Fabio Cavalera, Corriere della Sera 7/7/2014, 7 luglio 2014
COINVOLTI 40 DEPUTATI IN UN CASO DI 30 ANNI FA MA IL DOSSIER CON I NOMI È SPARITO DA ALLORA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Fa tremare i polsi la denuncia di Peter McKelvie, il manager in pensione di un’associazione pubblica che si cura della protezione dell’infanzia e dell’adolescenza: «A Westminster c’è una rete di pedofili». Che non sia una millanteria inventata per scatenare l’ennesima caccia alle streghe lo dimostrano tanto la promessa del premier David Cameron e del ministero dell’Interno, l’Home Office, quanto la volontà di 139 parlamentari di aprire in fretta un’inchiesta. A mettere ansia al mondo della politica ci sono i fantasmi del dossier Dickens, 113 documenti ad esso collegati e una lista (forse nelle mani di Scotland Yard) con una quarantina di nomi di deputati e Lord «che sapevano o erano coinvolti nel giro». Alcuni sono morti, altri si sono ritirati e altri ancora sarebbero in attività. Una connection di «onorevoli», i maniaci che avrebbero abusato di minorenni.
Ad accrescere il timore che una trama di intrighi di omertà abbia impedito di ricostruire la verità c’è un particolare non indifferente. Il dossier Dickens e i 113 «file» sulla pedofilia a Westminster sono stati misteriosamente cancellati dagli archivi del ministero dell’Interno dove dovevano essere conservati. Disorganizzazione? Furto? Distruzione voluta?
La storia dei «pedofili di Westminster» è rimasta sepolta per diverso tempo. Adesso, anche per merito del Daily Telegraph , si definiscono meglio le tappe della trama che parte nel 1982, quando nel Sud di Londra, poco oltre il ponte di Hammersmith, nella Helm Guest House fu scoperta una casa di appuntamenti e di orrori. Peter McKelvie, che all’epoca lavorava in una struttura di assistenza, riuscì a raccogliere le testimonianze delle vittime e le passò poi a Scotland Yard e a un parlamentare tory ai Comuni, Geoffrey Dickens, il quale stese un dossier, il dossier Dickens appunto, per trasmetterlo al ministero dell’Interno, allora guidato dal collega di partito Leon Brittan, oggi membro dei Lord.
Non dovevano essere sussurri trascurabili. Dickens non è più in vita ma il figlio Barry, intervistato dalla Bbc , ha ricordato le parole del padre: «Lì dentro ci sono cose esplosive». In pratica quel documento rivelava, a suo dire, la rete dei pedofili «dentro e attorno a Westminster», con le complicità fra gli alti funzionari di Downing Street. Per un ventennio il silenzio. Persino il fermo in frontiera (siamo nei primi anni 90) di uno dei parlamentari coinvolti, sorpreso con materiale pedopornografico, non è mai stato sufficiente a smuovere le acque. L’ufficiale che aveva bloccato in aeroporto l’esponente politico (un conservatore) ribadisce ora che la vicenda lo ha sempre lasciato perplesso inducendolo a pensare che ci fosse una congiura per salvare gli «intoccabili» della casa degli abusi.
Nel corso di questi due decenni qualcuno ha manovrato per seppellire lo scandalo. Ma la storia ritorna d’attualità. Dov’è il dossier? Dov’è la lista coi nomi dei pedofili di Westminster? E quali sono state le ragioni della timidezza investigativa di Scotland Yard? Il premier David Cameron è sulle spine perché ci sono di mezzo alcuni uomini del suo partito e perché la figura chiave di questa manipolazione è Leon Brittan, una figura di rilievo nella galassia dei conservatori che siedono nella Camera dei Lord. Nei giorni scorsi lo hanno fermato e interrogato per lo stupro di una diciottenne, una questione del 1967. Lord Brittan giura di avere la coscienza a posto.
È solo una coincidenza. Però sono in molti, compresi Cameron e i vertici dei tory, a interrogarsi su quali siano i parlamentari che hanno beneficiato e beneficiano degli insabbiamenti sulla rete dei pedofili al di sopra di ogni sospetto e a chiedersi come mai sono sparite le carte consegnate a Brittan quando era ministro dell’Interno. Lord Tebbit, ex ministro nel periodo di Margaret Thatcher, confessa: «Ci possono essere state coperture a livello di governo». Brutta storia.