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 2014  luglio 06 Domenica calendario

L’ANNO ZERO DEI NEGOZI “PROVANO DA NOI E COMPRANO SUL WEB”


Giovanni è operaio in una fabbrica conciaria. Si rigira tra le mani il tablet in un negozio Unieuro, borbotta qualcosa che assomiglia a “bello, bello, mi piace”. Scatta una foto, chiede al commesso se si può inserire la sim card. Poi lo ripone sullo scaffale ed esce. Non ha guardato altro. “Al momento non posso acquistarlo - spiega - ma quando avrò i soldi lo comprerò su internet”. Ci sono tre dati per tracciare il quadro del commercio italiano, il comportamento di Giovanni li riassume tutti. Si potrebbe partire dal più recente, quello rilevato giovedì dall’Istat, secondo cui nei primi tre mesi dell’anno la spesa delle famiglie per i consumi è aumentata dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e allo stesso periodo del 2013. Non succedeva dal almeno due anni. Si passa poi al dato di Confcommercio, diffuso a fine giugno, che in contro tendenza racconta di 50mila esercizi commerciali che nel primi cinque mesi di quest’anno hanno cessato la loro attività. Al centro di questi numeri, c’è il terzo dato: l’aumento costante del commercio online che coinvolge ogni mese dieci milioni di italiani e che in un anno muove 14 miliardi di euro. In Italia è in crescita, più che negli altri paesi europei. Nel 2013 il 29% delle imprese commerciali ha dichiarato di avere un punto vendita virtuale, il 37% si è detto pronto ad avviarlo. I clienti ordinano sul web perché costa meno e ci sono più servizi, ma non si rinuncia al negozio fisico. La sopravvivenza dei commercianti, però, dipenderà sempre più dalle grandi piattaforme di vendita online come Amazon e dalla visibilità che riusciranno a conquistare sul web.
Unieuro, come molte catene, ha invece capito che il futuro delle vendite è a metà strada tra il negozio che affaccia sulla strada provinciale e il sito internet. “È conveniente acquistare dal sito – spiega Giovanni – C’è proprio scritto che con il prezzo web si risparmia il 40%. Poi si può scegliere la consegna a domicilio o il ritiro in negozio. Io abito qui vicino e sono venuto a controllare che mi piacesse davvero. Anche perché non so neanche quanti siano 16 pollici. Non credo che potrei mai comprare alla cieca”.
SERRANDE GIÙ, L’ECATOMBE È NEI NUMERI
Avellino, Campania. Un piccolo capoluogo di provincia con tre centri commerciali che nel corso degli anni si sono svuotati. Su ogni piano si contano almeno due negozi chiusi e i volantini dei “Fuori tutto” sono accartocciati tra le porte e le saracinesche abbassate. I parcheggi hanno centinaia di posti auto vuoti, solo di tanto in tanto qualcuno fa jogging. “Non c’è mai stata grande affluenza - racconta la cassiera del discount al piano terra - ma di sicuro non si è mai vista così poca affluenza”.
Secondo i dati di uno studio dell’Osservatorio sulla demografia delle imprese, realizzato dal centro studi di Confcommercio, nei primi cinque mesi del 2014 in Italia 52.716 imprese commerciali hanno cessato la loro attività. Ne sono nate circa 30mila, con un saldo negativo di circa 25.000 unità. In pratica, per ogni nuovo negozio aperto, ne chiudono due. “Siamo nel mezzo di una crisi che a questo punto sembra non finire mai - spiega Mariano Bella, capo dell’ufficio studi di Confcommercio - e soprattutto nel mezzogiorno il distacco con il resto del Paese si è fatto molto grave. Per avviare una ripresa si dovrebbe iniziare a ridurre la spesa pubblica e ad alleggerire la pressione fiscale. L’ideale sarebbe vivere in un Paese in cui la controparte istituzionale fosse almeno neutrale, se non amica, nei confronti del settore produttivo”.
Intanto, il consumatore ha cambiato mentalità. Si è accorto che all’aumento dei prezzi in negozio corrispondeva una loro diminuzione sul web, soprattutto sulle grandi piattaforme di eCommerce. Il dato parallelo a quello di Confcommercio, infatti, è dell’osservatorio Netcomm del Politecnico di Milano che stima un aumento delle vendite online del 17% nel 2014, con un fatturato di circa 13,2 miliardi di euro. Secondo i dati, 20 milioni di italiani hanno acquistato online almeno una volta nella vita. Quasi 10 milioni comprano su internet una volta al mese e nei primi mesi del 2014 sono state circa 50 milioni le operazioni di acquisto online in Italia, di cui il 65 % per beni materiali. Inoltre, 70 miliardi di euro di acquisti al dettaglio, su un totale di 700 miliardi, sono decisi informandosi sul web.
“L’eCommerce non è né un ostacolo né un avversario del commercio tradizionale, ma è una risorsa essenziale per chi voglia anche solo incrementare la propria visibilità - spiega Mariano Bella - I problemi nascono quando il commercio online crea incertezze sul pagamento delle imposte. Mi riferisco a quei siti che lavorano in Italia ma che hanno residenze fiscali all’estero. Il nostro paese ospita la loro produzione ma non trae giovamento dalle loro tasse”.
INTERNET TOGLIE, INTERNET DÀ
Milano, via Mascheroni, nei pressi di piazza della Conciliazione. Peter Panton ha dovuto chiudere la sua libreria “English Bookshop” dopo 35 anni di attività. “Pochi sanno che in origine il termine browsing, quello usato oggi per indicare l’atto di cercare su internet, era attribuito alle librerie. Si riferiva allo sfogliare i libri, al cercare tra gli scaffali, al curiosare nelle pile impolverate. Da quando c’è internet - racconta Panton - non c’è più la scoperta. Le persone non si avventurano nei negozi ma comprano direttamente ciò che vogliono sul web. Per chi vende, per me, questo si traduce nel non riuscire più a sostenere le spese di un locale fisico. I conti, l’affitto, i quattro dipendenti”. La sua cantina è stipata di scatoloni. Ci sono 20mila libri, conservati in ordine alfabetico. Panton parla di internet come la causa della fine della sua attività. Da internet però è pronto a ripartire. “Dovrò provare a venderli online - spiega Peter, che non ha perso tempo e ha già il suo piccolo sito e nel tempo libero crea applicazioni per smartphone e tablet – E so che dovrò cederli in stock. Ho già provato a vendere i singoli volumi ma c’è bisogno di manutenzione del sito, di continui aggiornamenti, di visibilità. Forse non si pagherà quanto l’affitto di un locale, ma l’investimento di tempo è notevole”.
A Urbino, città di Raffaello Sanzio, nel 2013 sono stati chiusi almeno 25 negozi su 100 e ci sono decine di locali sfitti. Sta per chiudere un orafo in via Raffaello, ha chiuso il Koala, storico negozio di articoli d’epoca che ha anche pubblicato l’annuncio di vendita sul sito www.ven  dereaicinesi.it   (con migliaia di annunci di vendita di imprese italiane, tradotti in cinese). Hanno chiuso i punti vendita di sigarette elettroniche in via Mazzini. All’entrata della città, nei pressi di Porta Valbona, da 50 anni c’è “Amicucci Belle Arti”. In vetrina sono esposti colori a tempera, tele, cavalletti e materiale di cancelleria. È una delle due sedi. L’altra, fuori dalle mura della città, è il punto da cui si gestisce la vendita online. “Abbiamo aperto da qualche anno un sito web - raccontano i proprietari, padre e due figli - e non si può negare che le vendite su internet compensino il calo fisiologico di quelle in negozio”.
Più della metà dei prodotti è venduta sul web. Così ha conservato i vecchi clienti e ne ha conquistati di nuovi da tutto il mondo. “La nostra fortuna - spiegano - è essere un negozio specializzato in prodotti per l’arte, in una città d’arte. Gli studenti delle accademie imparano a conoscerci qui e, quando iniziano a lavorare, continuano a rifornirsi da noi da ogni parte d’Italia. Con internet questo passaggio è diventato più semplice. Ci ha aiutato a fidelizzare il nostro cliente anche oltre i confini territoriali”.
ANCHE ONLINE GRANDI CONTRO PICCOLI
Il negozio fisico è una necessità. Il cliente ha bisogno di toccare il prodotto, di testarne la qualità prima di spendere. “Il problema è che spesso le persone entrano, provano le scarpe e poi non le comprano” racconta Maria, commessa da due anni. Non sa dire se poi le acquistino su internet ma “non lo escluderei - commenta ridendo - visto che prima di iniziare a lavorare qui l’ho fatto anch’io perché costavano molto meno”. La soluzione per i negozianti sembrerebbe quindi semplice: aprire un sito internet e risparmiare sui costi. Niente affitto, niente bollette, se non il dominio e il magazzino. “È parzialmente vero che questo potrebbe apportare benefici - spiega Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio eCommerce del Politecnico di Milano - ma un sito internet scomparirebbe nel mare dell’offerta del web. È per questo che in Italia il 70% del fatturato del commercio online è realizzato da pochi grandi operatori. Se si vuole sopravvivere nel commercio virtuale, al piccolo commerciante conviene affacciare il suo negozio su queste piattaforme, pagando la tariffa richiesta e la percentuale”.
L’ITALIA CONQUISTATA DALLA RETE
Tra i maggiori operatori nella vendita online in Italia c’è Amazon, un’azienda statunitense di commercio elettronico che da vent’anni distribuisce prodotti in tutto il mondo e che dal 2010 è anche sul mercato italiano. Conta su una crescita continua e su un fatturato che nel quarto trimestre del 2013 era pari a 25,59 miliardi di dollari, con un utile netto di 239 milioni di dollari (il 20% in più rispetto all’anno precedente) e circa 12.000 aziende private in Italia vendono sfruttando la visibilità della sua piattaforma, 7000 si appoggiano anche ai suoi magazzini. “A ben vedere, grazie al commercio online le persone comprano di più e comprano cose che altrimenti non avrebbero acquistato. Il 60% dei prodotti in vendita su Amazon, poi, proviene dai magazzini dell’azienda. Il restante 40% è frutto dei venditori diretti che ospitiamo sulla piattaforma. Pagano 34 euro al mese, più il 15-20% sui guadagni, e hanno la possibilità di vendere anche all’estero”.
Dietro la struttura virtuale c’è l’Amazon fisico con i suoi tre punti di gestione italiani a Milano, dove lavorano 220 persone, a Castel San Giovanni, vicino Piacenza, dove tra 70.000 metri quadrati di scaffali lavorano 420 persone a tempo indeterminato per gestire più di un milione di pezzi e a Cagliari, dove lavorano 200 persone. Un’azienda che con circa mille unità lavorative gestisce otto milioni di utenti da tutta Italia. “Sono figlio di una ex libraia di Torino - racconta Angioni - e so cosa vuol dire chiudere un’attività, non poter più dare lavoro ai dipendenti perché non si riesce a rientrare nelle spese. Il mondo cambia. Il consumatore decide l’andamento del mercato e il successo delle nuove tecnologie. È vero che il progresso riduce la manodopera, ma è la storia del mondo. Non esistono aziende cattive, ma aziende che sanno prosperare grazie all’innovazione”.
Per Angioni è internet a cambiare le regole del gioco, come nel caso di una nuova applicazione americana, Amazon Fresh, che permette di fare la spesa al supermercato comodamente da casa. Si apre il frigo, si inquadra il codice a barre del prodotto da ordinare, si autorizza la transazione dallo smartphone o dal pc e il giorno dopo il supermercato recapita la spesa, fresca, a casa. “Le persone hanno buon senso – conclude Angioni – si muovono in base alla convenienza del momento. ECommerce e negozi potranno vivere insieme. Non si escluderanno. Quando nel cuore della notte avrò voglia di leggere un libro, scaricherò l’ebook. Quando starò passeggiando in città, lo comprerò in un negozio”.

Virginia della Sala, il Fatto Quotidiano 6/7/2014