Sergio Romano, Corriere della Sera 5/7/2014, 5 luglio 2014
L’AMERICA PROIBIZIONISTA DALL’ALCOL ALLA MARIJUANA
Ho letto che negli Stati Uniti la tradizione proibizionista sta sparendo. Si diffonde l’uso della marijuana: è stata legalizzata negli stati di Washington e del Colorado e anche in altri stati l’uso viene depenalizzato. Mi ricollego al proibizionismo delle bevande alcooliche che imperversò agli inizi del secolo scorso fino a che si ritenne opportuno demordere. Che cosa c’è alle origini del proibizionismo? Motivazioni religiose o morali? L’abbandono di esso è un segno di lassismo o di realismo?
Antonio Fadda
Caro Fadda,
I pellegrini che sbarcarono sulle coste orientali dell’America del Nord nel corso del XVII secolo erano quaccheri, una variante inglese del calvinismo puritano. Ma portavano con sé, nella cambusa delle loro navi, qualche barile di vino e birra, e si dedicarono alla coltivazione della vite e alla fermentazione del luppolo sin dai loro primi insediamenti. Erano profondamente religiosi, ma non pensavano che un bicchiere di vino o di birra violasse le leggi divine. I movimenti contro le bevande alcoliche fecero la loro apparizione nell’America degli inizi dell’Ottocento e si diffusero soprattutto negli ambienti evangelici. Da allora il Cristianesimo americano è diviso in due grandi gruppi. Mentre i cattolici, i luterani, i cristiano-ortodossi e qualche setta minore predicano la moderazione, i battisti, i metodisti, i pentecostali, i presbiteriani e l’Esercito della Salvezza si battono per l’astinenza e sostengono che soltanto così i fedeli possono preparare se stessi alla seconda venuta del Cristo.
Le motivazioni dei proibizionisti furono dunque anzitutto religiose, ma anche sociali. Come il gin nell’Inghilterra del Settecento, così il whisky e la birra (le bevande preferite degli americani) divennero un veleno sociale: violenze in famiglia, risse nei bar e nelle strade, incidenti sul lavoro, operai licenziati perché spesso ubriachi. Nacquero così le potenti associazioni femminili che sono all’origine del diciottesimo emendamento con cui il Congresso, nel 1919, proibì lo spaccio e il consumo di alcol sull’intero territorio federale.
Bastarono pochi anni perché l’America s’accorgesse che la proibizione delle bevande alcoliche poteva provocare guasti sociali (contrabbando, spacci clandestini, criminalità organizzata) non meno gravi dell’alcolismo. Il diciottesimo emendamento fu revocato nel 1933 dal ventunesimo, ma il Congresso lasciò ai singoli Stati il diritto di legiferare autonomamente. Oggi esistono contee «dry» (asciutte) soprattutto in Oklahoma, Arkansas, Mississippi e Kentucky.
La legislazione americana sulla marijuana, invece, appartiene alla storia di un’altra America: quella libertaria e prevalentemente laica che non smette di battersi contro le interferenze dello Stato nella vita dei cittadini. Il Congresso ne ha preso nota e ha introdotto una legge che consente ai singoli Stati di depenalizzare la marijuana per uso terapeutico e ricreativo purché vengano adottate contemporaneamente precise regole sulla coltivazione del cannabis. Come lei ricorda, si sono valsi di questa norma, per ora, soltanto gli Stati dell’Oregon e di Washington. La California ne ha autorizzato l’uso terapeutico.