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 2014  luglio 05 Sabato calendario

IL PAESE DI MERDA? QUELLO CHE PARAGONA B. A TORTORA


Anna Tortora, la sorella di Enzo, il presentatore vittima di uno dei più colossali errori giudiziari degli anni 80, di un’inchiesta condotta come peggio non si poteva dai pm Diego Marmo e Felice Di Persia (cento casi di omonimia su duecento arresti), andava su tutte le furie quando, dieci anni dopo, i tangentisti, col supporto dei “garantisti di giornata” (fra cui si era arruolato Vittorio Feltri – il più forcaiolo dei forcaioli finché dirigeva L’Indipendente – dopo essere passato alla corte di Berlusconi), paragonavano la vicenda di suo fratello alle proprie. Adesso, a trent’anni di distanza, uno di quei pm, Diego Marmo, ha ammesso i suoi errori e Feltri, molto abile nell’attribuirsi medaglie al merito, ne approfitta per gloriarsi di essere stato una “mosca bianca” nel difendere, a suo tempo, il presentatore di Portobello (Il Giornale, 28/6). Mosca senz’altro, bianca un po’ meno. Ricordava Giangiacomo Schiavi in un articolo sul Corriere del 27/5/2008 che il primo a scendere in campo in difesa di Tortora era stato Enzo Biagi, seguito da Indro Montanelli, Giorgio Bocca ma anche dal “cronista solitario” Vittorio Feltri. Per la verità il primo a difendere Tortora, con un articolo pubblicato sul Giorno una settimana dopo il suo arresto (“Io vado a sedermi accanto a Tortora”, Il Giorno, 25/6/1983), sono stato io. Certo non avevo l’autorevolezza di quei colossi, ma scrivevo pur sempre sul terzo quotidiano italiano di cui ero una delle prime firme, alla pari perlomeno col “cronista solitario”. Questa tendenza, sistematica, a obliterarmi, sempre e comunque, comincia a darmi sui nervi e mi spiace che vi ceda anche Giangiacomo Schiavi, giornalista che stimo molto, credo ricambiato, visto che mi affidò la prefazione all’autobiografia di Gigi Rizzi, Io, BB e l’altro ’68, da lui curata, recentemente ripubblicata dal Giornale dell’insolvente Sallusti, che non paga i pezzi che mette in pagina.
Ma non è questa, ovviamente, la questione. È che l’articolo di Feltri è strumentale, tutto teso com’è a instaurare un parallelo fra Tortora e Berlusconi. “Adesso mi viene un dubbio. Che riguarda Berlusconi Silvio, da Arcore. Non sarà che fra sei lustri anche coloro che oggi si accaniscono contro di lui riveleranno di avere un filo esagerato nel perseguirlo?”. Anna Tortora, che è morta alcuni anni fa, di tumore come il fratello, si rivolterà nella tomba. Nessun paragone è possibile fra Tortora e Berlusconi. Tortora, eletto nelle file dei radicali, rinunciò all’immunità parlamentare, Berlusconi non solo non ha rinunciato a nulla, ma ha fatto di tutto per nascondere i suoi reati, o eliminandoli per legge (falso in bilancio) o allungando a dismisura, con norme ad hoc, i tempi del processo in modo da poter godere della prescrizione in sette casi (e in almeno due di essi la Cassazione ha accertato che l’ex Cavaliere quei reati li aveva effettivamente commessi ma era scaduto il tempo per perseguirli). Tortora, sia pur alla fine del suo calvario, è stato assolto, Berlusconi è stato condannato in via definitiva per frode fiscale. Ma, cosa ai miei occhi più grave di tutte, fra il 1979 e il 1980, insieme al sodale Previti, scippò alla marchesina Annamaria Casati Stampa, minorenne, orfana, sconvolta da una tragedia familiare, la villa di Arcore e un immenso contado per quattro soldi. Una truffa da magliari, miliardaria, moralmente ripugnante. Per averla raccontata, peraltro basandomi su un libro, documentatissimo, di Giovanni Ruggeri (Gli affari del Presidente) Previti, dopo essere stato tirato più volte per i capelli, mi fece causa. E la perse. Era tutto vero.
Tortora, uomo solitario, era una persona perbene. Berlusconi non lo è mai stato. E se oggi viviamo in “un Paese di merda”, come si esprime con l’eleganza che gli è propria “il cronista solitario”, è anche merito suo.

Massimo Fini, il Fatto Quotidiano 5/7/2014