non ero pratico della macchina. È stato un incidente». Denunciato per furto, il giovane che indossava sui pantaloni un maglioncino e un giubbetto «a vento» e calzava scarpe con tacco alto, veniva trasferito a «Casal del Marmo», l’istituto di rieducazione per minorenni che da qualche anno sostituisce il carcere minorile di Porta Portese.
Dopo la identificazione ad opera di Ninetto Davoli e, il rinvenimento dell’anello che lo stesso Pelosi aveva detto di avere smarrito (ritrovato accanto al cadavere di Pasolini) appariva fin troppo chiaro ciò che era in realtà accaduto. Infatti, nella tarda mattinata, si recavano a Casal del Marmo, il Sostituto Rrocuratore della Repubblica dottor Tranfo, con il Capo della Squadra Mobile dottor Masone e il colonnello Vitali, comandante del Nucleo Investigativo dei Carabinieri. Alla loro vista, il Pelosi si mostrava non poco meravigliato. «Tutta questa gente per un furto d’auto» commentava, ma quando gli veniva spiegato il motivo di quella visita, scoppiava in un pianto dirotto e rispondeva alle prime domande che gli venivano rivolte. L’interrogatorio si protraeva dalle 11,30 alle 15,30. Alle 18, poi, dopo la confessione, Giuseppe Pelosi veniva trasferito nel carcere di Regina Coeli. E ciò, in quanto a Casal del Marmo» non esistono celle di isolamento