Gianandrea Gaiani, Il Sole 24 Ore 5/7/2014, 5 luglio 2014
LA VARIABILE COSTI E IL RISCHIO CHE AUMENTINO ANCORA
Ennesima battuta d’arresto per l’F-35, il cacciabombardiere messo a punto da Lockheed Martin e destinato ad equipaggiare con oltre 3mila esemplari le forze statunitensi e di un’altra dozzina di Paesi alleati. L’ultimo stop ai voli ordinato dal Pentagono, il quinto in tre anni, è indotto da motivi di sicurezza dopo l’incendio del motore e della parte posteriore di un velivolo durante il decollo sulla base di Eglin il 23 giugno.
Malfunzionamenti e difetti sono normali in tutti i nuovi velivoli e l’F-35 incorpora molte nuove tecnologie che dovrebbero consentire di condurre in modo furtivo attacchi in profondità in territorio nemico mantenendo uno scambio costante di informazioni e dati con altre "piattaforme" (aerei, navi, unità terrestri, satelliti). La messa a terra della flotta è quindi una pratica standard adottata in caso di incidenti anche per velivoli più anziani e meno tecnologici. L’F-35 risulta però particolarmente esposto alle critiche non solo per il suo elevato costo e per i ritardi nella messa a punto che rischiano di ritardarne l’ingresso in servizio e il raggiungimento delle capacità operative, ma soprattutto perché l’aereo è il primo nella storia a venire prodotto in lotti di pre-serie (già oltre un centinaio gli esemplari completati) prima che il suo sviluppo sia completato. Questo significa che gli aerei che escono dalle linee di produzione hanno prestazioni e operatività limitate e dovranno essere aggiornati più volte (con costi aggiuntivi) progressivamente con lo sviluppo del software che gestisce il sistema di combattimento in forte ritardo sui tempi previsti.
Inoltre molti problemi tecnici sono ancora in cerca di una soluzione. L’incidente del 23 giugno è avvenuto appena dieci giorni dopo un altro stop alle attività della flotta di F-35 (dovuto in quel caso alla perdita di olio in volo) ma questa volta le cause potrebbero risultare complesse considerato che il Pentagono ammette che le indagini svolte finora non hanno dato risultati soddisfacenti. Molte le ipotesi possibili, da un difetto di assemblaggio limitato al singolo velivolo coinvolto nell’incendio a problemi di progettazione o difetti in una o più componenti dell’aereo o del motore F-135 (da 29 di milioni di dollari a esemplare) realizzato da Pratt & Whitney in assenza di concorrenza dopo che nel 2012 la Casa Bianca impose la rinuncia allo sviluppo di un motore alternativo progettato da General Electric e Rolls Royce con la significativa partecipazione dell’italiana Avio.
Come ricorda l’esperto Silvio Lora Lamia «l’F-35 ha già registrato problemi alle parti interne dei piani orizzontali di coda, modificate perché col postbruciatore in funzione si carbonizzavano. Anche i circuiti idraulici di raffreddamento hanno presentato diversi problemi mentre la dissipazione del calore prodotto dal motore è essenziale per ridurre la rilevabilità dell’aereo all’infrarosso». Il problema potrebbe quindi inficiare proprio "l’invisibilità", cioè la caratteristica peculiare del velivolo prolungando così i tempi di messa a punto e innalzando i costi complessivi del programma che ricadrebbero anche sui Paesi acquirenti.
Gianandrea Gaiani, Il Sole 24 Ore 5/7/2014