Piero Ostellino, Corriere della Sera 6/7/2014, 6 luglio 2014
GLI IMITATORI DELLA PRIMA REPUBBLICA
La classe politica della Prima e della Seconda Repubblica parlava dei problemi del Paese come non spettasse a lei risolverli. Che si trattasse di un comizio o di un discorso in Parlamento, che a parlare fosse il capo del governo o un esponente dell’opposizione, tono e contenuti erano quelli di chi, a un dibattito pubblico, descrive la situazione nella quale si trova qualcun altro senza pronunciarsi. Il Paese reale non era il terreno sul quale la classe politica misurava la propria capacità di governo, ma l’oggetto di un convegno permanente al quale, con altri esperti, partecipava, allo stesso modo, sia chi stava al governo, sia chi stava all’opposizione.
Parlane oggi, parlane domani, senza mai dire che cosa si dovesse, e si volesse, fare, i problemi sono rimasti irrisolti e sono diventati cronici. L’Italia si è fermata; gli italiani hanno smesso di votare e sulla scena politica è comparso il populismo del Movimento Cinque Stelle. Che ha imparato che chi sta al governo si può comportare come se fosse all’opposizione. La classe politica è passata da convegnista a populista senza soluzione di continuità...
Con la comparsa di Matteo Renzi nelle vesti del «rottamatore», molti italiani avevano pensato che, proponendosi di mandare in pensione la vecchia classe politica, chiacchierona e nullafacente, il ragazzotto fiorentino si accingesse anche a farsi carico dei problemi che essa non aveva risolto, impegnandosi lui stesso a risolverli senza tante chiacchiere. Ma, ora, è sufficiente ascoltare i suoi discorsi per capire che poco è cambiato. Siamo ancora fermi all’auspicio a risolverli, senza fare molto per risolverli oltre a elencarli. Ma dopo l’elenco dei problemi che il presidente del Consiglio snocciola a ogni discorso, la domanda che si è indotti a porsi è la seguente: «Bene. E adesso che si fa ?». Poiché al «che fare» non c’è mai altra risposta che non sia un (mascherato) aumento delle tasse, come già facevano i predecessori, la morale che si è indotti a trarre è la seguente.
Primo: che la storia della «rottamazione» sia stata solo un espediente populista per scalare la segreteria del Partito democratico e la presidenza del Consiglio; ma che Renzi, come capo del governo, non abbia la minima idea, e neppure alcun reale interesse, a rispondere alle domande che egli stesso solleva. Secondo: che, liquidata la vecchia guardia post comunista nel Pd, gli eventuali concorrenti per Palazzo Chigi sulla scena politica e ottenuto ciò che voleva — la segreteria del Partito democratico, la presidenza del Consiglio — Renzi sia, in fondo, della stessa pasta della vecchia classe politica. «Chiacchiere e auto blu», parafrasando De Niro-Al Capone nel film Gli Intoccabili .
Che le parole delle quali Renzi fa sfoggio siano le stesse di chi fa le previsioni del tempo hanno incominciato a rendersene conto non solo molti italiani — che, a ogni elezione, raccapricciano alla prospettiva che Cinque Stelle diventi il secondo partito in Parlamento — ma se ne sono accorti, in Europa, anche i nostri partner. Che hanno commentato gli interventi di Renzi, in occasione dell’apertura del semestre italiano di presidenza della Ue, con un liquidatorio «molte parole; pochi fatti». Non propriamente un commento lusinghiero per lui e, tanto meno, per l’Italia in Europa...
I soli che ne magnificano ancora le gesta, qualsiasi cosa faccia o dica, sono i nostri media, che si sono ridotti a veri e propri organi di regime. Certi enfatici resoconti delle (supposte) prese di posizione di Renzi contro la politica europea della signora Merkel hanno fatto il paio con quelli che, a suo tempo, il Minculpop diffondeva sul duce contro gli inglesi. Manca solo Mario Appelius. Ma, al posto di Renzi, io mi chiederei se si possa continuare a ingannare tanta gente e ancora per tanto tempo...