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 2014  luglio 06 Domenica calendario

L’IRA DI ROTELLA SULLA LEGGE TRUFFA


Immaginatevi le strade di Roma nel 1953: è quello il contesto nel quale Mimmo Rotella, che ha all’epoca 35 anni, decide di strappare, di ridurre a frammenti e utilizzare alla rovescia i manifesti, applicandoli su un supporto di tela. Se il 1948 era stato l’anno del confronto fra Democrazia cristiana e Partito comunista, scudo crociato e cosacchi pronti ad abbeverare i cavalli nelle fontane di Piazza San Pietro, il 1953 è quello della cosiddetta legge truffa, una legge maggioritaria proposta dal governo De Gasperi.
Che c’entra con l’arte, con l’invenzione di Rotella tutto questo? Basta riflettere: sulle strade di tutta Italia si confrontano soltanto le lingue del realismo e proprio il realismo è il punto di rottura fra i gruppi degli artisti che si contrappongono in Europa e fuori, il realismo socialista di fronte all’astrazione, quella delle avanguardie e del Bauhaus. Rotella, fra 1951 e 1952, va negli Stati Uniti, a Kansas City, dove lascia una grande pittura murale astratta ma, quando torna a Roma, quella ricerca non gli sembra più percorribile. «Avevo inventato i décollages a Roma nel 1953, ma li mostrai al pubblico la prima volta nel febbraio 1954. Fu il filologo e critico d’arte Emilio Villa che scoprì per primo le affiches délacerées . Era venuto una sera a casa mia. Allora abitavo in via Principessa Clotilde nei pressi di Piazza del Popolo… quella sera del lontano febbraio 1954 Villa vide le mie carte e rimase stupefatto».
Dunque il 1953 è l’anno del grande confronto politico, ma è l’anno anche di una pratica oggi in disuso, quella di strappare i manifesti dei partiti avversari, magari per appiccicarci sopra quelli nuovi: insomma i muri di Roma, i muri di ogni città sono pieni di manifesti strappati, frammenti, resti di colore, di figure, di parole.
E poi, naturalmente, c’è un’altra storia, quella della nuova ricerca di Alberto Burri che inventa i Catrami , le Muffe e i Sacchi , dunque che apre a un recupero di materie del fare pittura che avevano avuto storia solo nella tradizione dadaista.
È ancora Rotella a farci capire le ragioni delle sue scelte: «Strappare i manifesti è l’unica rivalsa, l’unica protesta contro una società che ha perduto il gusto dei mutamenti e delle trasformazioni strabilianti. Io incollo i manifesti e poi li strappo: nascono forme nuove, imprevedibili. Ho abbandonato la pittura da cavalletto per questa protesta». Certo, i manifesti strappati di Rotella del 1953 esprimono un rifiuto dell’arte realista, ma anche un rifiuto del realismo diffuso sui muri del confronto elettorale e magari delle loro ideologie. Nei pezzi di questo giro di anni il titolo diventa importante, è una chiave di lettura: in Materia (1956) la stratificazione del manifesto, strappato e riapplicato alla rovescia in studio, disegna una spaziata organizzazione dei bruni; Tel 65907 fa capire l’importanza dei numeri e delle parole che intravedi attenuate. «Gli strappi erano astratti, la parola vi entrava automaticamente. In un certo periodo… ho incollato i manifesti proprio per far scomparire l’immagine e soffermarmi sulla materia». Così il titolo Affresco antico , rovescio del manifesto con grandi lettere nere e rosse, suggerisce di leggere l’opera come un palinsesto, un antico dipinto scrostato. Quasi geografico (1956) è un pezzo importante, il dialogo con Burri non potrebbe essere più evidente, ma c’è molto altro, l’idea dell’opera come stratificazione della memoria; in Cool (1956) frammenti di tela del fondo evocano ancora i Sacchi di Burri.
La bella mostra di Palazzo Reale è costruita alla rovescia, si inizia con le opere più recenti, i manifesti strappati col verso applicato alla tela, che propongono dunque immagini riconoscibili (Il cantante, 1963), e si procede con le sale delle importanti opere dal 1953 in avanti, veri sondaggi nella materia informale. Rotella spiega bene questo passaggio: «I primi tempi non pensavo all’immagine, perché ero in pieno periodo astratto… per immagine intendo l’immagine umana, naturalmente quella stampata sul manifesto. Poi… volli rompere con l’informale, per documentare con le immagini umane un nuovo figurativismo». Così, a partire dal 1959-1960 i manifesti sono applicati sulle tele come sui muri delle città, ma Rotella strappa, incide, in parte distrugge le immagini. Adesso usa le figure dei divi americani da Marilyn a Elvis Presley, quelle de La dolce vita e di Kennedy, per costruire un nuovo racconto dove hanno spazio anche le pubblicità, Punt e Mes come Circo Orfei: le figure gridano dalle pareti e gli strappi costruiscono, ancora una volta, la trama dell’astrazione. Così questo racconto, che Pierre Restany nel 1960 ha inserito nel suo Nouveau Réalisme e adesso viene ripercorso da Germano Celant, appare determinante per disegnare la nuova storia dell’arte europea, tanto diversa rispetto a quella statunitense, anche della Pop Art.