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 2014  luglio 09 Mercoledì calendario

L’UNITÀ FRA UN MESE FALLISCE “RENZI, ADESSO SALVACI TU”

La crisi aziendale si è trasformata in un conto alla rovescia: “Se entro fine mese non arriva un’offerta seria per rilevare il giornale, i liquidatori rimetteranno il mandato e l’Unità fallirà”. La notizia – già circolata nelle scorse settimane – è stata confermata ieri da Bianca Di Giovanni e dagli altri membri del comitato di redazione del quotidiano. La sede romana ha aperto le porte agli altri giornali, ai simpatizzanti, agli amici. È l’ennesimo tentativo di attirare l’attenzione su una situazione che appare compromessa. In questi mesi ne sono stati fatti tanti: lo sciopero delle firme (durato due mesi), cinque giornate di sciopero vero e proprio, l’hashtag (#iostoconlunita) e, ieri mattina, anche un appello video rivolto “ai due Mattei –, come spiegato in apertura dall’art director Loredana Toppi, – l’editore Fago e il premier Renzi”.
A pochi mesi dal novantesimo compleanno del giornale fondato da Antonio Gramsci, cinquantasette giornalisti e 15 poligrafici rischiano di perdere il posto di lavoro. I conti del giornale sono in rosso profondo: gli ultimi dati ufficiali risalgono al 2012, quando tra perdite e debiti il passivo era di 30 milioni di euro. E il buco, una volta che sarà approvato il bilancio del 2013, dovrebbe aggravarsi. C’è chi prova a tirare fuori numeri confortanti: “A 26 mila copie raggiungiamo la parità di bilancio. Grazie agli inserti, negli ultimi mesi, siamo riusciti ad attestarci a quota 23 mila”. Il debito accumulato però pesa come un macigno sul futuro.
Lo scenario attuale ricorda quanto accaduto quattordici anni fa, quando un’altra grande crisi investì l’Unità (anche allora il partito di riferimento, i Ds, erano al governo). “Stessa situazione drammatica e stesso mese, luglio”, spiega Di Giovanni. Allora la crisi, che comportò lo stop alle pubblicazioni per cinque mesi, si risolse a gennaio, quando il quotidiano tornò in edicola con una buona risposta dei lettori. Ma ora “le casse sono quasi vuote”. Gli sforzi fatti per rimettere in piedi il giornale sono stati affossati da una gestione che il cdr definisce “scellerata”: la penuria di investimenti, lo stop alla distribuzione nelle isole e in Calabria e una gestione opaca della crisi (“Abbiamo appreso dei cambi di proprietà dagli altri giornali”). Sul banco degli imputati, più degli attuali proprietari, c’è Renato Soru, dal 2008 azionista quasi unico. L’Unità doveva essere il trampolino da cui spiccare il volo verso la segreteria nazionale, invece un anno dopo perse le elezioni Regionali in Sardegna e la sua carriera politica ad alto livello – e conseguentemente il suo interesse per l’editoria – finì lì.
Il rischio è che, quando e se qualcuno si farà avanti per rilevare i resti del giornale, lo faccia solo per acquisire il brand, e sfrutti l’eventuale fallimento per alleggerire oltremodo la redazione: “Sarebbe uno speculatore, non un salvatore”, attacca il cdr.
Già, il brand. Venti giorni fa, Renzi ha deciso di tornare all’antico: gli appuntamenti estivi del Pd tornano a chiamarsi Feste dell’Unità. “Un paradosso, se prima farà la festa all’Unità”, è il commento dei giornalisti. E proprio il premier, assieme a tutto il Partito democratico, è stato il vero convitato di pietra dell’incontro di ieri mattina. Erano stati invitati in tanti, a partire dal sottosegretario all’editoria Luca Lotti. Non si è presentato nessuno “a causa di un voto in Parlamento”, era la giustificazione un po’ imbarazzata che circolava tra i redattori. In un giorno così importante dal partito sono arrivati solo sms. In tanti hanno ringraziato Renzi per “le belle parole”, un modo per sottolineare che non stanno seguendo impegni concreti. Una speranza si è riaccesa nel pomeriggio, quando è intervenuto il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi: “Non rimaniamo indifferenti. Il Pd intende continuare ad impegnarsi con forza al fine di individuare un percorso condiviso da tutti che consenta di giungere ad una soluzione positiva”. Un impegno un po’ vago, cui però il cdr del giornale prova ad aggrapparsi: “Speriamo queste parole siano il preludio alla ricerca di un imprenditore vicino al Partito democratico”. Tutt’altra reazione è stata riservata alla notizia dell’interessamento all’acquisto della testata di Daniela Santanché. “È vero, un contatto c’è stato”, ammette il cdr, che però in un nota rimanda al mittente l’offerta: “Si tratta di un’ipotesi che non avrà alcun futuro. La sola idea che questa testata possa andare a finire nelle mani di una esponente di Forza Italia è incompatibile con la storia del giornale e quindi con la sua valorizzazione”. Al telefono, un membro del cdr rincara la dose: “Santanché sta solo cercando un modo per farsi pubblicità. Abbiamo risposto in tre righe, perché questa roba di più non merita”.
C’è anche chi punta il dito contro “il partner politico principale”, cioé il Pd. Beppe Sebaste, firma storica del giornale denuncia “i veri affossatori del giornale, quelli che dalla direzione di Furio Colombo in poi hanno fatto stalking politico” al giornale. Cioè gli stessi che, ieri mattina, non si sono fatti vedere.
Alessio Schiesari, il Fatto Quotidiano 9/7/2014