Enrico Martinet, La Stampa 6/7/2014, 6 luglio 2014
SUL K2 SESSANT’ANNI DOPO “MA IL MITO OGGI È UNA DISCARICA”
[Cucchi e Origone] –
Neve provvidenziale. È arrivata come un velo di pietà a nascondere lo scempio dei rifiuti lasciati dagli alpinisti nella bellezza della seconda montagna del pianeta, il K2, ai confini tormentati tra Pakistan e Cina. I venti e l’altalena delle temperature hanno scoperto vecchi campi verso la Spalla, la cresta Sud-Est che è la via «normale», la più agevole per raggiungere gli 8611 metri della vetta.
La spedizione italo-pakistana per i 60 anni della «conquista» si è trovata di fronte a un garbuglio di vecchie corde, lembi di tende stracciate dai monsoni e dalle bufere, materiali di ogni tipo. E perfino una bombola d’ossigeno, grande quanto una bottiglia di acqua, scolorita, arrugginita e schiacciata nel mezzo che risale all’estate del 1954. L’anno della spedizione del geografo Ardito Desio quando il 31 luglio Achille Compagnoni e Lino Lacedelli piantarono le bandiere italiana e pakistana sulla vetta, scattarono fotografie, girarono qualche metro di pellicola e si consegnarono alla storia dell’alpinismo.
La nevicata dei giorni scorsi ha fatto scendere gli scalatori al campo base. Erano arrivati fino a campo 2, a circa 6800 metri. E si sono trovati in mezzo a una discarica: scheletri di tende, stoffe e ferri emersi nel piccolo spiazzo. «E dove piantiamo le tende?», si sono domandati con orrore le guide alpine Michele Cucchi, da Alagna e Simone Origone, valdostano di Ayas che è anche recordman mondiale di velocità sugli sci. Lui che aveva sognato di sciare sui pendii splendidi tra campo 1 e la base della montagna, ha sbarrato gli occhi e dimenticato ogni possibile poesia.
Si sono trasformati in spazzini d’alta quota, aiutati dai pakistani Medhi, Ali Durani e Rehmat. Hanno fatto il possibile per ammucchiare, trasportare. «Brutto vedere quel materiale abbandonato», dice Cucchi al telefono con Bergamo, al quartier generale del Comitato EvK2Cnr che gestisce il laboratorio più alto al mondo, la Piramide della Valle dell’Everest e da anni ha progetti con il Pakistan. Origone fa riferimento all’amico: «Ho dovuto portarlo via, altrimenti sarebbe ancora lassù a pulire».
Le campagne di pulizia di Himalaya e Karakorum sono cominciate anni fa, quando è apparso evidente come l’aumento esponenziale delle spedizioni mettesse in pericolo il delicato equilibrio delle grandi montagne. Proprio il Comitato di Bergamo, presieduto da Agostino Da Polenza, che ha legato la sua storia alpinistica anche al K2 con una via sulla parete Nord, ha organizzato parecchie missioni per ripulire gli Ottomila. E ha ideato piccoli inceneritori da usare nei campi base sia per l’Everest sia per il grande ghiacciaio del Baltoro, ai piedi del K2. Tonnellate di rifiuti trasportati su morene e ghiacciai e poi a valle, nelle reti appese alle pance degli elicotteri. Ora la storia va avanti, anzi si ripete. E nella spedizione rievocativa gli alpinisti tentano di ridare naturalezza alla montagna ribattezzata «degli italiani» da quel 1954. Cucchi e Origone hanno tirato giù dalle rocce 700 metri di corde sfilacciate, appese a vecchi e insidiosi chiodi. Ora sono matasse in un grande contenitore al campo base. Funi che parevano sartie o cordame da cantiere nello stretto «Camino Bill», trenta metri di imbuto roccioso dove la roccia si fa verticale e la difficoltà sale al quinto grado per appigli scarsi e piccoli.
C’è un’immagine famosa di Achille Compagnoni mentre nel 1954 affronta il passaggio da acrobata. «Negli anni passati - racconta Cucchi - due alpinisti sono morti per essersi assicurati su quelle vecchie corde». Chiodi arrugginiti che saltano, funi che si spezzano. Il «camino» non fu battezzato nel 1909, l’anno della spedizione del Duca degli Abruzzi al Baltoro, quando la guida di Courmayeur Giuseppe Petigax individuò la cresta di Nord-Est come la via più logica. Da allora è lo Sperone Abruzzi. Quel «Bill» vien fuori dalla prima spedizione statunitense di Charles Houston del 1938 che portò gli alpinisti fino a 7925 metri di quota. Esausti, senza più cibo né fiammiferi per accendere i fornellini, si arresero.
La grande storia del K2 deve ora fare i conti con le discariche. Soluzioni? Cucchi: «Impossibile obbligare una spedizione piccola a portare via i rifiuti. Forse si potrebbe pensare a un servizio da parte delle popolazione locale. Il progetto Keep clean Karakorum in questi anni ha fatto molto e ha dimostrato che è possibile tenere pulita la montagna. E ci vogliono controlli».
Enrico Martinet, La Stampa 6/7/2014