Virginia della Sala, il Fatto Quotidiano 9/7/2014, 9 luglio 2014
PUBBLICITÀ PIRATA: CHE BUSINESS GLI SPOT NEI SITI DI FILM ILLEGALI
Si chiama Cineblog01.net ed è uno dei siti pirata italiani per guardare e scaricare film e telefilm. Su Mu stat.com , un portale che fornisce le caratteristiche dei domini, si scopre che in un solo anno di vita Cineblog01 avrebbe incassato circa 312.000 euro, 26.000 euro al mese, grazie alle pubblicità. Ha 250 mila visitatori al giorno, 91 milioni all’anno. Ogni volta che ci si collega, si cerca il video, si sceglie se scaricarlo sul proprio computer oppure guardarlo in rete e si preme play, si aprono almeno tre pagine pubblicitarie. Fastidiose per chi vuole guardare i film ma pagate a peso d’oro ai gestori per la frequenza con cui risultano cliccate. Secondo lo studio statunitense Medialink, il fatturato di un campione di 596 siti americani è pari a circa 167 milioni di euro all’anno. A livello mondiale, i siti più grandi realizzano circa 2 milioni di euro all’anno, i più piccoli non meno di 73.000 euro.
BASTANO SOLTANTO 30 CENTESIMI
Secondo la Guardia di Finanza, queste piattaforme generano tanto traffico che anche con soli 30 centesimi per ogni clic su una pubblicità o un banner, si raggiungono cifre enormi. Cineblog01 è un intermediario, mostra solo i collegamenti a piattaforme più grandi che contengono i file, ma è comunque nella lista dei 46 siti oscurati a marzo in Italia dalla Finanza nel corso dell’operazione Publifilm per violazione di copyright. Oggi, come tutti gli altri coinvolti, risulta ancora attivo e visibile e affaccia le ultime novità cinematografiche italiane e internazionali. E tante pubblicità. C’è chi si occupa del reperimento della copia illecita mixando il video proveniente dall’estero con l’audio registrato illegalmente durante le proiezioni nelle sale cinematografiche, chi si occupa di diffonderlo sul web e nei vari circuiti, chi si occupa della realizzazione di quei siti che facilitano agli utenti il reperimento e l’indicizzazione del contenuto illecito, chi si interessa del marketing. “Dietro i siti e le piattaforme pirata si nascondono criminali – spiega Federico Bagnoli Rossi, segretario generale Fapav (Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali) - una filiera alternativa di distribuzione del contenuto pirata”.
“DIFFONDO VIDEO, MA NON PER SOLDI”
Grazie agli strumenti del web, riescono a nascondersi e a vivere di questa attività. Non si procurano da soli il materiale. Non registrano materialmente i film nelle sale cinematografiche, magari accordandosi con gli operatori, o che collegano il computer ai canali tv esteri per rubare le serie in prima visione. “Paghiamo un euro per ogni post con un film o un episodio di una serie tv inserito nel sito – spiega Papystreaming.tv, 247.000 euro di guadagni all’anno per 72 milioni di visitatori - e 5 euro per chi diffonde il link al nostro sito”. La lista dei siti pirata italiani va oltre quelli bloccati dalla Finanza. Navigando se ne possono contare centinaia. Proviamo a tracciare la provenienza di www.pirate streaming.it , “Il vero streaming italiano”. Cercando di risalire al proprietario del dominio, si scopre che ha nascosto le informazioni di contatto attraverso un servizio online di privacy a pagamento. Gli indicatori della “posizione fisica” del sito mostrano diverse localizzazioni, dalla Moldavia alla Francia, da New York a Londra. Nessuna è autentica e cambiano in continuazione grazie all’utilizzo di semplici programmi informatici.
Lungo questa filiera pirata, incontriamo Alberto. È un releaser, uno degli utenti che immettono in rete i file pirata di film e telefilm subito dopo la loro trasmissione. Nei suoi archivi ci sono 8.645 video, tra film, serie, anime e cartoon. Registra i telefilm dai canali satellitari e poi condivide sui forum di scambio libero dove gli utenti mettono a disposizione i propri file. “Una volta, un sito mi ha chiesto di caricare sui loro server i miei file – racconta Alberto – promettendomi versamenti sulla carta di credito. Ho declinato perché ciò che faccio segue un principio di libero scambio su Internet, di libero accesso ai contenuti per tutti senza dover aspettare anni per veder in Italia un film o una serie tv americana o dover comprare un abbonamento alla pay tv”.
Però c’è chi lucra sulle “release” fatte con intenti democratici. “Una volta immesso un file in rete, è difficile controllarne la diffusione. Lo stesso sito che mi aveva chiesto le anteprime probabilmente le prende altrove senza neanche pagarle e le diffonde guadagnando con tantissime pubblicità”, dice Alberto.
Stefano ha 26 anni, il suo nickname è Williamlolle. Ha una laurea specialistica in filologia moderna e la passione per le serie tv. Lo contattiamo in un pomeriggio di maggio. Fuori c’è il sole ma lui è nella sua camera, davanti al computer. Si scusa: “Non risponderò istantaneamente perché sto lavorando su una puntata: la decima della seconda stagione di Da Vinci’s Demons, lo segui?”. Da anni Stefano si dedica alla traduzione e all’apposizione di sottotitoli di film e serie tv per il sito Italiansubs.net . “Una comunità di 300 utenti con la passione per i telefilm o i film in lingua originale nata nel 2006 – spiega Stefano - Abbiamo tradotto una quantità sconfinata di girato, principalmente prodotti britannici e americani. Sono un divoratore di telefilm e amo tradurre”. I siti di sottotitoli ammettono traduttori solo dopo un esame di lingua e di conoscenza di film e telefilm. Si deve inviare una mail chiedendo di fare il test e aspettare esito e correzioni . “Si viene sottoposti a una prova con una porzione di girato. L’ho ripetuta due volte: la prima sono stato bocciato”, racconta Stefano.
Ci sono i traduttori, i revisori, i sincronizzatori audio-video, gli utenti che coordinano le varie fasi e che stabiliscono le scadenze. “Per ogni episodio si creano team coordinati da un revisore - dice Stefano - che organizza la traduzione, unisce le parti tradotte, le uniforma. Poi ricontrolla grammatica, forma e ortografia. Infine, verifica la sincronizzazione”. Una catena produttiva virtuale in cui nessuno dei collaboratori è pagato. “Lo facciamo per passione – continua Stefano - i video li prendiamo da fonti esterne, soprattutto Torrent e server americani, e quello che facciamo è assolutamente gratuito. Forniamo i file di testo da applicare al lettore video, non la puntata in sé e il sito si regge esclusivamente sulle donazioni”.
MULTE CHE PESANO PER POCHI SPICCIOLI
“La vera azione di contrasto alla pirateria online sarebbe colpire il guadagno e applicare il cosiddetto Follow the money – spiega Gennaro Vecchione, comandante delle Unità speciali della Guardia di Finanza - bloccare il flusso economico che arriva ai siti e risalire, attraverso i pagamenti per le pubblicità, all’origine della pirateria”. I siti che mettono illecitamente a disposizione del pubblico contenuti coperti da copyright violano la Legge Autore “per la quale – continua Vecchione - è prevista la reclusione da uno a quattro anni e una multa che va da 2.500 a 15.000 euro. La distinzione principale è il fine di lucro. Se i siti pubblicano materiale pirata ma senza guadagnarci, resta la natura penale ma la sanzione è solo pecuniaria. Lo stesso vale per i siti intermediari: quei siti che contengono i collegamenti necessari a raggiungere contenuti pirata non sono legali. Si tratta di concorso nel reato”.
Negli ultimi mesi, la Finanza ha identificato almeno 40 marchi pubblicizzati su siti pirata . “Quasi sempre le aziende non erano al corrente di questa pratica perché tutto passava attraverso le agenzie pubblicitarie a cui affidavano la gestione dell’area marketing”, spiega Vecchione. “Intanto procediamo con la fase istruttoria, continuiamo i nostri monitoraggi e quando avremo concluso con le agenzie pubblicitarie sottoporremo tutto all’autorità giudiziaria per capire se esistono i termini penali”. Gli spot pirata di aziende nazionali e internazionali arrivano sui siti tramite le agenzie di raccolta pubblicitaria: acquistano gli spazi su grandi piazze online e aste telematiche che si concludono in qualche secondo. Non sempre, quindi, l’agenzia riesce a controllare la legalità delle piattaforme.
GLI SPOT ALL’INSAPUTA DELLE AZIENDE
“Negare di aver vissuto questo genere di esperienze - racconta Gian Mario Infelici, titolare dell’agenzia di pubblicità online A.D. Spray - sarebbe impossibile. Ci è capitato di vedere le campagne di alcuni nostri clienti su siti web con contenuti pirata. Per fortuna siamo in grado di ricevere allarmi interattivi nel caso in cui messaggi dei nostri clienti finiscono in siti con contenuti illegali”.
Il fatto che una agenzia pubblicitaria sia o meno consapevole della destinazione della pubblicità va accertato caso per caso: “Noi dobbiamo presumere che chi opera sul mercato lo faccia in buona fede–chiarisce Federico Bagnoli Rossi, Segretario Generale Fapav - nel caso in cui siano consapevoli della destinazione dei messaggi pubblicitari sui siti illegali, i gestori delle concessionarie rischiano le stesse sanzioni dei soggetti che amministrano i siti web, per concorso nel reato”. Proprio la Fapav ha siglato, il 12 maggio, un Protocollo d’Intesa con Iab Italia, associazione per la comunicazione digitale, per collaborare al contrasto delle inserzioni sulle piattaforme illegali e creare una piattaforma che raccolga le segnalazioni dei soggetti coinvolti. Tra i firmatari, anche Google.
Virginia della Sala, il Fatto Quotidiano 9/7/2014