Roberto Iasoni, CorriereMotori 7/7/2014, 7 luglio 2014
PLACCATO DAI CANI TUTTO MUSCOLI E CUORE, IL PILONE DELLA NAZIONE ITALIANA DI RUGBY
Lido di Jesolo, ore 10. Castro esce dal campo abbracciato a un ragazzino dai riccioli castani e gli occhi lucidi perché gli manca la mamma. Anche la nonna, per essere precisi. È un problema: qui non ci sono né la mamma né la nonna. Però c’è Castro, una montagna d’uomo. Lui e il ragazzino sono come un bovaro del bernese accanto a un bassotto. «Se vuoi le chiamiamo, ma forse le facciamo preoccupare per niente, forse tra dieci minuti è passato tutto. Proviamo?». Il ragazzino fa sì con la testa e rientra nei ranghi. L’esercizio si chiama «uscita dal frontale». Al comando dell’allenatore si parte in due, uno di qua, l’altro di là. Di corsa, perché «qui si fa tutto a 200 all’ora». Sul conetto si vira in un corridoio largo due metri e si torna indietro. Uno contro l’altro. L’attaccante deve superare il difensore e schiacciare la palla in meta, deve superarlo d’astuzia e gioco di gambe, prima che di forza. È il rugby bellezza. Ciao mamma (e nonna), guarda come mi diverto.
Martin Castrogiovanni, detto Castro, nato a Paranà, Argentina, 32 anni fa, da una famiglia di origine siciliana.
Altezza: 187 centimetri. Peso: 117 chilogrammi. Pilone destro della Nazionale italiana e del Tolone, il club francese passato quest’anno come un rullo compressore su tutti gli altri in patria e in Europa (vittoria del Top14, il campionato francese, e della Heineken Cup, la coppa campioni). A Jesolo c’è la Castro Rugby Academy: sette giorni di sport, non soltanto ovale, per una settantina di ragazzi in arrivo da tutt’Italia. E lui, Castro, è l’Albus Silente di questa Hogwarts del sudore e dell’amicizia: il mago consolatore dei mammoni, l’esperto carismatico che corregge la posizione del placcaggio, il barbuto complice della merenda e quello che quando si tufferà in piscina farà più schizzi di tutti.
Jesolo si sveglia dentro una cartolina in bianco e nero,
sotto una rissa di nuvoloni grigi che sembra un omaggio allo specialista delle mischie. Intorno a mezzogiorno il cielo è già uno smalto azzurro, il sole scotta, il profumo del mare scavalca la pineta e arriva dritto come una palla piazzata da Jonny Wilkinson dalla spiaggia fin sotto i pali della Academy. Dopo due ore di allenamento, tutti in cerchio e legati per regolare le pulsazioni sullo stesso ritmo, per ascoltare il capitano. Castro: «Ottimo lavoro ragazzi. Adesso si mangia. Lo sapete, il rugby è uno sport di contatto. Capita di prendere un colpo, ma si va avanti. Non per la gloria, non perché vogliamo fare gli eroi, ma per aiutare i nostri compagni, per sostenerli». Lezione di rugby e di vita.
Pochi giorni fa, a Bordeaux, un chirurgo ha operato Castro per risolvere il problema della pubalgia. «Gli ultimi sei mesi sono stati infernali. Il guaio, a parte il dolore in partita, è che non riesci a dare tutto in allenamento, perché se tiri troppo non arrivi al weekend, e siccome — come dicono gli inglesi — giochi come ti alleni... Ma avevo due finali e non potevo mancarle, così ho stretto i denti. Ora ho davanti tre mesi di riabilitazione. Mi sento molto bene e ho voglia di ricominciare, di dare anche più del 100 per cento. So che posso farlo». La riabilitazione parte dalle radici, dai ragazzi, dimenticando le pressioni dell’alto livello. Ricomincia dal nocciolo della passione pura. È qui con i punti e i cerotti ben nascosti, e non si perde niente.
Arriva Giulia, la fidanzata (Giulia Candiago, ex azzurra di sci, classe 1986, una valanga di tenerezza), con la sua Peugeot 508 sw ibrida piena di cani. Ecco a voi Ettore, bovaro del bernese di un anno, e Arthur, detto Nano, bassotto dal pelo ruvido, stessa età. Fatty, il bulldog inglese di cinque anni, veterano del pack canino, è rimasto a Tolone. Il bordocampo diventa terreno di gioco a quattro zampe. Nano si gode le coccole in braccio al padrone, Ettore salta per entrare nell’affettuoso raggruppamento.
Ricorda Castro: «All’epoca giocavo nel Leicester, in Inghilterra («Player of the season» al primo anno, 2007; quattro campionati vinti; due coppe d’Inghilterra, ndr), e vivevo da solo. Il rapporto con Fatty è stato di un’intensità che non avevo mai provato». Fatty non è qui, ma è come se ci fosse: è nelle decine di foto che scorrono sul telefonino. «Abbiamo lo stesso carattere. Io dopo l’allenamento non vedo l’ora di buttarmi sul divano e lui è come me, gli basta un quarto d’ora di passeggiata poi fa capire di voler tornare a casa per saltare sul divano, guardare la tv, dormire, russare...». Dopo il trasloco nel Midi è arrivato Ettore, tanto graziosamente aereo quanto Fatty è rasoterra, tanto esploratore quanto Fatty adora il pisolo. Polo Nord e Polo Sud. «Ettore è una carica di dolcezza che esplode in continuazione, infatti lo gestisce Giulia, perché si assomigliano». Arthur — detto Nano — è il terzo arrivato: «Avevamo appena preso Ettore quando a Tolone abbiamo visto un annuncio: si vendono cuccioli di bassotto...». Nano è a metà fra la compatta pigrizia di Fatty e la massiccia vitalità di Ettore, e con la sua schiena lunga sembra volerle unire a mo’ di trattino.
Tre cani non sono troppi? «No, io ne vorrei molti altri. Per fortuna Giulia mi frena. Oggi, con i nostri impegni, non possiamo allargarci di più. Ma quando smetterò di giocare avremo una casa piena di animali». Il sogno è una casetta in collina, sul Montello, vicino a Montebelluna, da dove viene Giulia. La quale deve proprio avere un debole per i colossi, visto che dai genitori ha lasciato, oltre a due asinelli, un monumentale cane di montagna dei Pirenei.
La famigliona viaggia spesso in auto. «Appena può Giulia li carica e li porta fuori Tolone, dove passano due/tre ore a correre. O al mare (sul telefonino parte il video di Ettore in equilibrio su una tavola da surf, ndr). Fatty cede per primo, Ettore non ne ha mai abbastanza, Nano dipende».
Fatty, del «pacchetto» canino, è il pilone: «Ben piantato a terra, con un collo così, con quella faccia lì». Ettore? «Terza linea: un numero 7 che non si stanca mai, placca e corre, corre e placca». A Nano tocca la maglia numero 9: «Rompiballe e furbissimo: il classico mediano di mischia». Nella squadra ci sarebbe anche Uga, la tartaruga, che è rimasta a Tolone con Fatty. Corazzata fin che si vuole, ma lenta: nel rugby moderno non avrebbe spazio. «Potrebbe fare la palla: ieri l’abbiamo trovata in bocca a Ettore...».