Anais Ginori, D - la Repubblica 5/7/2014, 5 luglio 2014
MONTECARLO BOLLENTE
Nell’immensa hall in marmo rosa dell’Hôtel de Paris, prima di entrare nel Casinò i visitatori accarezzano lo zoccolo di un cavallo di bronzo. Il piccolo rito davanti alla statua equestre di Luigi XIV dovrebbe portare fortuna, anche se in oltre 150 anni il destino ha sorriso soprattutto alla Société des bains de Mer, cassaforte dei Grimaldi fondata alla fine dell’800, proprietaria dell’Hôtel de Paris, del Casinò e di tanti resort e locali. Ma i tempi cambiano e se nel 1887 i ricavi del gioco d’azzardo costituivano oltre il 95% del bilancio dello Stato di Monte Carlo, oggi sono meno del 5%. «L’unico che vince sempre alla roulette è il Principe», dice un adagio monegasco. Il tavolo da gioco è diventato a grandezza naturale, su una superficie di poco più di due chilometri quadrati. Al posto delle fiche, i mattoni: non si scommette su rosso o nero ma su strade e palazzi. Dietro alle paillette e al glamour d’un regno da operetta tutto ruota intorno alla febbre immobiliare. Un pugno di nomi e famiglie si dividono Montecarlo come in un Monopoli.
Due mesi fa, l’omicidio di Hélène Pastor, a capo di uno storico clan del Principato (oggi sono accusati del delitto la figlia e il genero) ha poi riacceso i riflettori sulle faide che da oltre un secolo accompagnano gli affari miliardari sotto alla Rocca. Un brivido inaspettato. «Siamo finiti dalla cronaca rosa a quella nera». Sandrine alza le spalle mentre versa un bicchiere di pastis. La padrona del bar Zinc, nel vecchio quartiere Condamine, è incredula. Nell’ovattata vita dei monegaschi l’unico sussulto di paura era di solito provocato dalle chicane, le curve del circuito di Formula Uno. Ma in quest’anno maledetto neppure il Gran Premio è andato bene come gli altri anni. Gli alberghi, in cui si pagano fino a 25mila euro per una stanza, non hanno fatto il pienone come al solito. La crisi in Ucraina e le tensioni con l’Europa hanno spaventato alcuni dei tradizionali clienti russi. E, come se non bastasse, l’oligarca Dmitry Rybolovlev, nuovo uomo forte del Principato, è stato condannato a pagare 3 miliardi di euro all’ex moglie. Il patron dell’As Monaco dovrà dare metà del suo patrimonio a Madame Rybolovleva per il “divorzio del secolo”.
Monaco-Ville. È così che i monegaschi chiamano il dedalo di viuzze, case rosa e ocra in cima alla Rocca, la parte più vecchia e operosa della città in cui s’incrociano turisti ma anche impiegati del Palazzo Reale, del ministero di Stato (il governo) e del comune perché la monarchia costituzionale nella sua smania di apparire democratica ha previsto l’elezione di un sindaco e persino di un Consiglio Nazionale con 24 deputati che possono dibattere per ore sul nuovo marchio dello Yachting Club ma non decidere quasi nulla. Monaco-Ville è un minuscolo villaggio di provincia che di notte si spegne. Montecarlo è invece la parte più frivola e nottambula, la vetrina del Principato a ridosso del mare, il micro-feudo della potentissima Société des bains de mer. Alla fine del 1800 questo era un porticciolo su un lembo di terra arida e inospitale. «Non si può seminare niente sulla Rocca, ma bisogna pur viverci», è un altro proverbio di “Montu Carlu”, chiamata così in dialetto dai sudditi in onore di Carlo III, il sovrano che ha dato al regno le prime infrastrutture: non solo il Casinò, ma anche la ferrovia e la strada che collega Monaco a Nizza. Dopo Carlo III, il Principato rallenta i sogni di grandezza. Alberto I preferisce fare l’esploratore oceanografico, Louis II è un provetto militare.
Nel 1949, appena incoronato, è Ranieri III a capire come rendere davvero fertile la Rocca. Il gioco d’azzardo, l’Opéra, gli alberghi di lusso per l’aristocrazia europea? Sono bazzecole rispetto a quello che lui progetta con l’operosità di cui i monegaschi vanno fieri. I sudditi lo chiamano “Le Patron”, come un vero capo d’impresa. In mezzo secolo, Ranieri riesce ad attrarre miliardari da ogni parte del mondo con la triade fisco e banche, sicurezza, pubblicità.
La promozione arriva gratis, tra amori e drammi della famiglia reale. Dal “matrimonio del secolo” nel 1955 tra Ranieri e Grace Kelly, primo gigantesco spot finito in tragedia con la morte della principessa nel 1982, si continua con la ribellione di Stéphanie, la vedovanza di Caroline nel ’90 dopo l’incidente nautico di Stefano Casiraghi, i pettegolezzi e misteri sullo scapolo Alberto. E sono pronti i nuovi protagonisti: la principessa Charlène Wittstock è incinta, forse di gemelli, Charlotte Casiraghi è neomamma e sposa felice del popolare comico Gad Elmaleh.
La sicurezza è l’altro pilastro del Principato. Ranieri ha capito che per ospitare patrimoni non bastano banche e vantaggi fiscali ma anche un ambiente protetto, con animazioni continue. Le mondanità qui non smettono mai, dal ballo della Rosa a quello della Croce Rossa, dalle gare di Formula Uno all’Open di tennis e di golf. Montecarlo è una delle città più sorvegliate del mondo: un agente ogni 50 abitanti, tra guardie private e poliziotti. I reati più diffusi sono invisibili, senza clamore, attraverso società anonime, prestanome, scatole cinesi. Una camera di compensazione dell’élite finanziaria mondiale, ma anche di traffici. L’omertà è l’unico bene condiviso da tutti.
Anche il nuovo scandalo interno alla famiglia Pastor è stato accolto dalla massima discrezione. Tra i Pastor e i Grimaldi c’è uno storico intreccio di affari. Il clan ligure emigrato alla fine dell’800 ha edificato Montecarlo. Jean-Baptiste ha costruito il primo stadio della città, il Louis II, in cui ancora gioca l’As Monaco. Negli anni 50, Gildo, padre di Hélène, si lancia in una nuova febbre immobiliare. Compra terreni paludosi nel quartiere Larvotto. Li bonifica e ci costruisce i primi grattacieli vista mare. E quando Ranieri decide di interrare la ferrovia si affida a Gildo. In cambio l’imprenditore riceve gran parte delle case affacciate sull’avenue Princesse-Grace. In pochi decenni la famiglia Pastor diventa proprietaria di un quarto del parco immobiliare di Montecarlo: circa 500mila mq. Con prezzo medio di 40mila euro al mq (in alcuni punti si sfiorano i 100mila) il patrimonio Pastor è stimato in 20 miliardi. In confronto, malignano alcuni monegaschi, i Grimaldi sono poveri.
Hélène Pastor apparteneva all’élite locale che evita di apparire. Montecarlo è uno strano mix di estrema raffinatezza, come il mitico Bar Américain dell’Hôtel de Paris, e di pacchiana esibizione di nouveaux riches. Chiara Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, estradata qualche settimana fa, abitava nella via dove ha la residenza il cognato di Gianfranco Fini. Su 35mila residenti, oltre 7mila sono italiani.
Tra le poltrone del coiffeur Eric Zémmour, uno dei più famosi della città, Nathalie, monegasca da tre generazioni, è ottimista: «Agli scandali siamo abituati, passerà». Il Principato ha rischiato di scomparire una prima volta nel 1861, quando Napoleone impose a Carlo III di rinunciare a Roquebrune e Mentone. Cent’anni dopo, nel 1962, il regno è stato di nuovo minacciato nel suo equilibrio finanziario da Charles De Gaulle, che ha abolito le esenzioni fiscali per i cittadini francesi. Una crisi che il regista Olivier Dayan ha raccontato nel film Grace. Il presidente francese aveva allora ironizzato: «Per bloccare il Principato basta mettere un cartello di senso vietato a Mentone e un altro a Cap d’Ail». La dimensione geografica non ha fermato gli affari dei Grimaldi, di cui Alberto, 56 anni, è esponente meno glam del padre ma altrettanto determinato. Alla morte di Ranieri, nel 2005, ha promesso di moralizzare il Principato, firmando collaborazioni con una trentina di Paesi per ripulire la reputazione di “paradiso fiscale”. D’altra parte, si è concentrato sullo sviluppo immobiliare, con i Pastor ma anche con un altro clan ligure, i Marzocco, scappati a Montecarlo nel 1988 dopo che il patriarca Claudio era stato sequestrato a San Remo dalla ‘ndrangheta. Le due famiglie rivali hanno fatto un matrimonio pacificatore nel 2012, tra Valentina Marzocco e Jean-Baptiste Pastor. Ora le due imprese gestiscono insieme molti cantieri.
Nella skyline della città, la Tour Odéon è quasi pronta. Sarà il grattacielo più alto, nuovo simbolo della piccola Manhattan sulla Riviera immaginata da Ranieri. Il cantiere della Tour Odéon è stato affidato ai Marzocco che guideranno anche il progetto di espansione sul mare: sei ettari davanti a Larvotto, là dove cominciò l’epopea dei Pastor, coinvolti nel nuovo appalto. Tra qualche mese ci sarà un baby-reale e un nuovo totem di vetro e cemento al dio della ricchezza. Mattone dopo mattone, la favola deve continuare.