Grazia Longo, La Stampa 7/7/2014, 7 luglio 2014
“SVUOTACARCERI, A RISCHIO LA DIFESA SOCIALE”
La speranza è che domani la commissione giustizia alla Camera accolga le richieste di modifica al decreto legge, entrato in vigore lo scorso 28 giugno, sulla riforma della giustizia. Altrimenti niente carcere, ma solo arresti domiciliari, per chi dovrà scontare pene inferiori a tre anni.
Ve lo immaginate un marito accusato di stalking, costretto in casa con la moglie, sua vittima prediletta? Il rischio è quanto mai probabile se non si provvede a distinguere la fase della custodia cautelare da quella che scatta al momento di una condanna. E riguarda in generale reati che hanno come protagonisti persone ritenute socialmente pericolose. Come, appunto, quelli indagati per stalking ma anche per maltrattamenti in famiglia e per rapina aggravata.
Persone che, se non dovessero avere un luogo dove poter essere poste ai domiciliari, dovranno essere rimesse in libertà, sia nei giudizi celebrati in seguito di arresti in flagranza (per direttissima) sia di primo e secondo grado. Basta e avanza per mettere in allarme avvocati e magistrati. «La difesa sociale è a rischio» afferma il presidente dell’Anm (associazione nazionale magistrati), Rodolfo Sabelli. E il segretario generale Maurizio Carbone insiste: «Martedì ribadiremo chiaramente la necessità di non confondere l’esigenza dell’applicazione della misura cautelare, indispensabile quando si temono la reiterazione del reato, l’inquinamento delle prove e il pericolo di fuga, con la possibile pena. La prima non è e non deve assolutamente essere confusa con la condanna definitiva».
Poiché siamo ancora in fase di conversione di legge - entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto - esiste un margine di manovra. «I due piani non vanno sovrapposti, altrimenti si corre il rischio concreto di una scorciatoia legislativa che alla riforme strutturali preferisce norme emergenziali, per fronteggiare il sovraffollamento delle carceri, che espongono il fianco a delle criticità».
Carbone è, comunque, ottimista sull’attenzione al problema da parte del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il quale infatti, nei giorni scorsi, aveva precisato che si tratta «di un intervento con cui il Governo ha corretto una norma già approvata da Camera e Senato che, invece, stabiliva il divieto di qualunque misura cautelare detentiva, sia carcere che arresti in casa, nel caso della previsione di una pena non superiore a tre anni». E ancora: «Un intervento che va nella direzione di garantire una maggior sicurezza dei cittadini e consentirà comunque al Parlamento di intervenire sulla materia con eventuali correzioni».
Se lo augurano anche gli avvocati, in particolare quelli che assistono le vittime di stalking. Come Francesca Zanasi, legale da tempo sensibile al problema, affrontato anche in diversi libri (l’ultimo dall’eloquente titolo «L’odioso reato di stalking»). «Il decreto va rivisto - afferma - perché occorre applicare la legge in maniera più rigorosa possibile. Chi picchia una donna, ne abusa sessualmente, ne condiziona le relazioni sociali, deve essere assolutamente fermato. E spesso la custodia cautelare è l’unico rimedio utile per far finire il tormento». L’avvocato non ha dubbi: «Non possiamo invitare le donne a denunciare gli stalker e poi non proteggerle concretamente».
Grazia Longo, La Stampa 7/7/2014