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 2014  luglio 06 Domenica calendario

IL CALIFFO DEL TERRORE SI PRESENTA AL MONDO


Ha un progetto. Ha un esercito. Ha le risorse. Ha un territorio. Aveva bisogno della consacrazione mediatica. Un’icona da venerare. Un volto che lo facesse uscire dalla segretezza della clandestinità. La foto sbiadita diffusa dalla polizia irachena non era più sufficiente e, sopratutto, non all’altezza di chi si considera il nuovo Califfo. Così Abu Bakr al Baghdadi, il leader dell’Isis si è finalmente mostrato in pubblico con una scena teatrale, degna di chi pensa di andare lontano. Sulla veridicità del filmato non ci sono conferme indipendenti. Il governo iracheno, con un commento rabbioso, lo ha definito un «falso» mentre alcuni testimoni oculari citati dalle agenzie hanno potuto solo esprimere la loro sorpresa per un personaggio presentato come il «principe dei Credenti».
Il presunto capo del movimento è apparso durante la preghiera del venerdì nella grande moschea di Mosul, la capitale del suo Califfato. Un’uscita dopo le voci che sostenevano fosse rimasto ferito in combattimento con i governativi. Condottiero militare ma anche uomo di religione, in omaggio ai suoi studi teologici, Al Baghdadi ha pronunciato un sermone di 21 minuti. Lunga tunica nera, un copricapo dello stesso colore e simile a quello bianco indossato da Osama nel 2004, ha salito lentamente le scale del pulpito. Sotto seguaci e fedeli. Appoggiati al muro alcuni Kalashnikov.
Al Baghdadi ha celebrato la vittoria dell’Isis «dopo anni di pazienza e dura lotta», un passaggio seguito dalla proclamazione del Califfato e «la nomina di un emiro» — lui stesso — «un dovere andato perduto per secoli». Un’auto-celebrazione accompagnata da un piccolo bagno di umiltà, più formale che sostanziale: «Se vedete che sono nel giusto, aiutatemi. Se sbaglio consigliatemi per stare sulla retta via».
In realtà, a giudicare dalle mosse di queste settimane, il leader pare avere solo certezze. È convinto della propria supremazia sulle altre fazioni sunnite, invitate ad allinearsi al suo piano senza troppe esitazioni. La stessa idea di Califfato è la prova che non si pone dei limiti e non riconosce i confini post coloniali. Quanto agli avversari poche concessioni. Guerra totale agli sciiti, distruzione dei loro simboli — ieri è toccato ad una decina di mausolei — esecuzioni e campagna di intimidazione. Azione diretta con operazioni militari e attentati, attività coperta per terrorizzare i soldati e gli agenti nelle regioni sunnite. L’emiro ha seminato e poi raccolto quando ha lanciato l’offensiva, contando anche sulla disgregazione dell’esercito iracheno. E per ora tutto è andato secondo il calendario fissato da un estremista che spera di evitare gli errori di chi lo ha preceduto.
Sulla quarantina, originario di Samarra, Ibrâhîm ‘Awâd Ibrâhîm al-Badrî — questo il vero nome — ha studiato da imam e dopo l’invasione statunitense del 2003 è stato tra i responsabili di un gruppo ribelle sunnita. Secondo diverse fonti è stato arrestato nel 2005 e rinchiuso a Camp Bucca fino al 2009, anno del suo rilascio. Il comandante di allora del centro di detenzione, il colonnello Kenneth King, ha raccontato: «Era un duro, ma non il peggio del peggio». Un uomo però capace di sfidare i suoi carcerieri. Il giorno che lo hanno rimesso in libertà li ha saluti con «ci rivedremo a New York». E non certo per scambiare due chiacchere.
Sempre gli Usa, che hanno messo su di lui una taglia di 10 milioni di dollari, hanno sostenuto che il peso di Al Baghdadi sia cresciuto anche grazie all’uccisione di molti dirigenti qaedisti, personaggi che lo precedevano in linea gerarchica. Un vuoto che il «jihadista misterioso» ha colmato arrivando a umiliare il governo iracheno e relegando nell’ombra il successore di Bin Laden, Al Zawahiri.