Andrea Tarquini, la Repubblica 6/7/2014, 6 luglio 2014
“MATTEO STIMATO A BERLINO LA MERKEL GLI FARÀ DA SPONDA E COSÌ SALVERANNO LA UE”
[Intervista a Ulrich Beck] –
«Il confronto Merkel-Renzi è salutare, può salvare l’Europa dal populismo e dalla gravissima crisi francese. Renzi qui è stimato, può vincere se saprà apparire difensore di interessi europei, non solo italiani». Parola di Ulrich Beck, tra i massimi politologi tedeschi.
Professor Beck, serve davvero più flessibilità o il Patto di stabilità va applicato punto e basta? In altre parole: compromesso Berlino-Roma possibile o no?
«Le contraddizioni hanno un livello verbale, superficiale. Nell’essenza, Berlino non vuole abbandonare il rigore, ma da tempo Merkel cerca a piccoli passi di dare segnali di nuove aperture. Ufficialmente la cancelliera non rinnega il rigore, ma indirettamente segnala che un’apertura è possibile. Vendendo la svolta come suo successo nel salvataggio dell’euro. Ed è sotto pressing della Spd, specie del vicecancelliere Gabriel che chiede una politica più investimenti».
Ma nel confronto con Roma dov’è la svolta?
«A livello verbale Merkel resta fedele al mantra del rigore, ma aprirà nuovi margini di manovra. Perché Gabriel preme, e lei capisce che un mix di rigore e investimenti, come già condotta in Germania durante le riforme, aiuta Germania ed Europa».
“La Bundesbank è indipendente dal governo”, ha detto Merkel dopo l’attacco della Buba a Renzi. E’una presa di distanze da Weidmann?
«Secondo me sì. Weidmann ha spesso una lingua biforcuta. E non ha cambiato la linea della Bce. Perché al di là dei suoi mantra del rigore lei appoggia la politica della Bce di Draghi. Senza queste scelte della cancelliera sarebbe andata altrimenti».
Merkel è più vicina a Weidmann o a Draghi?
«A Draghi, nei fatti, mi pare. Draghi non ha bisogno di legittimazione democratica, quindi può prendere misure che sarebbero difficili per i governi. La politica di Merkel scommette anche su questo. Merkel reagisce con forza a impulsi politici. Nella coalizione a Berlino di fatto c’è un’intesa con la Spd su un allentamento della politica di rigore in Europa. E’ una nuova apertura, con la premessa che la retorica del rigore resti invariata. E apre margini di manovra nuovi».
Il Principe di Salina, nel “Gattopardo”, diceva “cambiare tutto perché nulla cambi”. Merkel lo ribalta: continuità di facciata per coprire le aperture?
«Ottimo esempio, è la mia interpretazione. Quindi questi conflitti aperti da Renzi e in parte da Hollande sono produttivi per l’Europa. Nel conflitto e nella capacità di affrontarlo c’è la chance dell’apertura».
Merkel ha il suo partito con lei in questa scommessa o no?
«Ha sempre avuto e affrontato difficoltà nell’imporre la sua cauta svolta a sinistra nel partito, si è spesso appoggiata alla Spd. E Merkel non vuole restare nella Storia come una personalità che ha frenato o silurato l’Europa, non è nel suo interesse. Alla fine gli importanti impulsi italiani la aiutano».
Che consigli dà a Renzi?
«La causa europea va verso il D-Day: superare la rigida politica di risparmi, lanciare una nuova politica d’investimenti, è decisivo per il futuro. Con il nuovo governo a Roma e la grosse Koalition a Berlino vedo nuove chances, oltre le retoriche ufficiali. Che Renzi presenti gli interessi italiani come interessi anche europei, che abbia una voce europea, non solo nazionale, in contrappunto con la leadership tedesca. Merkel ha imposto contro resistenze una socialdemocratizzazione della Cdu. Berlino cerca anche intese con Cameron in nome di più liberalismo. Ma Merkel ha il potere di formare coalizioni compromessi e intese a suo piacimento, come ha fatto col Pse su Juncker. Se non ci fosse riuscita, un no a Juncker vincitore del voto avrebbe dato un duro colpo all’Europa. Simili compromessi su investimenti e flessibilità sono possibili».
Quali errori deve evitare Renzi?
«Apparire difensore di interessi nazionali. Deve apparire portavoce degli interessi europei. La disoccupazione giovanile in Europa grida vendetta al cielo, è un fallimento dell’Europa. Sono per Renzi, e sono ottimista».
Altrimenti che accadrà?
«Vinceranno solo i populisti, con gravi conseguenze. La Francia di Marine Le Pen è una minaccia più grossa dell’eurocrisi. Una presidente come quella con 300 atomiche in mano, è prospettiva molto pericolosa. Mi preoccupa il silenzio irritante degli intellettuali francesi. Si sono arresi, immagini l’Est di prima dell’89 senza Solidarnosc, Charta 77 o Sakharov. Ciò crea un vuoto e un mix pericolosi».
Renzi come è visto in Germania: attendibile o uomo di promesse?
«Partner attendibile, con gioia a Berlino che l’èra Berlusconi è finita e ora è al timone un italiano europeo».
Renzi fa bene o no ad allearsi con Hollande nel confronto con Merkel?
«Fa bene. Con tutte le sue debolezze Hollande è ancora un partner decisivo, negli anni che gli restano al potere. E Renzi e Hollande contano più di Cameron».
Andrea Tarquini, la Repubblica 6/7/2014