Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 09 Mercoledì calendario

CINQUE ANNI FA PRENDEVANO 120 MILA $ MENSILI PER 80 ORE SETTIMANALI. OGGI 90 MILA PER 100 ORE. RESTANO GLI SCHIAVI MEGLIO PAGATI NELLA STORIA

Fra i tanti obiettivi che mi ero dato nel viaggio a New York ve ne era uno che si è rivelato fallimentare, forse era troppo in anticipo sui tempi, comunque sia non sono riuscito a cogliere i segnali deboli che mi sarebbero stati utili. Si tratta del tema “mommy track” (le diminuite opportunità delle donne sul lavoro ndr). Chi mi legge sa che dedico il mio tempo a immaginare in quale mondo vivranno i miei amati nipotini (tre femmine, un maschio, dai tre ai dieci anni). Da dove partire se non da New York? Dai primi anni ’70, in cui cominciai a frequentarla, lì, trovai il meglio e il peggio dei «comportamenti organizzativi» degli americani, che anni dopo sarebbero stati quelli degli europei. Sono invece incapace di capire cosa succederà in Oriente, specie cosa succederà nel futuro Califfato del Levante (tuttavia, mi guardo bene dal fare battute idiote su un aspetto politicamente molto serio, limitandomi a dire: lunga vita a Putin e al Sisi).
Il mio amore per la cultura americana è anche figlio di un libro (Allan Bloom, “La chiusura della mente americana”, prefazione di Saul Bellow) che tengo sempre a portata di mano, per ripassarmi fatti e misfatti del sistema educativo occidentale, quello che ci ha rovinato. Sono passati 27 anni dall’uscita del libro, e le sue tesi, combattute dalla Sinistra e dai liberal, si sono rivelate profetiche: ciò che nel 1987 Allen Bloom osservava, disgustato, nei suoi studenti post-sessantottini, anni dopo lo ritrovò negli insegnanti, e oggi noi lo ritroviamo nelle élite, nei politici, nei supermanager. La crisi profonda che lui percepiva, dietro un’apparenza di liberazione e di creatività, ha scardinato il sistema, senza proporne uno alternativo, ma nascondendosi dietro il relativismo, e un malinteso senso dell’uguaglianza (il multiculturalismo).
Nel ’93 a NY comprai “Liar’s Poker” un ironico libro di Michael Lewis uscito tre anni prima: ripercorreva la sua esperienza come giovane banchiere d’affari alla Salomon, raccontando l’atmosfera del “trading floor” quando era di moda il frazionamento dei mutui. Ciò che successe vent’anni dopo (la Grande Crisi), collocò il libro (nel frattempo Lewis era diventato giornalista e scrittore) fra i testi sacri della finanza, non quella raccontata dai tronfi e inutili Nobel dell’Economia, ma quella praticata. Ho osservato questo mondo via via mutare. Negli ultimi anni, quei pochi amici che ho nei livelli mediani di queste banche, mi hanno trasferito lo stato di profonda crisi delle nuove leve. Detto in termini brutali, costoro hanno “paura”, una parola che non esiste (non deve esistere) nel vocabolario di Wall Street, e in ogni caso ha lo stesso significato di “infame” nel mondo mafioso.
Infatti, i giovani futuri banchieri d’affari sono sopraffatti dalle informazioni, figlie delle nuove tecnologie, capiscono che la loro preparazione universitaria è carente (dei loro padri Lewis scrisse “usciti dall’università si accorsero di non sapere nulla di utile su nulla”), semplicemente ogni giorno arrivano nei loro “cubicoli recintati in plexigas” pieni di paura. La crisi, mentre ha aumentato i compensi dei loro boss, ha ridotto i loro: 5 anni fa guadagnavano 120 mila dollari mensili per 80 ore settimanali, ora ne prendono 90 mila per 100 ore. Certo, restano gli schiavi meglio pagati nella storia dell’umanità, ma è una mercede miserabile rispetto a ciò che i boss, novelli negrieri, chiedono loro in cambio.
A me interessava capire cosa avrebbe significato l’ingresso in forza delle donne in un mondo dominato dalla «cultura del testosterone» (i mitici meeting con i clienti negli strip club, le strisce di coca in comunione, le molestie sessuali, la “frat culture”), soprattutto indagare il “mommy track”, il punto in cui la banchiera d’affari donna deve decidere se avere un figlio o no. Un tema dirimente, che impone una scelta di vita drammatica, tenuto conto che un impegno lavorativo di oltre 100 ore settimanali (con “connessione” continua) rende praticamente impossibile persino una relazione sentimentale, specie con uno esterno all’ufficio. Soprattutto non può non frantumare qualsiasi amicizia, qualsiasi amore, qualsiasi rapporto familiare, forse pure la salute (Bloomberg Magazine ha fatto un’inchiesta sulle morti di giovani banchieri d’affari di JP Morgan).
Che tristezza, quando il sesso si fa transazione finanziaria, quando si arriva a scrivere «Wall Street uccide i suoi giovani banchieri», che mondo è quello nel quale quando vai in vacanza ti controllano il computer, e se potessero lo farebbero pure per l’utero? Il prossimo anno mi concentrerò, spero con maggior successo, sul “mommy track”, ammesso, e non concesso, che nel frattempo non scoppi la nuova bolla. Lo prevedono gli avversari di Janet Yellen (capa della Federal Reserve), adepta della “Modern Monetary Theory” (in italiano, lo banalizziamo in “stampare moneta”). Attendo sereno.
Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 9/7/2014