Sergio Rizzo, Corriere della Sera 7/7/2014, 7 luglio 2014
Le ferie estive, in Italia, sono sacre. Sacre nelle industrie, come pure sacre nei ministeri, e sacre nel Palazzo
Le ferie estive, in Italia, sono sacre. Sacre nelle industrie, come pure sacre nei ministeri, e sacre nel Palazzo. Non sono sacre, a quanto pare, soltanto per i due Papi: né per Francesco, né per il suo predecessore Benedetto XVI. I quali hanno deciso, a quanto pare, di farne volentieri a meno. Due esempi che suggeriamo caldamente di imitare. Le riforme, come ha ricordato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan su questo giornale, sono urgenti e decisive per il futuro immediato del Paese? L’arretrato ministeriale, con centinaia di decreti attuativi che non hanno ancora visto la luce (ce n’è qualcuno che dev’essere emanato, ha ricordato l’ex premier Romano Prodi, addirittura dal 1997), è spaventoso? L’agenda del semestre italiano è così densa, e il confronto con i rigoristi di Bruxelles tanto duro, da non poterci permettere di rinviare le scadenze a settembre? Abbiamo noi la soluzione: tagliamo le ferie, come hanno deciso di fare Jorge Mario Bergoglio e Joseph Ratzinger. E come si farebbe in qualunque altro Paese europeo date le stesse condizioni. Le ferie dei politici, dei burocrati, degli alti vertici ministeriali. Quelli che devono esaminare e approvare i provvedimenti di riforma, scrivere le centinaia di decreti di cui sopra, studiare la strategia per vincere il braccio di ferro in Europa. Due settimane, meglio se spezzate, sono più che sufficienti per ritemprare il fisico e rinfrancare lo spirito, senza interrompere in modo drastico il ritmo delle cose da fare. Evitando quindi non soltanto la serrata, ma anche il solito rallentamento dell’attività che precede la pausa estiva e il classico vuoto inevitabile che la segue con i motori che faticano sempre a riavviarsi, se non quando l’autunno è ormai alle porte. Risultato, due o tre mesi buttati: accade solo in Italia. E non succederebbe nel caso in cui si tagliassero le ferie degli apparati. Vi assicuriamo che si può fare. Si fece, per rammentare un episodio relativamente vicino, tre anni fa, in quell’estate del 2011 torrida soprattutto per il clima economico e politico infuocato. Ricordate i fatti? Il governo di Silvio Berlusconi aveva appena sfornato una manovra economica che alla prova dei mercati si era rivelata del tutto insufficiente. Le borse erano in fibrillazione, lo spread fra i Btp e i Bund tedeschi veleggiava in modo inarrestabile: duecento, trecento, quattrocento... Con somma indifferenza rispetto al rischio (decisamente concreto, come si sarebbe visto in seguito) che la crisi finanziaria degenerasse, i deputati avevano programmato ben cinque settimane di ferie, agganciando alla tradizionale sosta dei lavori parlamentari un pellegrinaggio in Terra Santa: il che avrebbe comportato la chiusura della Camera fino al 12 settembre. Progetto fallito grazie a un sussulto di responsabilità che fece comunque storcere la bocca a qualcuno. E anche, va detto, grazie alle pressioni esterne: il 5 agosto 2011 arrivò la famosa lettera della Bce che indusse il governo italiano a fare una manovra bis a Ferragosto. Iniziativa che non fu certamente risolutiva ma senza di cui la situazione, già abbastanza grave, sarebbe diventata ancor più drammatica di quella che avrebbe trovato tre mesi dopo Mario Monti. Non siamo nelle stesse condizioni di allora, è chiaro. E meno male, aggiungiamo. Ma il terreno da recuperare è talmente tanto che conviene dare retta ai due Papi: un sacrificio estivo, neppure troppo doloroso, agli italiani lo si deve. O no?