Paolo Rastelli, Corriere della Sera 5/7/2014, 5 luglio 2014
IL GUAIO MAGGIORE? IL SOFTWARE CHE NON LI FA DECOLLARE
Snoopy, abituato al suo spartano Sopwith Camel, ne sarebbe entusiasta. O forse no, visto che l’F-35 è alcuni miliardi di volte più sofisticato del biplano della Prima Guerra Mondiale pilotato dal cagnolino dei fumetti di Charles M. Schultz, ma è anche alcuni miliardi di volte più costoso (400 miliardi di dollari è il valore dell’intero progetto). Ed è anche piuttosto inaffidabile, almeno in questa fase di sviluppo: i problemi si presentano a ripetizione, fornendo robusti argomenti agli oppositori del programma, cui partecipa anche l’Italia. L’ultimo è di ieri (ma risale al 23 giugno): un incendio in decollo che ha indotto il Pentagono, il ministero della Difesa statunitense, a mettere a terra tutti gli apparecchi in attesa che si capisca qualcosa di più.
I guasti
Ma basta una ricerca di archivio per trovare altri guasti che, ogni volta, hanno costretto alla sospensione dell’attività operativa e addestrativa. All’inizio del giugno di quest’anno un pilota in volo riscontra una perdita di olio dal motore Pratt and Whitney e lancia l’allarme: fermi tutti. All’inizio del 2013 invece a preoccupare sono i fulmini (come scrisse il Corriere il 22 gennaio): le scariche elettriche di alta intensità, come possono verificarsi nei temporali e nell’attraversamento dei banchi di nubi, possono influenzare la strumentazione e portare perfino allo spegnimento dei motori, non proprio l’ideale per uno strumento bellico di cui è scontata la capacità di operare con qualunque tempo atmosferico. Sempre nel gennaio 2013 viene denunciato il ricorso a componenti inaffidabili per problemi di qualità, non meglio precisate: la Lockheed Martin, la società produttrice del velivolo che in Italia ricordiamo bene per il famoso scandalo delle tangenti sui C-130 che negli anni ‘70 portò alle dimissioni del presidente della Repubblica Giovanni Leone (poi completamente scagionato), assicura che il fornitore sarà cambiato e l’allarme rientra. Nel febbraio dell’anno scorso si rompe la pala di una turbina: nuove indagini finché non viene fatto notare che il motore in questione, montato su uno degli apparecchi in collaudo, era stato più volte spinto oltre i limiti. Così l’allarme rientra.
L’elettronica
Ma è stato soprattutto il software dei sistemi elettronici che più ha fatto (e sta facendo penare) l’aeronautica statunitense: nel gennaio 2014 il capo collaudatore del Pentagono segnalava problemi ai radar, ai dispositivi di guerra elettronica, agli apparecchi di puntamento elettro-ottici, ai sistemi di navigazione. E’ per colpa di un’informatica ben lontana dall’essere a punto che il programma è già in ritardo di quasi due anni. L’ F-35, quasi invisibile al radar, è tra gli aerei più cibernetici al mondo, proprio per questo capace di prestazioni fantascientifiche: sulla macchina, spiegava nel 2006 il sito online Aerei militari, è stato applicato il concetto di sensor fusion : «Una serie di telecamere a infrarossi poste in vari punti dell’aereo, consente al pilota di vedere in ogni direzione, come se la fusoliera “non esistesse”.Le immagini delle telecamere sono “fuse” insieme a quelle degli altri sensori, come il radar, fornendo al pilota una consapevolezza completa dell’ambiente esterno». Il casco del pilota, capace di fornire una visione elettronica a 360 gradi dell’ambiente circostante anche grazie all’interazione con le basi a terra e con gli altri F-35 in volo, da solo costa circa 500 mila dollari ed è talmente complicato che fino a pochi mesi fa era stato deciso di svilupparne in parallelo una versione meno sofisticata, tanto per mettersi al sicuro se il progetto fosse finito in un vicolo cieco.
L’opposizione
Ma i contrattempi tecnici, nella fase di sviluppo di un sistema d’arma, sono abbastanza normali. Alcuni non vengono mai corretti, ma l’arma funziona lo stesso. Il Sopwith Camel caro a Snoopy, per esempio,aveva un motore così potente da mandare l’aereo in vite virando a sinistra o in stallo virando a destra. Non furono pochissimi i piloti inglesi della Prima Guerra Mondiale a precipitare per questo, eppure il velivolo contribuì a far riconquistare agli alleati la superiorità aerea sul Fronte occidentale contro i tedeschi del Barone rosso. L’opposizione all’F-35, in molti dei Paesi che partecipano al progetto nasce essenzialmente dai costi spropositati (per l’Italia si tratta di 12 miliardi di euro), soprattutto in questa fase di spending review che costringe a dolorosi tagli al welfare. Per noi poi c’è un problema in più. L’F-35 è un cacciabombardiere, per l’attacco al suolo, con spiccate caratteristiche offensive. Allo stato, dopo la fine dell’Urss, l’Italia non ha nemici che possano invaderla e contro i quali reagire sul territorio nazionale. Gli F-35 dunque sarebbero usati, nel caso, fuori dai nostri confini. Ma nella Costituzione, all’articolo 11, c’è scritto che «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Ma dalla prima Guerra del Golfo (1990-91) fino al conflitto civile libico (2011) i nostri aerei hanno compiuto missioni di bombardamento nell’ambito di organizzazioni internazionali delle quali siamo membri. D’altronde, sottolinea Pietro Batacchi, direttore di RID, Rivista italiana difesa , «i nemici sono là fuori». La risposta può essere solo politica.