Marcello Bussi, MilanoFinanza 5/7/2014, 5 luglio 2014
IL DILEMMA DI OTTOBRE
Ma Jens Weidmann è come Hiroo Onoda, l’ultimo giapponese che continuò a combattere da solo sull’isola filippina di Lubang per quasi 30 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, oppure è un capitano coraggioso che può contare sull’appoggio di tutta la Germania? In attesa di una risposta, gli investitori possono godersi tranquillamente l’estate. Tanto c’è Janet Yellen che ha fugato ogni dubbio: il rally di Wall Street può continuare, la Federal Reserve non alzerà i tassi d’interesse per sgonfiare un’eventuale bolla in borsa, che comunque adesso non c’è. Questo perché la politica monetaria ha «forti limitazioni» come strumento per fronteggiare i rischi finanziari e se anche per esempio nel 2005 Alan Greenspan avesse aumentato il costo del denaro, la crisi finanziaria globale sarebbe scoppiata ugualmente. Quanto basta per passare un’estate serena, consentendo alla Bce di restare alla finestra senza fare danni ai mercati finanziari. E fino a ottobre non c’è problema. Dopo si vedrà perché, a meno di clamorose sorprese, sarà proprio in quel mese che la Fed metterà fine al suo piano di acquisti di asset. Logica vorrebbe che fosse l’istituto di Francoforte a prendere il testimone, cominciando a comprare Abs e titoli di Stato. Ma, come hanno osservato gli economisti di Bank of America Merrill Lynch, nel corso della conferenza stampa di giovedì 3 Mario Draghi non ha fatto chiarezza sull’argomento, limitandosi a ribadire che la Bce aspetterà di vedere l’impatto delle decisioni prese a giugno. Secondo gli esperti di Barclays, è «improbabile» che un QE su larga scala venga avviato entro la fine dell’anno. Per lanciarlo «servirebbe un notevole indebolimento delle aspettative sull’inflazione e dell’attività economica». Bank of America Merrill Lynch assegna ancora poche probabilità all’avvio nel secondo semestre di un piano di acquisto di Abs di portata limitata. Mentre in un orizzonte temporale di 12 mesi le attese indicano una serie di piccoli acquisti, che dovranno essere aumentati a causa della bassa inflazione. Gli strategist della banca americana attribuiscono inoltre «notevoli probabilità» alla necessità che la Bce debba fare più di quanto desidera per combattere la bassa inflazione.
Tutti ragionamenti che vedono la Bce agire quando ormai la frittata è fatta. L’obiezione è che l’istituto di Francoforte ritiene le misure adottate lo scorso giugno sufficienti a scongiurare una deflazione. Ma, nonostante le assicurazioni della Bce, non si vede come il nuovo T-Ltro possa avere effetti positivi sull’inflazione. Anche perché c’è il rischio che i 1.000 miliardi di euro in arrivo siano utilizzati dalle banche, come accaduto per le precedenti operazioni di rifinanziamento, per acquistare titoli di Stato. Perché le banche che non li useranno per erogare prestiti a famiglie e imprese avranno come unica penalizzazione il rimborso anticipato al 2016 invece che nel 2018.
Le statistiche ufficiali consiglierebbero di non dormire sugli allori: l’inflazione a giugno è rimasta stabile allo 0,5% in Eurolandia, livello lontanissimo dall’obiettivo della Bce di una variazione dei prezzi al consumo di poco inferiore al 2%. E in Italia la situazione è ancora più pericolosa, con un misero +0,3%. Da qui a ottobre c’è il rischio che il segno diventi negativo, a meno che non si speri in un aumento dei prezzi del petrolio dovuto a un ulteriore peggioramento della situazione in Iraq e in Ucraina. Ottobre sarà dunque il mese delle grandi decisioni. Bisognerà vedere su quanti alleati potrà contare Weidmann. A meno di una conclamata caduta di Eurolandia in deflazione (ma a quel punto i buoi sarebbero scappati), c’è il rischio che il tempo lavori a suo favore. Anche perché in Germania il partito di Weidmann resta forte. Ben lo rappresentano le ultime dichiarazioni di Hans-Werner Sinn, presidente dell’istituto economico Ifo, che elabora l’omonimo indice di fiducia delle imprese tedesche: «Comprimendo artificialmente gli spread, la Bce non guadagna tempo ma lo spreca perché consente ai governi di rinviare le riforme», ha detto, ignorando il piccolo particolare che se l’istituto di Francoforte continuerà a restare alla finestra avrà sprecato tempo prezioso nella lotta alla deflazione.
Marcello Bussi, MilanoFinanza 5/7/2014