Daniele Abbiati, Il Giornale 5/7/2014, 5 luglio 2014
SERVE UNA BOTTA DI EROTISMO PER RISOLLEVARE IL CINEMA
[Intervista a Tinto Brass] –
C’è persino Michelangelo Antonioni che ride (non esageriamo, diciamo che abbozza un sorriso...). E c’è persino lui, Giovanni, magro come un chiodo (non esageriamo, diciamo in peso forma...). Lui, Giovanni, è Tinto, ribattezzatosi così in omaggio alla nonna, adoratrice del Tintoretto. Tinto Brass il 26 marzo scorso ha fatto 81, che come cifra sarebbe quasi perfetta se si trattasse del giro-tette di una «sua» ragazza. Ma qui si parla di anni. Gli anni suoi, gli anni che la mostra organizzata nel contesto della «Milanesiana» mettono in scena.
Antonioni sorridente, Brass senza pancia. Non è fantascienza, sono i fantastici bianco e nero che hanno come «punto G» l’erotologo per eccellenza del cinema italiano. «Tinto Brass. Tra popolarità e arte» (all’Università Iulm, fino al 10 luglio) espone le foto di una carriera inimitabile iniziata come archivista alla «Cinémathèque» di Parigi sul finire dei Cinquanta e non ancora terminata, come diremo tra poco.
«Oh! Antonioni, Trintignant... Non erano certo dei goliardi, ma che gran professionisti! Ho un ottimo ricordo di tutti quelli con i quali ho lavorato». Tinto è in viaggio con la compagna Caterina Varzi per Milano dove oggi sarà la guest star della rassegna ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi. Alla Sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera, a partire dalle ore 15 proiezione dei suoi film La vacanza, L’urlo e Col cuore in gola. E alle 21 leggerà un suo testo inedito dedicato al tema della Milanesiana, «La fortuna e il destino», seguito dalle proiezioni di Tempo libero e Tempo lavorativo. Al telefono la sua voce roca figlia di tanti sigari non è incrinata dalla nostalgia, ma modulata dall’ironia.
Tinto, è notizia di ieri. Nei profili degli utenti di Facebook si potrà scegliere fra decine di identità di genere. Contento?
«Lo trovo del tutto inutile».
Vuol forse dire che la sessuocatalogazione fa male all’erotismo?
«Certamente. E confonde le idee. I rapporti fra uomo e donna hanno una tale varietà di situazioni, di sfumature, da essere praticamente illimitati. A che serve un elenco?».
Parlando con lei mi viene in mente la più bella ed erotica delle «sue» ragazze: Claudia Koll. E il fatto che la Koll, dopo Così fan tutte del ’92, abbia cambiato vita, dandosi alla fede e alle opere di bene, per contrasto, o per assonanza mi fa venire un dubbio. L’erotismo, sotto sotto, non sarà mica una fede?
«No, assolutamente. Quando si abbandona l’erotismo si cambia e si rinnega il passato. È questo il vero peccato...».
Ci dia un parere da esperto. Il cinema italiano di oggi è erotico?
«Per niente. È semplicemente narrativo, erotismo zero. L’erotismo nel nostro cinema è scomparso. Dobbiamo risollevarlo con la pornografia mediata dal linguaggio estetico. Dovremmo ricorrere ai grandi dell’arte figurativa».
In attesa che nasca di un nuovo Brass, ci consigli un film erotico come si deve.
«Il mio L’urlo. Ho dovuto penare sette anni prima di vederlo uscire, nel ’74. E il ritardo l’ha penalizzato. Si parlava davvero di emancipazione della donna... A proposito, Tina Aumont è stata la mia attrice preferita. Simpaticissima, oltre che bellissima. Pensi che...».
Che...
«(Un colpo di tosse e di commozione) Andai a trovarla per proporle un film. Era morta il giorno prima...».
Abbiamo detto che il cinema italiano non è erotico. E la tivù?
«Men che meno. Un gran parlare di sesso a vuoto».
Meglio rifugiarsi nella letteratura, quindi...
«Ovvio. Bravissimo il giapponese... Tanizaki: La chiave. E poi Goldoni, naturalmente. E il mio Soldati che ho “usato” per Capriccio».
A proposito. A 81 anni, ha ancora qualche capriccio da soddisfare?
«Come no? Il mio prossimo film. Si chiama Ziva, l’isola che non c’è. La protagonista sarà Caterina».
Che storia è?
«Seconda guerra mondiale, un’isoletta nel Mediterraneo dove non c’è nulla, a parte un faro. Ma non posso dirle altro...».
Va bene. Altre cose in ballo?
«Un libro. Uscirà da Bompiani a metà settembre. Titolo provvisorio Madame Pipì».
Pipì inteso come iniziali?
«No, come Pipì proprio. L’idea risale al mio periodo francese, pensi un po’. E nasce da una storia vera».
Erotica?
«E anche d’amore».