Giovanni Parente, Il Sole 24 Ore 5/7/2014, 5 luglio 2014
IRPEF, IRES, IRAP: CACCIA A 10 MILIARDI
Più che un obiettivo, è una speranza: dieci miliardi di euro. È la cifra che il fisco potrebbe raccogliere con i versamenti di Unico in scadenza lunedì prossimo. Il condizionale è d’obbligo considerando la congiuntura economica ancora difficile per gran parte delle attività economiche e il puzzle sulle aliquote degli acconti.
Alla cassa saranno chiamati poco più di quattro milioni di contribuenti. Si tratta di società, professionisti e imprenditori soggetti a studi di settore ma anche di autonomi e partite Iva che sono entrati nei nuovi minimi, vale a dire il regime agevolato con l’imposta sostitutiva - almeno per ora - al 5% (si veda l’articolo a pagina 3) ed esonerati da Iva e Irap. A questi vanno aggiunti i soci di società, associazioni e imprese che applicano gli studi e i soci di Srl in regime di trasparenza. In pratica, sono tutti i contribuenti per cui, anche quest’anno, è arrivata in extremis la proroga per i versamenti dal 16 giugno al 7 luglio.
La strada verso la conferma dei 10 miliardi è tutta in salita. In primo luogo, per la crisi economica. I dati delle entrate tributarie relativi ai versamenti di Ires, Irpef e Irap dell’ultimo triennio mostrano, infatti, un trend discendente. Basti pensare che solo nel 2013 la flessione è stata di quasi il 21% rispetto ai dodici mesi precedenti. Né c’è stato un recupero ad agosto con la chance di versare con la maggiorazione dello 0,40%, visto che anno su anno la somma di autoliquidazioni (acconto e saldo delle imposte sui redditi) e del tributo regionale ha registrato un calo di oltre il 40 per cento. Anche se una chiave di lettura alternativa può portare a pensare che la mancanza di liquidità, dovuta ai ritardati pagamenti e in particolar modo a quelli del settore pubblico, abbia indotto e possa indurre anche questa volta molti contribuenti a scegliere la strada di rateizzare il versamento nelle settimane e nei mesi successivi.
Come se non bastasse, c’è il complesso gioco a incastri provocato dall’aumento delle aliquote sugli acconti di dicembre scorso. Le società di capitali (Spa e Srl) hanno dovuto versare il 102,5% di Ires e Irap, percentuale salita addirittura al 130% per banche e assicurazioni. Una misura scattata come «clausola di salvaguardia» per garantire le coperture necessarie all’abolizione dell’Imu sull’abitazione principale.
Logica vorrebbe che il versamento di luglio (o entro il 20 agosto con lo 0,40% in più) dovrebbe scontare le imposte già anticipate, generando un credito utilizzabile in compensazione e che quindi ridurrebbe le entrate.
Ma non è del tutto così. Perché l’onda lunga dell’aumento continua anche nel 2014. Per quest’anno, infatti, l’aliquota è stata fissata al 101,5% e bisognerà considerarla già nel calcolo della quota di acconto (40%) da versare adesso. Con l’ulteriore possibilità che molte società (e sicuramente lo faranno lo faranno quelle in perdita) determinino l’acconto con il metodo previsionale, ossia ipotizzando già un calo dei ricavi per l’anno in corso e abbattendo quindi la base imponibile su cui calcolare le imposte da pagare all’Erario.
È difficile, quindi, ipotizzare quale sia la parte dell’acconto maggiorato di Ires e Irap destinata a ridurre i versamenti in scadenza lunedì e di conseguenza gli incassi per l’Erario. La relazione tecnica al decreto ministeriale dei maxi-acconti aveva stimato un effetto in termini di cassa sul 2013 di circa 670 milioni nel 2013. Ma la lettura dei dati delle entrate sembra suggerire un’attesa per approfondire meglio, tra l’altro, se una quota del "bottino-extra" di Ires e Irap non sia già andata a compensare le minori autoliquidazioni Irpef.
Giovanni Parente, Il Sole 24 Ore 5/7/2014