Lanfranco Vaccari, SportWeek 5/7/2014, 5 luglio 2014
LA NBA COME MISSIONE DI JABARI IL MORMONE
Nel 2010 Thomas S. Monson, il presidente della Chiesa di Gesù Cristo dei santi dell’ultimo giorno, ha definito il servizio missionario come "«un dovere sacerdotale – un obbligo che il Signore si aspetta da chi, come noi, ha ricevuto così tanto». In genere, i Mormoni lo assolvono al compimento del diciannovesimo anno di età: partono e non tornano a casa per due anni, durante i quali non è permesso loro avere un lavoro, frequentare l’università o perseguire altri interessi personali. Non è una regola ferrea. Nessuno dei tre atleti di maggior successo nella storia recente della confessione è andato in missione: non Danny Ainge (tre anelli Nba con Boston, due come giocatore e uno da dirigente), non Johnny Miller (25 vittorie sul Pga, tra cui Us Open e British Open), non Steve Young (tre Super Bowl vinti con San Francisco). E quest’anno non è partito neppure Jabari Parker, che ha il potenziale per aggiungersi a questa lista: al liceo era considerato il miglior talento dai tempi di LeBronJames e al draft Milwaukee lo ha preso come n° 2.
Parker ha optato per la Nba dopo averci pensato su gli ultimi due anni. Intanto che giocava a basket, prima alla Simeon High School di Chicago (la stessa da dove sono usciti Derrick Rose e Anthony Davis) e poi a Duke. Intanto che si alzava tre volte alla settimana prima dell’alba per le preghiere, che dedicava le domeniche mattina al sacerdozio (i Mormoni diventano preti a 16 anni) e che accompagnava il suo vescovo nelle visite a malati, poveri e anziani, una pratica concepita per insegnare ai ragazzi l’importanza del servizio e del sacrificio. «Ho parlato con la mia famiglia, con i capi della chiesa locale e con un paio di amici intimi», ha detto. «E, dopo la scelta, sono in pace con me stesso. Non mi considero un’eccezione. A questo punto della mia vita, so che è la decisione giusta».
Il capo delle attività missionarie dei Mormoni, David F. Evans, ha approvato. La Chiesa considera la testimonianza degli sportivi di altissimo livello il secondo strumento missionario dopo il programma in senso stretto. Miller ha ricordato che, grazie alla sua popolarità, i missionari in Giappone si facevano aprire le porte delle case mostrando la sua fotografìa. Ainge, che è stato anche vescovo (una carica della durata di sette anni), ripete spesso quello che gli disse un membro del Quorum dei Dodici Apostoli, l’organo di governo della Chiesa: «Tutti si devono preparare alla missione, ma la missione non è per tutti».
E comunque non è necessario farla a 19 anni. Almeno duemila coppie di pensionati sono missionari a tempo pieno. Come è scritto nell’Ecclesiaste, «per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo». Per Parker, adesso, c’è il basket. Vissuto nel modo unico di un ragazzo che, nello zainetto, assieme all’iPod porta il Libro di Mormori, considerato dai cristiani dell’ultimo giorno un libro rivelato. Che s’è impegnato a seguire il consiglio de] padre: «Cerca solo di essere al buio la stessa persona che sei alla luce». E che, nonostante le enormi aspettative che lo circondano, dà l’idea di avere i piedi ben piantati per terra: «II basket è quello che faccio, non quello che sono».