Fabio Tonacci, la Repubblica 6/7/2014, 6 luglio 2014
GIANCARLO GALAN: “IO COME TORTORA MA PRONTO A USARE QUALUNQUE CAVILLO PER NON FINIRE DENTRO”
[Intervista] –
VENEZIA.
Tra cinque giorni potrei essere arrestato, lo so. Ma non sono rassegnato, ho grande fiducia nella natura degli uomini. E come tale vorrei essere giudicato: come un uomo. Non come politico, non come il fedelissimo di Berlusconi o l’amico di Dell’Utri. Chiedo solo che vengano valutati i documenti che ho portato a riprova della mia innocenza. E mi rifiuto di diventare vittima delle dicerie di tre persone inaffidabili, in alcuni casi autentici imbroglioni. Per la prima volta nella vita sto prendendo dei sonniferi per dormire. Non per ansia, né per paura. Per la rabbia. Anche verso il mio partito: nelle sue file ci sono quelli che sono garantisti sempre e quelli che lo sono solo quando gli conviene. Ma alla fine di questa storia dovranno chiedermi tutti scusa: chi mi accusa e chi mi ha abbandonato Onorevole Galan, tra cinque giorni la giunta della Camera potrebbe votare per il suo arresto. Si è rassegnato al carcere?
«No! Io non sono mai rassegnato, ho grande fiducia nella natura degli uomini. E io come tale vorrei essere giudicato, come un uomo. Non come il politico Giancarlo Galan, non come il fedelissimo di Berlusconi o l’amico di Dell’Utri. Chiedo di essere giudicato in base ai documenti che ho portato».
Veramente si è appellato, con un cavillo giudiziario abbastanza fumoso, al decreto “svuota-carceri” per evitare la galera.
«Per difendermi mi appello a tutti i cavilli giuridici che trovo. Ma se avessi voluto trovare veramente una scappatoia, mi sarei candidato alle Europee. E avrei ottenuto di sicuro un posto».
Giusto un mese fa la giunta ha votato, con voto palese, per l’arresto del deputato Pd Francantonio Genovese. Perché il suo caso dovrebbe essere diverso?
«Calma con i paragoni, per Genovese le accuse erano ben diverse, associazione a delinquere, truffa… ».
Ma la giunta non deve decidere se è innocente o colpevole, solo se c’è il “fumus persecutionis” contro di lei. Perché è così convinto di essere la vittima di questa storia?
«Perché sono vittima delle dicerie di tre persone, che rispondono ai nomi di Giovanni Mazzacurati, Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo. Belle persone, eh... hanno tutti già patteggiato la propria pena. Guardi, mi sento come...».
Come chi?
«Come Enzo Tortora»
Addirittura?
«Per certi versi sì. Come lui vengo accusato da persone assolutamente inaffidabili, che hanno degli interessi per agire come hanno fatto. Come fa la procura a considerarli attendibili?»
Sono stati interrogati in diversi momenti, e hanno dato tutti una versione coerente di quello che succedeva attorno al Consorzio Venezia Nuova. Per esempio Baita dice...
«Basta! Mi sono rotto i coglioni di sentire “Baita dice”, “Baita dice”... Quello è un imbroglione, è la sua parola contro la mia».
Ma perché la sua ex segretaria Minutillo, il presidente del Consorzio e l’amministratore della Mantovani si sarebbero messi d’accordo per incastrarla?
«Per tenersi i soldi delle sovraffatturazioni. Milioni di euro. Baita mandava fatture false a San Marino alla Bmc di William Colombelli, quest’ultimo e la Minutillo si tenevano il 20 per cento. Lo dicono gli atti. Il resto dell’80 per cento dove è finito? Se li sono tenuti».
Veramente la procura sostiene che tra “stipendio fisso” annuale da 900mila euro e la ristrutturazione della casa i soldi siano finiti a lei.
«Mai preso un euro, in tutte le 160mila pagine dell’inchiesta non c’è nessuno che dichiara di avermi dato in mano una sola banconota. Io sono entrato in politica, 22 anni fa, da uomo ricco. Avevo un reddito di 420milioni di lire. Potevo aver bisogno di soldi io, che tra l’altro sono sempre stato favorevole al Mose?».
Talmente favorevole che quando ha presieduto la Commissione di Salvaguardia di Venezia ha fatto votare senza nemmeno leggere i faldoni delle contestazioni all’opera.
«Se ne discute da 20 anni! Cos’altro dovevamo aggiungere? La procura mi accusa anche di aver influito sulle commissioni regionali Via... le dico una cosa, nemmeno sapevo quando si riunivano».
È credibile che tre persone si mettano in testa di nascondere i loro fondi neri incastrando proprio la persona più potente del Veneto?
«Certo che sì! Per tutti quei milioni serviva un pezzo grosso come ero io».
E lei, per 15 anni governatore, non si è mai accorto di niente? Nemmeno che Mazzacurati era il bancomat della politica di tutto il Veneto?
«No, perché io a quel bancomat non ho mai attinto. E intanto però a me hanno sequestrato tutto. Tutto. L’ingiustizia è enorme. Vorrei essere trattato come sono stati trattati i miei tre accusatori. La Minutillo si fa fotografare mentre fa la doccia sulla plancia di una barca, Mazzacurati è in spiaggia a La Jolla nella villa che si è fatto costruire con i soldi del Consorzio, e Baita? Vabbè, lasciamo perdere...».
Baita cosa?
«Una “vergine”, vero? Ha patteggiato un anno e dieci mesi e fa quello che faceva prima: va in giro nei cantieri a parlare di appalti. A loro i pm non hanno bloccato nessun bene, a me invece manca solo il carcere... ma ci riusciranno, lo so».
Come vive questi giorni?
«Per la prima volta nella vita sto prendendo dei sonniferi per dormire. Non per ansia, né per paura. Per la rabbia, il nervoso. Mia moglie mi sta vicino, mia figlia di sette anni ancora non ha capito cosa sta per succedere. E oltretutto mi sono pure fratturato il perone».
Cosa le è successo?
«Stavo tagliando un “pollone”, un ramo di una rosa e sono scivolato ingloriosamente, come un vecchietto. I giornali scrivono pure che ho quattro giardinieri in casa mia, pensi un po’».
Villa ristrutturata in parte anche con i soldi di Baita.
«Non è vero. Baita nel suo interrogatorio sbaglia anche le date della ristrutturazione, dicendo che è finita nel 2011. Falsità. E poi sottolineo che la casa è a Cinto Euganeo, non a La Jolla in California, né a Portofino».
Sul suo conto corrente di San Marino qualcuno ha messo 50mila euro e poi li ha ritirati. Possibile che la banca non l’abbia avvertita?
«Mai una comunicazione. Mai. Le mie firme sui fax, partiti da una azienda veneta a cui la Minutillo aveva accesso, sono palesemente false».
Paolo Venuti, il suo commercialista, in un’intercettazione sostiene di tenere per conto suo 1,8 milioni in Svizzera.
Anche quella è una bufala?
«Di questo parlerò solo con i magistrati».
Il suo partito, Forza Italia, che per Berlusconi è sempre stato ultra garantista, con lei come si è comportato?
«Beh, ci sono quelli che sono garantisti sempre, e quelli che lo fanno solo quando gli conviene. Mi sono stati accanto Capezzone, la Carfagna, la Giammanco, la Santanché. La Gelmini e Romani, invece, sono della seconda specie».
Alla fine di tutta questa storia, qualcuno dovrà pur assumersi le proprie responsabilità e chiedere scusa.
«Lo dovrebbe fare Mazzacurati, spero che abbia qualche sussulto di coscienza o rimorso, vista la sua età. Baita e la Minutillo nemmeno li considero. Ma non sono certo io quello che dovrà chiedere scusa, alla fine».
Fabio Tonacci, la Repubblica 6/7/2014