Stefano Righi, CorriereEconomia 7/7/2014, 7 luglio 2014
IBM BIG BLUE INVESTE IN ITALIA QUI IL NUOVO DATA CENTER
Ibm investe in Italia. Dopo aver costituito una joint-venture con Unicredit (Vts), a cui sono state affidate tutte le attività di gestione delle reti e delle infrastrutture informatiche della banca — un impegno per Big Blue da 200 milioni di euro one shot , a cui si aggiunge la gestione al 51% dei dieci anni del progetto — il consiglio di amministrazione del colosso mondiale dell’informatica, la scorsa settimana, ha inserito l’Italia tra i siti dove si realizzeranno i 40 Data Center di ultima generazione che entreranno in funzione entro la primavera del 2015.
Grande attenzione
«È una decisione che conferma l’attenzione di Ibm nei confronti dell’Italia — sottolinea Nicola Ciniero, presidente e amministratore delegato di Ibm Spa — e che pone il nostro Paese all’avanguardia nelle soluzioni informatiche avanzate. Sarà un Data Center basato sul principio del cloud , con soluzioni pensate sia per la clientela privata che per la Pubblica amministrazione».
Dopo la decisione del quartier generale americano, la macchina italiana si è già avviata. Va identificato rapidamente il sito dove realizzare il Data Center, che deve rispondere a precisi criteri che caratterizzano gli impianti di standard più elevato (Tier 4): dalle caratteristiche sismologiche del terreno, alla lontananza dai percorsi autostradali e dalle aree a elevata densità di popolazione. I lavori inizieranno nel terzo trimestre dell’anno e la consegna è prevista nel primo trimestre 2015. Solo Eni, oggi in Italia, dispone di un Data Center Tier 4. «Anche per questo, per la possibilità che verrà data alle aziende italiane di utilizzare una simile tecnologia, la decisione del quartier generale di Ibm dimostra l’attenzione con cui si guarda all’Italia. Siamo un Paese che, nonostante alcune difficoltà, mantiene un elevato livello di attrattività per gli investimenti esteri. Il genio italiano, la capacità di trovare soluzioni non convenzionali, è infatti ancora riconosciuto e apprezzato», evidenzia Ciniero.
Grandi numeri
Ibm — 100 miliardi di fatturato, 6 dei quali investiti in ricerca e sviluppo — è da decenni in Italia. Il quartier generale è a Segrate, ma uno dei centri di eccellenza è a Roma, il Tivoli lab del Torrino, attivo da 25 anni, dove operano 500 ricercatori, con un’età media di 39 anni, elevata scolarizzazione e il 43 per cento sono donne. Da lì esce la suite Tivoli, un sistema di governo delle risorse informatiche, ad alto grado di personalizzazione e dedicato soprattutto a banche, assicurazioni, enti pubblici e alla Difesa. Anche la Nato utilizza per l’ottimizzazione delle proprie risorse informatiche il software ideato e realizzato nei Tivoli lab. «È il segnale della grande trasformazione che caratterizza Ibm — sottolinea Ciniero —, che talvolta viene ancora percepita come produttrice di solo hardware , ma che ormai ottiene il proprio fatturato per il 38 per cento dalla fornitura di servizi, per il 21 per cento dal software e solo per il 15 per cento dall’hardware . Una percentuale ancor più marcata in Italia, dove software e servizi valgono il 70 per cento della produzione e l’hardware il 30 per cento».
Ibm, la cui presenza in Italia risale al 1927, non è solo a Segrate e a Roma. Se gli storici impianti di Vimercate, nel Milanese, sono stati ceduti alla multinazionale canadese Celestica nel giugno del 2000 — poi da questa a sua volta ceduti in un passar di mano che ha condotto alla recente amarissima chiusura — il colosso di Armonk, Stato di New York, ha in Italia altri laboratori di ricerca e sviluppo di più ridotte dimensioni a Bari, Cagliari e a Catania.
Per grandi e piccole
«La tecnologia digitale che nasce nei nostri laboratori — chiarisce Ciniero — non è destinata solo alle grandi aziende. Ibm analizza il problema di molte pmi e propone soluzioni all’avanguardia: è il caso del Digital innovation lab di Segrate, aperto dallo scorso febbraio e dove le pmi possono confrontarsi con Ibm sui loro problemi di gestione. Oppure dei software realizzati a Bari per le attività di pesca: prodotti che consentono di vendere il pescato direttamente dal peschereccio appena questo è issato a bordo, senza attendere l’arrivo in porto. Con evidenti vantaggi di tempo, razionalità, efficienza e abbattimento dell’invenduto».
Duecento assunzioni nel 2013, trecento quest’anno. Per tutti un piano di formazione e crescita che ha inevitabili sbocchi internazionali. Come è accaduto a Eric Clementi, l’italiano partito da Segrate 15 anni fa e oggi senior vice president del gruppo, con la responsabilità sui servizi di Global technology. Praticamente, il numero 2 di Big Blue.