Fulvia Caprara, La Stampa 7/7/2014, 7 luglio 2014
ZINGARETTI: IO, AVVOCATO VILE TRA I GRATTACIELI DI NAPOLI
L’Italia di oggi nelle «vite al limite» di un avvocato alla prova del fuoco e di un giovane criminale ancora in tempo per poter scegliere un destino diverso. Protagonisti di Perez, regia del 35enne napoletano Edoardo De Angelis, due beniamini del pubblico, da una parte Luca Zingaretti, campione di intelligente legalità grazie al Commissario Montalbano di Camilleri, dall’altra Marco D’Amore, eroe nero nella serie-fenomeno Gomorra. Al centro la ragazza contesa (Simona Tabasco), figlia di Zingaretti e amante di D’Amore, e sullo sfondo la Napoli incongrua del Centro Direzionale, un’ isola di grattacieli, vetro e cemento paracadutata nel cuore pulsante di una città che l’ha sempre vissuta come corpo estraneo: «Una promessa mancata - dice il regista - un po’ come l’esistenza di Perez». Ospite applauditissimo, insieme al suo partner, delle Giornate di Cinè, Zingaretti spiega di essersi entusiasmato fin dalla prima lettura del copione: «Nella storia c’è la metafora del mondo in cui viviamo, dal punto di vista psicologico e sociale. Del mio personaggio mi ha affascinato la vicenda umana e professionale». L’avvocato Perez è infatti «un uomo che ha smesso di decidere, uno che si lascia andare, uno che cade, ma poi sa anche rialzarsi».
L’evento inatteso che provoca lo scatto d’orgoglio riguarda la figlia, travolta da bruciante passione per un ragazzo sbagliato: «Vedendola in pericolo, Perez è obbligato a rimettere i piedi per terra ». Lo «slancio vitale» finirà per proiettarlo in una spirale pericolosa, quella dove regnano le leggi del crimine organizzato: «Sulle prime - svela D’Amore - ho avuto paura di interpretare il ruolo di Perez. Temevo di rappresentare una biografia analoga a quella proposta in Gomorra. Poi ho capito che qui è tutto diverso, il mio personaggio prova ad amare, deve compiere una scelta e lo farà in nome di un sentimento, anche se ha sulle spalle il peso di un passato difficile. Per questo lo spettatore rimarrà con molti dubbi». Zingaretti è più esplicito: «Al pubblico resterà la sensazione che forse questo ragazzo non è poi tanto cattivo com’era apparso all’inizio». D’Amore sta vivendo il suo momento magico: «Quando il successo arriva così presto, quando ti coglie che sei ancora troppo giovane, è ovvio che possa anche diventare pericoloso. La mia ricetta per non sbagliare è continuare a lavorare sempre con il massimo dell’impegno, pronto alle rinunce, attento ad andare a fondo delle cose che faccio, a discutere, a indagare, a fare notte chiacchierando intorno al senso di una battuta...». Anche in Perez, titolo di punta del listino Medusa, pronto per uscire nel prossimo autunno (ma c’è chi scommette su una possibile partecipazione alla Mostra di Venezia), D’Amore ha lavorato alla sua maniera: «E’ un attore innamorato del mestiere - lo elogia Zingaretti che del film è anche coproduttore -, uno che si prepara sul serio, con forte consapevolezza del proprio percorso, una cosa da grandi interpreti, ma soprattutto da grandi uomini». Gomorra è un’altra cosa: «38 settimane di set - dice D’Amore - e una Bibbia da rispettare, il testo di Saviano, che non può prescindere dalla realtà... Io, comunque, non sono uno che nutre snobismi rispetto agli ambiti, cinema, teatro, tv. Per me contano sempre le avventure e le persone con cui le si affronta. Considero quello che mi è successo finora, l’essermi trovato su un set, come la realizzazione di un sogno, di quelli che si coltivano da bambini».
Regista di Mozzarella stories, De Angelis, che è anche autore della sceneggiatura insieme a Filippo Gravino, fa parte della vivacissima new wave partenopea: «Zingaretti e D’Amore sono interpreti molto diversi che hanno però in comune la disciplina con cui affrontano i ruoli e l’abitudine a porsi molte domande. Il nodo del film riguarda un aspetto che mi ha sempre affascinato, e cioè la convivenza tra dimensione criminale e normalità». Metropoli della contaminazione per eccellenza, Napoli è fonte naturale d’ispirazione: «Mi interessa il tema dell’identità, la conflittualità all’interno della famiglia e dello stesso individuo».
Fulvia Caprara, La Stampa 7/7/2014