Emanuela Fontana, Il Giornale 5/7/2014, 5 luglio 2014
UNA NOTTE INSIEME AI BAGARINI E I VIGILI STANNO A GUARDARE
Lo Smilzo si avvicina al ragazzo. Estrae dalla tasca una banconota da cinquanta piegata in quattro. Apre l’altra mano e consegna un secondo foglio da cinque, avvolto su se stesso. Agguanta il biglietto come un cane che strappa un pezzo di carne e torna nella mischia. «Gliel’hai venduto?».«Sì, a 55 euro. Mi dispiace. Te lo metterà a 65». Lo smilzo va di fretta. Ha fatto l’affare. «Aspetti». Neanche si volta quando lo tiro per la maglietta. «Il biglietto che ha appena comprato. Me lo vende». Si gira all’improvviso, sembra che negli occhi gli passi un raggio di sole: «Duecento euro». «Sei matto». Dal lungotevere arrivano sciami di persone. Ragazzi con la maglietta bianca del Blasco, gente di tutte le età. Trenta giugno all’Olimpico, l’ultima notte di Vasco Rossi a Roma. Da ieri il circo si è spostato a Lugano. Per i bagarini della musica due settimane di vacche grasse.
Due ore ad osservarli, senza vedere un controllo. Sono almeno una trentina, sotto l’Obelisco di Mussolini. Ci sono i giovani, abili a smanettare con Internet. Loro sono i bagarini 2.0. Comprano i biglietti in rete, arrivano allo Stadio con le mani già piene del bottino. Devono solo rivendere. Quanto? «Centoventi». Cento per cento di rincaro sull’acquisto.
E poi ci sono i più anziani, come lo Smilzo. O come il Baffo, maglietta blu e rossa a righe. Loro Internet lo odiano. Girano con lo sguardo invasato mostrando un pezzo di cartone con scritto: «Compro biglietti». Sembrano poveri diavoli che chiedono un soldo per mangiare. In realtà hanno le tasche imbottite di banconote. Si tuffano nel fiume senza controllo che arriva dal semaforo. Vanno incontro al loro osso da sbranare come i surfisti che aggrediscono l’onda. «Compro! Compro biglietti!». Proprio a un metro dall’attraversamento pedonale, ci sono due pattuglie di vigili urbani. «Compro vendo, compro vendo!». Intorno a loro è l’orgia dei biglietti in nero. I vigili stanno lì, statue dalle mani di marmo, come se i bagarini fossero gabbiani che gridano al tramonto.
Il fisco qui non arriva. Questo è un angolo inviolato e senza tasse. Zero finanzieri. Eppure il bagarinaggio è un fenomeno catalogato. Nonostante i biglietti delle partite di calcio siano diventati nominali, il giro di affari sfiora i 40 milioni di euro l’anno, secondo un dato del Viminale di alcuni anni fa. Una stima recente però non esiste, né al ministero dell’Interno, né alla Finanza. Il bagarinaggio è truffa liquida, arte sporca e impunita.
Vengono tutti da Napoli, i bagarini dell’Olimpico. In questo periodo lavorano anche tre volte a settimana. Il Grosso indossa orgoglioso la maglietta dei Rolling Stones. Se l’è comprata l’altra settimana al concertone. Non è alto, ma ha due spalle larghe come la lunghezza del suo busto. Si muove frenetico, dal semaforo all’obelisco.
Marco ha il cappellino e due biglietti in mano. «Ma tu ci vivi così?». Alza le spalle. «Sì». «E quanto guadagni?». «Non è mai uguale». «Che significa?». «Un mese fai diecimila euro, il mese dopo ne perdi tremila. Prato prato!». «Andrai a Milano?». Sorride: «Senti, ma perché non vieni a lavorare con me? Una ragazza, mi servirebbe. Per avvicinare la gente». Dall’Olimpico sale un’ovazione. Vasco è salito sul palco.
«E se volessi il biglietto?». Stranamente non risponde. Arriva il socio. Ha la maglietta sudata, pesta la cicca della sigaretta sul marciapiede. Lo avvicina una coppia. Si volta verso di loro. «Centottanta due». Quelli non ci pensano nemmeno, aprono il portafoglio. Marco e il socio si dividono l’incasso. Poi attraversano di corsa il lungotevere, ma non per comprare i biglietti. Corrono verso i chioschi dei panini e spariscono alla vista. Pochi minuti e la coppia torna indietro. La ragazza ha il viso stravolto. «Ti sei salvata». Mostra il biglietto. «Era del 25. Ci ha fregati!». Marco e il socio, maestri del bagarinaggio. Dileguati con centottanta euro di biglietti scaduti.
Un vigile fischia a un ragazzetto in motorino che accenna a attraversare col rosso. Davanti all’Obelisco rimangono i venditori ambulanti di bibite. «Birre birre!». Quattro euro, senza lo scontrino. «Lavoriamo a squadre, lavoriamo tantissimo. Da venerdì, tutti a Milano».