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 2014  luglio 07 Lunedì calendario

NOMINA CONSOB, LA LEZIONE DI ANNA “PRIMO: RIPRISTINARE LA COLLEGIALITÀ”


Milano
La sua nomina è arrivata assolutamente inaspettata. Persino chi è vicino ai meccanismi decisionali del governo Renzi quel nome non se lo aspettava proprio: altri, qui e là, erano circolati nelle settimane precedenti (sempre donne). Ma non quello di Anna Genovese. Schiva, molto riservata - non a caso è siciliana - quasi cinquanta anni, un bimbo di tre anni e un compagno che lavora in banca (non un banchiere); pochi hobby conosciuti e tutti in ambito culturale, ma senza mondanità: fa avanti e indietro tra Roma (dove vive) e Verona, dove insegna Diritto commerciale all’Università, e dove non l’hanno mai vista alla prima dell’Arena né alle occasione in cui in genere si ritrovano i potentati della città. Quando si è presentata all’Audizione della Camera (dove ha avuto 26 voti a favore e 8 contro, a scrutinio segreto, nel parere consultivo che il Parlamento deve inviare al presidente del Consiglio e poi al presidente della Repubblica, per il decreto formale di nomina) aveva l’aria determinata e tranquilla; senza trucco, con un filo di rossetto chiaro e forse un tocco un po’ da professore. Ha cercato di spiegare perché, pur non venendo dal mercato, possa essere nella condizione giusta per fare il “terzo uomo” alla Consob. Dicendo subito una cosa importante: «Confido molto dalla rafforzata collegialità della commissione, i cui membri diventeranno cinque e sono anche tenuti a prendere alcune decisioni con la maggioranza qualificata di 4/5». Un assaggio di quanto dovrebbe succedere nel prossimo futuro e una critica indiretta a quanto è successo invece finora? Di sicuro non è certo collegiale una struttura costituita da due membri, un presidente e un commissario, dove in caso di disaccordo il presidente vale doppio; del resto anche con tre membri, se uno si astiene l’altro è in disaccordo con Giuseppe Vegas, il parere del presidente prevale per statuto. La travagliatissima vicenda Unipol-Fonsai è lì a dimostrare quanto sia utile una “rafforzata collegialità” per usare le parole di Genovese, ma non è certo l’unico caso. Semmai, il decreto legge del giugno scorso (che ripristina la composizione a 5 membri) rischia di avere buone intenzioni ma anche qualche involontario effetto-boomerang: la norma prevede infatti un cooling off period (un “periodo di raffreddamento”) di quattro anni in cui non si possono prendere incarichi di mercato. In altre parole, sarà un po’ dura trovare altri due commissari che vengano dall’industria della finanza se poi sanno che non potranno a fine mandato - o anche prima, se per una ragione qualsiasi vogliono dimettersi - trovarsi un posto di lavoro analogo per quattro anni. Tra l’altro, la stessa norma vale anche per i dirigenti della Consob a tempo indeterminato (dunque non per il direttore generale Gaetano Caputi) ma non si estende ai dirigenti degli uffici non operativi. E se l’idea è giusta, evitare conflitti di interesse potenziali e possibili vischiosità tra il ruolo di controllore e quello, immediatamente dopo, in una società controllata, un periodo “bianco” di quattro anni rischia di congelare l’assetto della Commissione - anche degli uffici - a prescindere dalla volontà dei singoli. Per quanto riguarda i commissari, il timore è che con questa regola accetterà l’incarico solo chi può mettersi in aspettativa e poi tornare al suo vecchio mestiere, professori universitari in primis. Ed è questo il caso della Genovese (anche se il decreto non è ancora stato convertito in legge). Resta da vedere se la sua competenza giuridica - di cui peraltro la scarnissima commissione abbonda per il momento - si possa rapidamente tradurre in conoscenza del mercato: i compiti della Consob sono certo anche regolamentari, ma soprattutto operativi, di sorveglianza, di verifica della correttezza delle società quotate e di tutela di chi investe. Quest’ultimo aspetto in realtà entra molto nelle sue corde - tra l’altro ha lavorato quattro anni all’Antiturst - e non a caso nella sua audizione ha parlato molto della difesa dell’investitore «acquirente ultimo di prodotti e servizi finanziari», sottolineando la necessità di difendere i «risparmiatori/consumatori» di tali servizi. E quasi rispondendo indirettamente a chi la considera troppo al di fuori dei giri, troppo accademica e troppo poco operativa (e non sono pochi che a mezza bocca lo dicono, anche se altrettanto diffusa è l’impressione di una persona molto preparata e di spessore) la Genovese in audizione ha ricordato che la sua esperienza «di ricerca e di insegnamento » la porta a cercare e «prospettare soluzione operative da una parte fedeli al dettato normativo e dall’altra funzionali alla tutela degli interessi protetti». Altro passaggio non banale, Anna Genovese ha ricordato che niente vale il rischio di “fallimenti di mercato” ed ha più volte sottolineato che l’interesse alla tutela del singolo che investe non è in contrasto con la necessità delle società di reperire capitali e, più in generale, «di promuovere lo sviluppo del mercato mobiliare italiano», peraltro ancora «sottodimensionato». Traducendo, non si cerchino alibi per abbassare la guardia e far passare tutto: la tutela di chi investe è «il presupposto necessario perché il risparmio affluisca massicciamente ai mercati finanziari». E per fare questo occorrono due presupposti: una tutela non formale, senza eccesso di informazioni che non colmano l’asimmetria informava (non basta obbligare le società a dire tutto nelle centinaia di pagine di Prospetto, sembra di capire); parallelamente, occorre una Consob attenta, vigile e indipendente. I tanti scandali finanziari (Genovese nell’audizione cita Northern Rock e Bernie Madoff, ma ben più lungo e italico potrebbe essere l’elenco) richiedono il «rafforzamento dell’autorevolezza e dell’efficacia dell’azione dell’autorità amministrativa che vigila sul settore». Sembra avere idee molto chiare, il futuro commissario Consob. Basterà a sopperire alla mancanza di esperienza sul campo, o alla fine avranno ragione quelli che a botta calda hanno detto: «Genovese chi?». Di sicuro, è difficile ricostruire gli ambienti in cui si muove. Qualcuno ha rintracciato un filo con Umberto Tombari, docente di diritto commerciale all’Università di Firenze e soprattutto titolare insieme a Corsi D’Angelo e Associati di uno degli studi legali più prestigiosi di Firenze; lui sì vicino a Matteo Renzi e peraltro in quello studio ha mosso i primi passi professionali un’altra donna assurta alle cronache, il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. Che, però, a differenza di Genovese è toscana (suo padre è consigliere della Popolare dell’Etruria, la banca che insieme al Montepaschi e agli altri istituti di credito locali ha una partecipazione nella Sici - Sviluppo Imprese Centro Italia - di cui è presidente Tombari dal magio 2013). Di sicuro, Anna Genovese e Tombari (peraltro coetanei) hanno entrambi svolto attività accademiche all’Università di Catanzaro, in un’occasione hanno anche condiviso, a livello di studio legale, un cliente e insieme fanno parte dell’Associazione Orizzonti del diritto commerciale, dove si ritrovano tutti i nomi che contano nel settore, da Renzo Costi a Piergaetano Marchetti, ad un altro ex consigliere Consob, Luca Enriques, a Mario Libertini: lui sì, riconosciuto e ufficialmente considerato maestro e mentore dalla Genovese. Che infatti ha studiato (e mosso i primi passi accademici) all’Università di Catania (dopo essersi laureata in Giurisprudenza) per poi approdare nel 2004 all’Università di Verona, come professore ordinario di Diritto commerciale (mentre all’estero si è mossa tra la London School of Economics e il Max Planck Institut di Amburgo). Un’altra conoscenza accademica - e in alcune circostanze anche professionale - è Andrea Zoppini, a sua volta giurista ed ex sottosegretario alla Giustizia nel governo Monti. Nel disegno, Anna Genovese, docente di Diritto commerciale all’Università di Verona e neo commissario Consob, vista da Dariush Radpour.

Vittoria Puledda, Affari&Finanza – la Repubblica 7/7/2014